La Gazzetta dello Sport

SACCHI «Il Milan è in ripresa Può fare il colpaccio se mostra coraggio»

L’ex allenatore rossonero: «Dopo la sosta non si sa mai come stanno le squadre. Il Napoli, per vincere, ha bisogno di essere sempre al top. Il successo sul Sassuolo ha ridato entusiasmo al Milan»

- Andrea Schianchi

Dici Napoli-Milan e pensi subito a «quei» Napoli-Milan, a quasi trent’anni fa, quando i Diavoli erano guidati da Arrigo Sacchi che sfidava l’immenso Maradona. Oggi altri interpreti, altro calcio, ma le emozioni non cambiano.

Sacchi, che partita sarà?

«Sono curioso, perché dopo una sosta non si sa mai come le squadre riprendera­nno il cammino. Il Napoli sta dominando, è vero, ma la vittoria del Milan, in trasferta, sul Sassuolo, potrebbe aver ridato energie ai rossoneri».

Le forze in campo sembrano squilibrat­e, a favore del Napoli.

«Sono d’accordo. Il Napoli è una bellissima macchina, però ha sempre bisogno di viaggiare al massimo per ottenere il risultato. E quando il motore non gira a dovere...».

Vuol dire che il colpaccio del Milan è possibile?

«Non mi sorprender­ebbe, sempre che il Napoli non sia al massimo. La squadra di Sarri ha un solo modo per raggiunger­e l’obiettivo: il gioco. Altre strade non ci sono: sui calci da fermo non è formidabil­e, sulla forza non si può basare. Dunque è soltanto attraverso la velocità della manovra che può mettere l’avversario al tappeto. E se il Milan riesce a rallentare le azioni, può scapparci la sorpresa».

Che cosa ricorda delle sue sfide contro il Napoli?

«Tutto. Intanto quelle erano le partite più facili da preparare».

In che senso?

«I giocatori trovavano le motivazion­i guardando in faccia gli avversari, Maradona e Careca in particolar­e. Io dovevo dire poco. Mi raccomanda­vo soltanto di stare sempre corti, per evitare che quei due s’infilasser­o tra le nostre linee».

Nella partita d’andata, campionato 1987-88, a San Siro, s’infilarono e fecero male.

«Mamma mia, per dieci minuti avevamo tenuto la gara in mano. Poi Maradona prende la palla, alza la testa e pesca Careca che evita il fuorigioco e fa un pallonetto al volo su Giovanni Galli in uscita. Io guardo tutto a bocca aperta, poi mi giro verso Ramaccioni e gli faccio: “Eh no, Silvano. Così non vale!”. Però i miei ragazzi erano formidabil­i: non si abbatteron­o, continuaro­no a lottare e ad attaccare e lo sapete com’è finita?».

4-1 per il Milan.

«Già, e da allora prendemmo coscienza della nostra forza».

Poi completast­e l’opera con il successo del San Paolo, il 1° di maggio.

«Partita incredibil­e e finale da brividi. Vincemmo 3-2, e la cosa che mi fece più piacere fu uscire tra gli applausi dei tifosi del Napoli che riconoscev­ano la nostra forza e il nostro merito. Era il 1988, non succedeva spesso a quei tempi di ricevere i compliment­i degli avversari. Il fatto è che quel Milan era davvero fantastico: oltre a incredibil­i qualità tecniche, aveva anche grandi doti morali».

Un aneddoto di quella partita?

«Il Napoli segnò l’1-1 proprio sul finire del primo tempo. Il solito Maradona... Quando capita una cosa del genere, per un allenatore è sempre complicato gestire l’intervallo. Io decisi di non parlare per cinque o sei minuti: lasciai che i ragazzi si sfogassero. Poi mi misi in mezzo allo spogliatoi­o e feci: “Sono talmente sicuro di vincerla, questa partita, che tolgo un centrocamp­ista e metto dentro un attaccante”. E buttai in campo Van Basten al posto di Donadoni. Non ero sicuro di nulla, ci mancherebb­e altro, raccontai una bugia ai ragazzi, però loro fecero qualcosa di eccezional­e. Gullit a muoversi da trequartis­ta, Virdis e Van Basten là davanti a fare danni. Alla fine della partita Bagni mi disse: “Non ci capivamo niente. C’erano dieci giocatori che andavano avanti, ed eravate voi, e dieci che andavano indietro, ed eravamo noi”. E’ la fotografia perfetta di quella sfida».

Ora il Milan non ha Gullit, Van Basten e compagnia.

«L’importante è che abbia il gioco, che abbia le idee, che abbia l’entusiasmo e il coraggio. Lo ripeto: il Napoli è molto forte, ma il Milan non è battuto in partenza».

Come si ferma l’attacco di Sarri?

«Con l’organizzaz­ione di squadra, con le marcature preventive e con il sacrificio di tutti. Corti, stretti e sempre pronti a pressare e a ribaltare l’azione. Così si disinnesca il meccanismo del Napoli».

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LA SFIDA Da sinistra Lorenzo Insigne, 26 anni, attaccante del Napoli, e Gianluigi Donnarumma, 18, portiere del Milan
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