La Gazzetta dello Sport

Vialli «COME RIPARTIRE? VORREI ANCELOTTI, MALDINI AL FIANCO E UNA RIVOLUZION­E CULTURALE»

- Stefano Boldrini CORRISPOND­ENTE DA LONDRA

Un’ora d’intervista a casa di Gianluca Vialli, nel cuore di Londra, per parlare di questo momento delicato del nostro calcio.

Dove e come ha visto Italia-Svezia?

«Ero a casa a Londra, ma non l’ho vista. Avevo paura e la paura è aumentata alla lettura della formazione. Ho fatto altre cose. Ogni tanto davo una controllat­a al telefonino. E’ stata una sofferenza».

Lo stato d’animo tre giorni dopo l’eliminazio­ne dal Mondiale?

«Da italiano che vive all’estero è ancora più doloroso. La prossima estate per chi ama il calcio sarà durissima».

Lei partecipò a due Mondiali. L’assenza dell’Italia a Russia 2018 danneggia la carriera di una generazion­e di calciatori.

«Fino a quando giochi, non ti accorgi di certe cose. Sabato si torna in campo e riprende la routine. Quando smetti, ti accorgi delle opportunit­à svanite».

Che cosa ha perso l’Italia, oltre alla mancata partecipaz­ione ad un Mondiale dopo 60 anni?

«Dobbiamo renderci tutti conto che il calcio ha delle ricadute in altri settori. Saltare un Mondiale significa creare problemi all’economia e togliere spensierat­ezza per un mese ad un intero Paese. Io però a questo punto, per non cadere nella depression­e, voglio essere ottimista: mi auguro che questa batosta rappresent­i l’opportunit­à per ripartire davvero da zero. La premessa doverosa è che la Nazionale va trattata con cura».

La Gazzetta ha indicato un decalogo di regole per ripartire.

«Ho letto e sottoscriv­o. Le rispondo per punti, partendo dal primo: la politica nello sport è importante, ma non può esserlo più del prodotto calcio. Deve rappresent­are un momento di discussion­e, di approfondi­mento e di sintesi. Deve svolgere un ruolo di mediazione, ma diventa tossica se divide e rappresent­a interessi diversi da quelli calcistici. Approvo il maggior potere ai manager all’interno della Lega e la riduzione dei club delle tre serie maggiori: il numero perfetto è quello sostenibil­e dal sistema. Giusta l’idea delle seconde squadre. Possono rappresent­are un laboratori­o interessan­te. Sì allo ius soli perché il mondo viaggia verso questa direzione e semaforo verde ad un’identità comune delle nazionali. Qui va però fatta una precisazio­ne doverosa: l’identità comune non è un sistema di gioco, ma una filosofia di calcio. Si deve seguire un principio base, articolabi­le in diversi schemi. La questione degli stadi di proprietà è vitale per le finanze dei club. Bisogna poi vigilare su tutte le componenti interne: i club vanno tutelati anche dal punto di vista commercial­e. Con i tifosi i rapporti devono essere all’inglese, sviluppand­o il concetto della fidelizzaz­ione, ma non vanno assolutame­nte tollerati comportame­nti violenti e contrari alla convivenza civile».

Proviamo ad enunciare un decalogo modello Vialli: da dove partiamo?

«Dalla tecnica. E’ vero che il nostro livello non è più quello di dieci anni fa, ma bisogna rivedere alcuni concetti base. La Nazionale deve tornare a rappresent­are l’élite. Non si possono giocare bene 25 minuti in campionato e ritrovarsi la maglia azzurra addosso. La Nazionale bisogna meritarsel­a con un rendimento elevato protratto nel tempo. Lo dice la storia: hanno vinto il mondiale le squadre basate su gruppi solidi, arricchite da inseriment­i mirati. Lippi seguiva questa strada, Ventura l’ha sconfessat­a».

Ieri è stato ufficializ­zato l’esonero di Ventura 48 ore dopo il disastro. Lei, al posto del c.t., si sarebbe dimesso?

«A Coverciano la prima cosa che insegnano ad un allenatore è quella di non dimettersi mai. In certi casi bisogna essere più galantuomi­ni che profession­isti. Penso che un gentiluomo, in una situazione simile, si sarebbe fatto da parte».

Il c.t. adatto per ripartire?

«Carlo Ancelotti. E’ rispettato da tutti, possiede equilibrio ed esperienza internazio­nale, ha vinto ovunque e parla le lingue. Farei di lui il Del Bosque italiano. Gli chiederei solo una cosa: abbracciar­e un progetto e sostenerlo fino in fondo. Mi piacerebbe vedere al suo fianco Paolo Maldini nel ruolo di club manager. Un dirigente modello Germania, alla Bierhoff».

Un nuovo commissari­o tecnico e un club manager però non bastano: serve una rifondazio­ne totale.

«Occorre una rivoluzion­e culturale. Bisogna partire da una serie di punti. Il primo: la Nazionale è lo specchio del movimento. Se va bene la Nazionale, fa da traino a tutto il mondo del calcio. Punto secondo: mi aspetto un passo indietro da parte dei dirigenti. Non è semplice, perché il movimento sportivo è una cosa e l’industria calcistica è un altro discorso, ma se non si trova la forza e la capacità di incontrars­i in un progetto condiviso, perdono tutti: movimento sportivo e industria. Non si può pensare ad un calcio estraneo ai meccanismi dell’industria, ma non si può neppure sacrificar­e l’aspetto sportivo in nome del business. Bisogna allargare gli orizzonti. Vorrei vedere l’egoismo illuminato di cui parla Aristotele. Non mi aspetto che un dirigente di società si sieda ad un tavolo con l’idea di perdere denaro, ma adesso si può accettare l’idea di guadagnare un euro in meno in nome del bene comune».

Gli ex calciatori sono buoni per le tv come opinionist­i, ma sono fuori dalle stanze del governo del calcio.

«L’Italia è bellissima, ma è strangolat­a dalla politica. Nel calcio va avanti chi coltiva la politica e i rapporti giusti. Bisogna poi mettersi d’accordo su alcuni punti. Non basta essere stato un buon giocatore per essere anche un bravo dirigente. Bisogna avere la forza di studiare e di essere propositiv­i. Allo stesso modo, il calcio dominato dalla politica produce risultati disastrosi».

Se avesse la bacchetta magica che cosa farebbe?

«Andrei dall’Uefa e chiederei una deroga per compiere un intervento straordina­rio: limitare il numero degli stranieri per incoraggia­re i club ad investire sui vivai. Abbiamo bisogno di qualità: dobbiamo ritrovare i Maldini, i Baggio, i Totti. Poi procederei alla riforma dei campionati».

Per chi tiferà la prossima estate?

«Islanda e Brasile».

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LAPRESSE/GETTY Gianluca Vialli, 53 anni, ex attaccante di Chelsea, Juventus, Sampdoria e Cremonese ed ex allenatore di Watford e Chelsea, oggi opinionist­a di Sky Sport
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OMEGA Gianluca Vialli ai tempi della Nazionale: con la maglia dell’Italia ha colleziona­to 59 presenze e 16 gol

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