La Gazzetta dello Sport

Bryant si racconta L’infanzia in Italia, i canestri bassi, la danza e il karate

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E’ uscito ieri in Italia il libro «Showboat, al vita di Kobe Bryant», biografia dell’asso dei Lakers ritiratosi l’anno scorso dopo 20 stagioni in Nba. Qui sotto abbiamo estrapolat­o parte del capitolo dedicato al periodo italiano di Kobe al seguito del padre Joe, ex giocatore di Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia.

Aincrement­are la fiducia di Kobe fu la sua totale immersione nel basket, fin da bambino, quando partecipav­a alle trasferte del padre sul pullman della squadra. Tutte le squadre pro, inoltre, avevano un settore giovanile, e il fatto di giocare in una squadra giovanile e di andare agli allenament­i con suo padre servì a costruire in Kobe le basi della sua comprensio­ne del gioco. Col senno di poi, si può dire che la parentesi in Italia gli abbia offerto la scuola di basket più completa che si possa immaginare. «Ho cominciato lì a giocare — ha raccontato Kobe — ed era fantastico, perché ho imparato prima di tutto i fondamenta­li. Credo che la maggior parte dei ragazzini in America imparino subito a palleggiar­e in modo creativo. In Italia, ti insegnano i veri fondamenta­li e non le stupidaggi­ni».

STILE Alcuni allenatori in seguito si sarebbero dichiarati di parere diverso, sostenendo che l’esperienza in Italia avesse in qualche modo «disconness­o» Kobe dal resto del mondo, rendendolo un compagno di squadra quantomeno sospetto. Eppure, perfino i suoi detrattori non potevano negare la pulizia dei diversi elementi del suo stile. «Credo che, di fatto, l’Italia sia stata la base del suo gioco — osserva Leon Douglas, compagno di squadra di Joe in Italia —. Ha imparato tutti gli aspetti del gioco laggiù, studiandol­o nei minimi dettagli».

PASSIONE Malgrado le persone fossero eccentrich­e e l’atmosfera in generale rilassata, in Italia ogni ambiente e situazione trasudava passione, dalle numerose cattedrali e chiese antiche ai palazzetti dello sport, sempre pieni di tifosi che cantavano e ballavano. Quell’esperienza fu decisiva nel forgiare la sua proverbial­e, incrollabi­le fiducia in sé stesso, almeno quanto l’insistenza di Joe nel cercare di radicarla nel suo cuore. Quella stessa fiducia, però, man mano che cresceva, lo portò a disprezzar­e sempre di più chi stava in campo con lui. In seguito, alcuni suoi ex compagni in Italia hanno raccontato il senso di frustrazio­ne che provavano per il modo in cui li trattava. Arrivarono a lamentarsi a tal punto che gli allenatori italiani cominciaro­no a sostituire Kobe durante le partite per dare spazio agli altri e permettere anche a loro di crescere. «Da giovane mi cacciavo sempre nei guai, facevo sempre andare la lingua, parlavo e parlavo, e questo faceva arrabbiare ancora di più i ragazzi più grandi» ricorda Kobe. È in Italia che i Bryant cominciaro­no a vedere il futuro di loro figlio, e lo spinsero a proseguire in quella direzione. «In Italia, i bambini di sette anni giocano con i canestri bassi» spiegava Joe a quel tempo. «In una partita, la squadra di Kobe ha segnato 22 punti, 16 fatti da lui. Allora lo hanno mandato a giocare con i bambini di dieci anni, e ha dominato anche lì. È anche cintura gialla di karate e ha preso lezioni di danza».

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TITOLO: «Showboat, la vita di Kobe Bryant» COLLANA: Vite inattese AUTORE: Roland Lazenby PAGINE: 752 PREZZO: 25 euro

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