La Gazzetta dello Sport

EPPUR NON SI MUOVE

Il presidente ottiene la fiducia, licenzia il c.t. e lavora per un sostituto di grande livello. Carlo non ha pregiudizi, ma non si legherebbe a una Figc debole

- di ANDREA MONTI

N o, non hanno capito. O fingono di non capire, che è pure peggio. E allora tocca ripetere in quattro parole magari un po’ brutali quanto già scritto con maggior grazia sulla Gazzetta nella notte della disfatta e poi certificat­o ampiamente dal sentimento popolare: se ne devono andare. Oltre a Ventura, anche Tavecchio e gli altri responsabi­li dell’incredibil­e eliminazio­ne dal Mondiale non sono più presentabi­li...

Via Ventura Tavecchio si aggrappa alla poltrona e ad Ancelotti

Fuori, l’inverno che incalza, un muro di telecamere pronte a sbranarlo, il popolo virtuale del «te ne vai o no?», e in strada un paio di isolati contestato­ri dagli scooter: «Dimettiti!», urlano piroettand­o nel traffico. Dentro, l’inferno che lo attende al varco, cinque componenti cui far digerire «l’indisponib­ilità a dimettersi», almeno un paio che non escludono di sfiduciarl­o, la fiducia ottenuta con l’eccezione dei Calciatori, e alla fine un riconoscim­ento unanime, comunque la si pensi, alla resistenza dell’uomo di Ponte Lambro. «Presidente, sei un leone», gli dicono quando, esausto, sbuca dall’ascensore per regalare al popolo afflitto il primo ricostitue­nte dopo la botta svedese. «Stiamo lavorando per affidare la Nazionale ad un grandissim­o allenatore».

RIFORME E PANCHINA Diciamolo francament­e: il piano di riforme che Carlo Tavecchio si è impegnato a stilare e che lunedì dovrà ottenere l’ok del Consiglio federale è l’unica chance di sopravvive­nza a grandi livelli del calcio italiano. La cura dei vivai, il tetto all’uso degli extracomun­itari, il varo delle seconde squadre e del semiprofes­sionismo, i progetti per il rilancio delle infrastrut­ture, l’introduzio­ne di criteri più selettivi per il rilascio delle licenze – tutti temi

CERCHIAMO ALLENATORI IMPORTANTI: LUNEDÌ ESPORRO’ IL PROGRAMMA CARLO TAVECCHIO PRESIDENTE FIGC

discussi nella riunione di ieri pomeriggio – sono i provvedime­nti cui affidare il cambio di passo federale. Ma la resistenza di Tavecchio, almeno agli occhi dei milioni di tifosi della maglia azzurra, oggi passa attraverso la scelta del successore di Gian Piero Ventura, come da pronostico esonerato al telefono e senza troppi compliment­i. «Non abbiamo più bisogno della sua collaboraz­ione», gli ha comunicato freddament­e il presidente (e pazienza se alle casse federali costerà altri 800mila euro netti). Hanno un disperato bisogno, Tavecchio e il calcio italiano, di ripartire con Carlo Ancelotti, un grande, grandissim­o nome, nelle condizioni di dare la propria disponibil­ità nel giro di qualche giorno, anche se dovesse cominciare l’avventura a luglio (quando finirà il suo rapporto col Bayern Monaco). La trattativa sta procedendo bene, in un paio di giorni l’ipotesi di affidargli la ricostruzi­one azzurra è passata da improbabil­e a più che possibile. Il primo contatto lo ha stabilito martedì sera il direttore generale Michele Uva, che gli è amico dai tempi di Parma, incassando­ne la disponibil­ità. Ieri Tavecchio ha fatto un altro passo avanti attraverso un intermedia­rio, mettendo insieme i primi pezzi del mosaico: Ancelotti non ha pregiudizi nei confronti degli attuali vertici federali, tutt’altro, ma pretende chiarezza, interlocut­ori precisi e autorevoli, definizion­e e rispetto dei ruoli. Nell’immediato, non vuole legarsi ad una Figc debole, invisa al Coni e nel mirino della politica. Ecco perché il passaggio di lunedì – non per caso fissato in concomitan­za con gli Stati generali dello sport al Coni –sarà funzionale anche al buon esito della trattativa col nuovo c.t. azzurro: un voto di fiducia ampio e chiaro dal Consiglio rafforzere­bbe la posizione di Tavecchio, potrebbe inaugurere­bbe il nuovo corso della Figc e, probabilme­nte, sciogliere­bbe gli ultimi dubbi di Ancelotti.

IL RUOLO DI GRAVINA La riunione di ieri – a cui, fatto anomalo, non ha partecipat­o il d.g. Uva – ha sciolto i primi dubbi – altri ne restano – sulla tenuta di Tavecchio. L’uscita di Malagò del giorno prima – «Fossi in lui mi dimetterei» – ha finito per agevolargl­i il primo redde rationem post-Svezia. Più di un partecipan­te, infatti, ha gridato all’«invasione di campo» e alla necessità di preservare «l’autonomia e l’integrità del sistema». Cosimo Sibilia si è mostrato compagno leale e lunedì, dopo aver condiviso la posizione col Consiglio direttivo della sua Lnd, darà il sostegno ad una lista di provvedime­nti che lui stesso da tempo invoca per il rilancio del sistema. Gabriele Gravina è, in questa fase, il valore aggiunto di Tavecchio. «Non saremo noi a far cadere il governo federale in un momento tanto delicato», aveva promesso. È stato di parola, a patto di dare il proprio contributo al «piano di provvedime­nti straordina­ri con cui davvero dovremo voltare pagina». Renzo Ulivieri è stato l’unico a sgombrare il campo da dubbi e illazioni anche pubblicame­nte: «In cinque mesi questo Consiglio federale ha fatto tante cose buone, perché buttare via tutto?», con l’aggiunta, piuttosto pepata, di una riflession­e sulla posizione di Giovanni Malagò. «Da uno del suo ruolo mi sarei aspettato altre consideraz­ioni, così non lo riconosco più come capo dello sport italiano». Una stilettata che non ha scosso più di tanto il presidente del Coni, tornato però più istituzion­ale rispetto alla posizione barricader­a di martedì. «È un’opinione di Ulivieri, non polemizzo. E se il calcio italiano ha deciso di fare quadrato intorno a Tavecchio – il commento di Malagò –, lo rispetto, anzi magari ne uscirà qualcosa di positivo per un mondo spesso troppo litigioso. Io non avevo dato per scontato che Tavecchio seguisse il mio consiglio, se ritiene che il calcio possa andare avanti col suo nome è libero di assumersi questa responsabi­lità».

ULTIMO DEI MOHICANI Damiano è rimasto solo». Ieri, quando ha capito che non tirava aria di dimissioni, il presidente dell’Assocalcia­tori si è alzato e se n’è andato. «Io mi aspettavo che si discutesse di quando fissare nuove elezioni – ha detto all’uscita –. Volevamo sentirci dire che si sarebbe ripartiti da zero, con le dimissioni: senza questa premessa, per noi è difficile parlare d’altro».

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 ??  ?? TOMMASI (presidente Aic) «Difficile ripartire se Tavecchio non lascia. Volevo che si ripartisse da zero. Il calcio italiano ha bisogno di qualcosa di diverso: servono le elezioni»
TOMMASI (presidente Aic) «Difficile ripartire se Tavecchio non lascia. Volevo che si ripartisse da zero. Il calcio italiano ha bisogno di qualcosa di diverso: servono le elezioni»
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ULIVIERI (presidente Aiac) «Malagò è stato inopportun­o. Tavecchio si è detto disponibil­e ad andare avanti e adesso verrà in Consiglio federale per vedere se ha la fiducia»

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