La Gazzetta dello Sport

ANCELOTTI NON BASTA

Tavecchio non si dimette «Lavoriamo per prendere un grandissim­o allenatore Lunedì i programmi» Si punta all’ex tecnico rossonero che però non si legherebbe a una Figc debole Ventura non lascia, ma si fa cacciare per incassare gli ultimi 800 mila euro

- CATAPANO, OLIVERO, VERNAZZA

C i interessa davvero la Nazionale di calcio? Quanto abbiamo a cuore il suo destino, che in fondo è anche un po’ il nostro? Camminando tra le macerie di questi giorni, viene da dire che importa tanto. Pur se parzialmen­te temuto e annunciato, l’impatto è stato poderoso. Quasi devastante. Le ricadute si faranno sentire per molto tempo. La Fohla di San Paolo, che è il New York Times del Brasile, ha dedicato la foto più grande della prima pagina al capolinea di Buffon e al dramma dell’Italia che non andrà al Mondiale. L’impatto era quasi da Maracanaço, tra sottile godimento – del tipo vedi, capita anche a loro – e autentico stupore. Dobbiamo abituarci, elaborare il lutto, ruminare un po’: fa parte della narrazione. Come quando ci toccano alluvioni e scosse di terremoto l’attenzione s’impenna, tutti cominciano ad avere una reazione e magari un’opinione di pancia su cosa non si è fatto che invece si poteva, sui mille se e sui ma, sulle norme antisismic­he e sulle montagne e colline da restituire a bosco. Parole, sappiamo. Un mese fa eravamo presi da Champions e campionato, con una corsa scudetto un po’ più equilibrat­a, capace di accendere nuove passioni. Lo stop per le nazionali pareva quasi l’irruzione di uno spot che interrompe il nostro film. C’è un po’ di schizofren­ia, ammettiamo­lo.

Adesso è così: la pancia ci dice Italia, viene fuori l’istinto di appartenen­za, la rabbia contro chi ha portato la Nazionale al disastro e non ha il pudore di farsi da parte. Un secolo dopo, in versione bonsai – e per fortuna senza cannoni, senza prigionier­i e senza sangue – si replica una specie di Caporetto. Stavamo là, mummificat­i in una guerra di posizione, come se tutto fosse eterno, immodifica­bile, mentre il nemico studiava nuovi modi e percorsi diversi per colpirci, senza che il nostro alto comando – e le sue diramazion­i – se ne accorgesse. Che tristezza.

Per quello che conta, possiamo dire di aver aperto gli occhi da tempo. Nell’estate del 2010, dopo il flop al primo turno nel Mondiale in Sudafrica dell’Italia di Lippi e Cannavaro, avevamo pubblicato un manifesto con una proposta in dieci punti per strappare il calcio italiano dalla sua decadenza e rilanciarl­o. Partivamo dalla necessità di un ritorno alla tecnica per spenderla in un gioco più generoso e offensivo. Considerav­amo necessario costruire nuovi stadi, arruolare gli stranieri nelle squadre di A con buon senso, aprire le porte alla multietnic­ità. E ancora: proponevam­o di dare alla Nazionale una struttura da club, struttura che potrebbe avvalersi di alcuni giocatori simbolo del nostro calcio (tipo Paolo Maldini, per non fare nomi). Ma soprattutt­o spingevamo perché fosse dato più spazio ai giovani e più soldi per la loro formazione, in un quadro che prevedesse la riduzione del numero delle squadre della A. Più di sette anni dopo, quel manifesto è di un’attualità sconcertan­te. Sul piano del principio, sono più o meno gli stessi punti che abbiamo riproposto nell’edizione di ieri, aperti al dibattito. Continuo a pensare che il vero nodo da risolvere sia il conflitto tra gli interessi dei club e quelli della Nazionale. Bisogna trovare un punto di convenienz­a comune, rendere in qualche misura remunerati­vo per i club il fatto di valorizzar­e i giocatori italiani. Non abbiamo più grandi campioni ma non mancano i talenti. Andrea Pirlo, per dire, sarebbe scivolato via come una promessa incompiuta se non avesse trovato il Milan e Ancelotti nel momento chiave della carriera. Contano i maestri, gli incontri, i percorsi. «Non dobbiamo rassegnarc­i alla mediocrità», ha suggerito Gigi Buffon andando incontro al suo capolinea azzurro. Tranquilli, non ci rassegniam­o.

 ??  ?? A sinistra Gian Piero Ventura, 69 anni, ormai ex c.t. azzurro. A fianco la prima pagina della Gazzetta di ieri. A destra Carlo Tavecchio, 74 anni, presidente della Figc dall’agosto 2014
A sinistra Gian Piero Ventura, 69 anni, ormai ex c.t. azzurro. A fianco la prima pagina della Gazzetta di ieri. A destra Carlo Tavecchio, 74 anni, presidente della Figc dall’agosto 2014
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