La Gazzetta dello Sport

«A 12 anni il mio Marquez ragionava da trentenne E’ amato perché sincero»

1Il manager dell’iridato: «Talento unico, sa ascoltare e far rendere tutti al 110%. Il futuro ? Honda la priorità ma...»

- Paolo Ianieri INVIATO A VALENCIA (SPAGNA)

Èsempre presente, ma non te ne accorgi. Emilio Alzamora, 44 anni, iridato 125 nel 1999 senza vincere un GP, è l’uomo nell’ombra di Marc Marquez, il manager che lo ha scoperto e portato a essere il dominatore del Mondiale. Allegro e chiacchier­one Marc, silenzioso e schivo Alzamora.

Alzamora, dicono che gli opposti si attraggono.

«Marc è un ragazzo allegro, che si gode la vita e adora il suo lavoro. Ma ci assomiglia­mo: è umile, ha una visione chiara, non perde mai la testa. Come me, cerco sempre di tener calme le persone. Lavorare con Marc è facile. Ha la dote di ascoltare e prendere da ognuno quel che gli serve. Poi, decide lui».

Lo ha scoperto, ne è il manager, allenatore, amico, lo studia in pista…

«Essere manager di Marc è una responsabi­lità. Il mio ruolo è speciale: un ex pilota che non ha voluto sprecare l’esperienza, ma sfruttarla. La mia passione è intatta. A volte consiglio Marc, anche se a uno con un talento così, che ha vinto 6 Mondiali, non posso dire come guidare. Ma sono lì nei momenti difficili, quando le cose non vanno come si aspetta, do tranquilli­tà».

Qual è l’immagine di Marc in Spagna?

«Marc è amato dalla gente per come è, più che per i titoli. Un ragazzo umile che cura il rapporto coi tifosi e vive la sua passione. Queste cose non puoi fingerle. In lui non c’è niente di finto. E, importante, nonostante abbia 24 anni, sa di essere il leader e si preoccupa di chi lo circonda. Quando vedi il valore che dà al lavoro di ciascuno, dal presidente Hrc a chi si occupa dei ricambi, a tua volta dai il 110%».

Lei correva da ragioniere, il dna di Marc è attacco e rischio.

«Io non posso compararmi a Marc Marquez. Non avevo il suo talento. La mia fortuna è averlo incontrato da piccolo, vivere la mia passione con lui».

Ricorda il primo incontro?

«L’altra sera a cena è spuntata la prima foto assieme, mi ritiravo e la Federazion­e fece una festa. Conoscevo già suo papà. Credo che Marc avesse 12 anni, ma mi colpì la maturità. Parlavi con uno che sembrava ne avesse 30».

Cos’è rimasto di quel ragazzino?

«La cosa impression­ante è che è rimasto uguale, non si monta la testa, lavora, non ha cambiato abitudini: vive ancora a Cervera, lì c’è il suo nucleo, il suo gruppo».

In questo lui e Rossi sono simili.

«Penso che la forza di Valentino sia stata anche quella. Pure lui ha passato diversi momenti, ma poi è tornato al suo inizio, a Tavullia. È stato molto intelligen­te a creare il Ranch, a fare il team coi ragazzi, ha mantenuto la motivazion­e. Questa base, la passione, il talento, li accomuna».

In un momento complicato per la Spagna e la Catalogna, hanno provato a coinvolger­e Marc con la storia della bandiera.

«Politica e sport per me devono stare separate, e Marc la pensa uguale. Lui si sente spagnolo e catalano, catalano e spagnolo».

Lottare con Dovizioso come è stato per Marc?

«Ha imparato una cosa nuova, mai scartare nessuno a priori. Guardava a Viñales e Valentino, è spuntato Dovi. Il talento è importante, ma anche la regolarità, il lavoro, la chimica, quella che Andrea ha creato in Ducati».

Riuscirà a cascare di meno?

«La MotoGP è a un livello altissimo. Honda ha fatto un grandissim­o lavoro, prendendos­i il rischio importante di cambiare da un motore “screamer” al “big bang” dopo tanti anni, e questo ha portato Marc a rischiare molto».

Questo Mondiale in che scala di importanza lo mette?

«È quello della maturità, per come lo ha gestito. Per me, uno dei più duri che abbia vinto».

Diventerà il più grande?

«A 24 anni e 6 Mondiali, tutto quel che arriva è un regalo. Quando ho conosciuto Marc IRIDATO 125 MANAGER DI MARC Emilio Alzamora ha corso 144 GP, vincendone 4. Suo il titolo 125 nel ‘99 con la Honda. Segue Marc da quando aveva 12 anni MILAGRO

volevo solo aiutare questo ragazzino: il sogno era arrivare al Mondiale, poi vincere una gara, poi un titolo… Ma non mi sarei mai aspettato questo».

Ne ha visti altri di piloti come lui?

«No. Se devo essere sincero no. E non solo per il talento».

Aveva creduto in Bastianini nel suo team in Moto3, ma andrà via. Scommessa persa?

«Sì, gli abbiamo dato questa opportunit­à, il nostro metodo punta a formare un pilota per la MotoGP, può sembrare duro ma non lo è. Se hai passione e vuoi raggiunger­e un risultato, devi rispettare certi valori. Penso che Enea abbia capito di avere il talento giusto, ma di dover metterci del suo. Se lo farà, sarà un gran pilota».

Livio Suppo ha lasciato la Honda.

«La Hrc è una grande organizzaz­ione e a volte fanno cambiament­i. Succede perché c’è un progetto. Con Livio c’è una gran relazione, un vero profession­ista. Credo abbia anche deciso lui, dopo una lunga carriera: ha vinto con Ducati, ha riportato la Honda in alto dopo momenti difficili, cercava nuove motivazion­i».

Il futuro di Marc? La Ktm?

«Non si sa. Ora l’importante è vedere come inizia la stagione… In MotoGP c’è equilibrio, Ducati ha fatto passi avanti importanti, Suzuki sono sicuro che tornerà al livello 2016, Ktm e Aprilia crescono. Honda ha dato a Marc l’opportunit­à di vincere Mondiali, ci sono stati momenti dolcissimi, altri di difficoltà, ma abbiamo sempre risolto le situazioni. Vedremo nel futuro le opportunit­à, ma in Honda Marc si sente bene, lo trattano bene e lui per loro è la priorità».

CERVERA È LA SUA TAVULLIA: IN QUESTO LUI E VALE SONO SIMILI EMILIO ALZAMORA SUL 2017 E ROSSI CON DOVIZIOSO HA IMPARATO CHE NON VA SCARTATO NESSUNO A PRIORI

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MILAGRO Emilio Alzamora, 44 anni, con Marc Marquez, 24, che domenica ha vinto il sesto titolo: 4 in MotoGP, 1 in 125 e 1 in Moto2
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