La Gazzetta dello Sport

La tristezza dei bimbi «Papà, abbiamo perso il Mondiale!»

- Sebastiano Vernazza @SebVernazz­a

Il Mondiale è il rito di iniziazion­e al calcio. Chi scrive ha scoperto il pallone con l’album delle figurine di Mexico ’70, la Coppa Rimet – allora si chiamava così – di Italia-Germania 4-3. Gli italiani che oggi hanno meno di 60 anni sono sempre «andati» ai Mondiali. Un paio di volte l’hanno vinto, in altre occasioni ci sono rimasti di sasso per immediate brucianti eliminazio­ni, l’importante era che ogni quadrienni­o ci fosse la certezza di un mese magnifico. Sere di inizio d’estate, luminose e calde, inseguendo un gol come nella canzone di Bennato e Nannini per Italia ‘90. Cene di gruppo, pizze e grigliate. Birra, coca cola e digestione libera, parafrasan­do Fantozzi. Maglie azzurre e bandiere tricolori, sfrenate esultanze e indicibili imprecazio­ni. Sembrava un diritto. Venerdì sera di colpo abbiamo toccato con mano che al Mondiale si va per dovere di qualificaz­ione e non per meriti acquisiti. Shock, stordiment­o, smarriment­o. Che cosa faremo a giugno del 2018? Con quale spirito guarderemo le partite ?

L’AGGRAVANTE «Papà, abbiamo perso il Mondiale»: quanti padri, venerdì sera sul tardi, si sono sentiti rivolgere questa fra seda figli trai 6 e i 14 anni, bambini piccoli, ma già abbastanza grandi per capire, e ragazzi grandicell­i, ma ancora abbastanza piccoli per comprare le figurine. Milioni di papà, tra gli anelli di San Siro e i divani davanti ai televisori. Adulti colpiti al cuore e incapaci di replicare perché loro per primi una situazione del genere non l’hanno mai vissuta e non sanno come affrontarl­a. La prima risposta ai più piccoli è stato un gesto, il bimbo preso per mano. Gli adulti che si sforzano di essere politicame­nte corretti hanno evocato la legge suprema dello sport: si vince, si perde, la vita va avanti, io ho mancato un sacco di Europei, e vedrai che un giorno ti rifarai, a Mexico ’70 era seguito il disastro di Germania Ovest ’74 e poi era arrivato il trionfo di Spagna ‘82. Gli arrabbiati hanno maledetto Ventura per la centesima volta. I bambini e gli adolescent­i hanno ribadito il concetto e rimuginato: «Sì, però al Mondiale in Russia non ci andiamo». Occhi bassi, forse umidi. Sarà un giugno triste, a guardare gli altri divertirsi, emozionars­i, soffrire. Con un’aggravante: il Mondiale

successivo, quello del 2022, si disputerà tra novembre e dicembre per dribblare il gran caldo del Golfo Persico. L’Italia ritornerà forse ad assaporare un’estate mondiale tra nove anni, nel 2026, edizione di cui non conosciamo ancora nulla, la sede non è stata assegnata. Sempre che la nostra Nazionale si qualifichi, perché ora sì, abbiamo scoperto che la cosa non è per nulla aritmetica, anzi. Troppe qualificaz­ioni date per scontate, accolte con snobismo, come se fosse stato impossibil­e assistere a un Mondiale senza Italia: ma dove stava scritto? La lezione di venerdì è questa e va imparata bene.

IL BUCO Dispiace per i bambini. Chi frequenta oggi le scuole elementari e medie è stato privato dell’attesa del Mondiale, modello «Sabato del villaggio» di Leopardi, quella cosa che da grandi si trasforma e diventa «l’attesa del piacere non è essa stessa il piacere?», come da citazione della nota pubblicità e del filosofo tedesco, Gotthold Ephraim Lessing, che a suo tempo coniò l’aforisma. Le figurine, i ritiri, le amichevoli, i concorsi a premi in cui si vincono cavolate da riscoprire un giorno in cantina: tutto perduto, a questo giro di giostra. La Panini stamperà il solito album, però alla casa editrice di Modena sanno che senza l’Italia sarà dura coinvolger­e i ragazzi italiani, per quanto oggi il calcio si sia globalizza­to. Messi e Cristiano Ronaldo appartengo­no ai bimbi del mondo, è vero, ma diciamo la verità: cerchiamo scuse per addolcire un po’ l’amarezza. Non andremo al Mondiale del 2018 e il buco resterà per sempre nella nostra memoria. Passi per gli adulti e/o anziani, che di Mondiali ne hanno visti abbastanza: ce ne faremo una ragione. Non passi per le generazion­i in età scolare, che di Mondiali fin qui ne hanno vissuto uno massimo due, finiti malissimo, Sudafrica 2010 e Brasile 2014. Lo tengano a mente gli azzurri del futuro: alla Coppa del Mondo non si va per vanagloria personale, ma per far felici i bambini e per evitare che i genitori, mamme incluse, o gli zii e i nonni non sappiano bene che cosa rispondere in caso di esclusione.

italiani con meno di 60 anni hanno sempre visto la Nazionale alla Coppa del Mondo: uno shock anche per loro

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ANSA FESTA Tifosi azzurri a San Siro. L’organizzaz­io ne da parte degli addetti Figc è stata impeccabil­e
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