Poca A in Russia: solo uno straniero su tre al Mondiale Dove sono le star?
1Dall’estero arrivano in troppi e di bassa qualità mentre le stelle del nostro campionato come Dybala e Mertens in nazionale sono comprimari
Dunque, Mondiale senza Italia, e ce ne siamo dolorosamente accorti tutti. In Russia però si giocherà lo stesso. E allora qualcuno, per tenere vivo l’interesse personale, ha già cominciato a sfogliare la rosa delle qualificate, cercando di individuare una nazionale cui rivolgere il proprio tifo spogliato dell’amore azzurro. Non sarà semplice: perché, oltre al fatto che non ci saranno italiani di passaporto, non saranno moltissimi neanche gli «italiani» di adozione. La Serie A sarà rappresentata poco e non benissimo, nel senso che la stella più luminosa del nostro campionato, Paulo Dybala, a oggi è soltanto l’alter ego di Leo Messi nell’Argentina. Gli altri maggiori campionati d’Europa hanno invece l’imbarazzo della scelta, oltre ai beniamini di casa: gli spagnoli possono nutrire affetto per Messi, Cristiano Ronaldo, Griezmann gli inglesi per Pogba, Gabriel Jesus, David Silva, i tedeschi avrebbero Lewandowski o Tolisso, persino i francesi mandano al Mondiale la probabile stella più appariscente, essendosi assicurati Neymar al Psg.
LE CIFRE Il problema però non è tanto l’apice, quanto la «classe media». Dal celebre blocco a seguito della disfatta coreana a Inghilterra ’66, una delle accuse più recitate (e più populiste) contro il calcio italiano è «ci sono troppi stranieri». Falso. O almeno, non del tutto vero. Da un punto di vista statistico, nei top 5 continentali la Serie A è soltanto il terzo torneo con il maggior numero di stranieri impiegati: 246, il 54,2 per cento del totale. Più della metà, vero, ma ormai la globalizzazione calcistica è una realtà incontrovertibile. Tant’è vero che in Premier League è non-inglese il 67,1% dei giocatori utilizzati (282), in Bundesliga non sono tedeschi il 57,7% (228 elementi), in Ligue 1 non sono francesi il 50% (229). Soltanto in Spagna gli
«indigeni» restano sopra la metà del totale: gli stranieri in Spagna rappresentano il 43,1% del totale (193 giocatori).
TITOLARI? POCHI
Detto della quantità, è bene approfondire sulla qualità. Gli stranieri della Serie A che sono stati convocati dalle nazionali qualificate al Mondiale sono stati 58, ai quali se ne aggiungono altri 20 che nell’ultimo anno hanno raccolto almeno qualche convocazione (più Cionek e Laribi dalla B). Che poi abbiano effettivamente un posto in Russia, è tutto da vedere. Callejon, Luis Alberto e Suso nella Spagna, per fare un esempio, sono protagonisti con Roma, Lazio e Napoli ma nelle Furie Rosse la concorrenza è formidabile. Icardi, che non ha risposto alla convocazione di Sampaoli per un piccolo infortunio, resta comunque fortemente (e inspiegabilmente) a rischio nell’Argentina, e potrebbe persino giocarsi un posto con Higuain, come Perotti e il Papu Gomez, entrambi con la Seleccion
nell’ultima tornata (del resto con Di Maria, Dybala, Messi, Aguero, i posti non sono tanti...). Mertens, impressionante da un anno a questa parte nel nuovo ruolo di centravanti, è una riserva nel Belgio, in cui Nainggolan rischia addirittura di star fuori. A conti fatti, i probabili «titolari» del Mondiale sono tutti o quasi espressioni di movimenti calcistici non di primissimo piano: le uniche vere eccezioni sono Alisson e Miranda nel Brasile, i croati Perisic e Kalinic (Brozovic ha davanti Modric e Rakitic...), il campione del mondo Khedira nella Germania sempre che trovi posto, a essere generosi Rodriguez e Lichtsteiner nella Svizzera. Meno di ottanta potenziali partecipanti a Russia 2018, a volerli mettere dentro proprio tutti tutti (e non sarà possibile), su 246 stranieri impiegati nel campionato italiano significano una cosa sola: non ci sono troppi stranieri, ci sono troppi stranieri di terzo o quarto piano. Gente che evidentemente non aggiunge niente alla
qualità del prodotto Serie A. GLI ALTRI
Per fare un paragone, abbiamo contato i possibili convocati degli altri Paesi. Partendo dalla Premier. A suo modo restrittiva, perché per avere un permesso di lavoro – sì, devono averlo i calciatori che non appartengono all’Unione Europea (e con la Brexit si vedrà, se ne sta ancora discutendo) – il calciatore in questione deve rispondere a requisiti prestabiliti, tra cui le presenze in nazionale negli ultimi 24 mesi (con percentuali variabili a seconda del ranking Fifa del suo Paese), e il cui impiego rappresenterebbe un contributo allo sviluppo dello sport al massimo livello. Fatto sta che tra inglesi e stranieri la Premier potrebbe avere più di 150 giocatori al Mondiale. Solo la Bundesliga, teoricamente, potrebbe mandare meno giocatori al Mondiale. Con una enorme differenza: 10 possibili titolari della Germania giocano all’estero.