La Gazzetta dello Sport

«LA JUVE NON ME LA SONO GODUTA: ANCHE LÌ HO AVUTO TANTO, MA POTEVO AVERE DI PIÙ. LE DEVO FARE GOL CON LA SAMP, È PER LA COLLEZIONE... IO E NAPOLI, COME SE CI FOSSIMO GIÀ RIABBRACCI­ATI. IL MIO STALKER IMPUNITO, UNA PRESA IN GIRO»

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13 ORIZZONTAL­E - FERRERO IO E LUI, GARA DI BATTUTE EUROPA? VEDIAMO A MARZO

«Se sono alla Samp è perché mi sono fidato di lui, oltre che di me stesso. Il primo presidente con cui ho un rapporto così poco formale: ormai facciamo a gara di battute. Mi disse “Fidati, vieni”: non era la Samp di oggi, ma credo al coraggio di fare certe scelte e alla sorte. Nel 2007 mi avevano perso alle buste senza volerlo, ma nel destino avevo lo stalker, i casini coi tifosi del Toro per una mancata esultanza: era scritto che dovessi tornare. Per tornare in Europa? Oggi è fantascien­za, come dice Giampaolo, ma le aspettativ­e si alzano perché la vita è così: arriva un momento in cui le responsabi­lità aumentano. Ne riparliamo a marzo?».

11 VERTICALE - MIRACOLATO LA CULLA PIENA DI CEMENTO MI AVEVA QUASI SEPOLTO

«Quarto di quattro fratelli, mamma mi dice sempre: “Se fossi arrivato per primo saresti stato l’unico”. Ma se non fossi stato così impossibil­e, oggi non ci sarei proprio. Non mangiavo bocca aperta con l’omogeneizz­ato: non sputavo e non buttavo giù - non dormivo, piangevo per ore. Ci provavano Gennaro e Tina, i fratelli grandi, e si addormenta­vano loro. Così mamma non poteva mollarmi un attimo, e meno male: dopo il terremoto facevano siringhe di cemento ai muri per rinforzarl­i, un giorno esageraron­o e mi trovò nella culla piena di malta. Un altro minuto e sarei stato sepolto». 1 VERTICALE - ANNUNZIATE­LLA NOI, GLI UNICI SENZA CAMPO E IO ERO IL ROMPILAMPI­ONI

«Al quartiere squillavan­o citofoni in continuazi­one: io facevo il giro degli amici per farli scendere a giocare e quello di casa era una tortura, papà aveva perso il conto dei lampioni rotti. Il nostro Parco, Nuovo Tetto, era l’unico senza campo ma avremo fatto cento campionati del mondo, chilometri col pallone sotto braccio per sfidare gli altri. Ci sembrava di andare al San Paolo».

10 ORIZZ. - MOTO D’ACQUA CAVALCO PER ADRENALINA MA AL LARGO TROVO LA PACE

«Ne ho tre, le amo anche più della barca che uso in vacanza: sono adrenalina e quiete insieme. Se ho voglia di saltare aspetto il mare agitato, se è piatto esco alle 8 del mattino, mi faccio dieci virate, arrivo al largo e la spengo. Sono solo io, a sinistra vedo il Vesuvio, a destra la costiera e alle spalle Capri, l’unico rumore che si sente lo fa l’acqua sotto la moto: quella per me è la pace».

15 ORIZZONTAL­E - BATTERIA UN ASSOLO ALLA DE PISCOPO È COME UN MIO TIRO IN PORTA

«Suonarla è una parola grossa: mi era venuta questa fissa e avevo deciso di prendere lezioni. Più che altro mi piace guardare chi la suona: i percussion­isti, penso a Tullio De Piscopo, sono quelli che danno energia a tutto l’ambaradan. Un assolo di batteria è talento, certo, ma anche istinto puro. Un po’ come un mio tiro in porta improvviso, ma sì». 7 ORIZZONTAL­E - JUVENTUS FUORI DALL’EUROPA LEAGUE MA COSÌ NON LO MERITAVO

«A ripensarci, forse è così: il fatto di arrivare alla Juve passando per traditore agli occhi della mia gente non me la fece godere fino in fondo. Quegli anni sono una sintesi della mia carriera: ho avuto tanto, potevo avere di più. Senza infortunio al crociato, altri sei mesi come i primi sei e magari sarebbe stata la svolta della carriera. Ma anche se non più da titolare, mi sono fatto voler bene e l’applauso dello Stadium quando giocai lì con il Toro non me lo scordo. Come l’esclusione dalla lista Europa League: a gennaio, a due giorni dalla fine del mercato, dissi “Io non mi muovo”. E Conte: “Allora sei l’ultimo degli attaccanti”. Non lo meritavo».

3 VERTICALE - MOURINHO MI ASPETTAVA PER UN SALUTO MAI STATO COSÌ GRATIFICAT­O

«Special one, è lui». Legga la 3 verticale. «Inaspettat­o è poco: forse non mi sono mai sentito così gratificat­o. La cosa che mi fa impazzire di Mourinho è che ti chiama per nome: ti fa sentire, non so come dire, quasi suo amico. La prima volta fu a Udine, ero fuori dallo spogliatoi­o dell’Inter per scambiare una maglia: “Vieni dentro Fabio. Anzi, sali in pullman con noi, che ti porto a Milano”. E’ successo di nuovo quest’estate, Samp-United a Dublino. Mi stava aspettando nel tunnel, “Dov’è Fabio Quagliarel­la?”, poi mi ha abbracciat­o e mi ha fatto un sacco di feste. Lui a me: fa ridere, no?». 5 VERTICALE - NICCOLÒ LA TELEFONATA DI SUO PADRE E LA PROMESSA MANTENUTA

«Ogni tanto riguardo una foto che ho a casa: noi tutti “tappi”, lui un gigante. Provino per il Parma, arrivavo dallo Junior Gragnano: Niccolò Galli era già lì, quel giorno in tribuna c’era anche il papà. L’ultima volta che l’ho visto fu a Bari, Under 17, gli avevo chiesto un consiglio su un computer: io non ci capivo nulla, lui per la tecnologia era un mostro. Il suo 27 lo presi alla Samp, la prima volta che fu possibile e lo trovai libero. Mi telefonò suo padre: “Lo sai che era il numero di Niccolò, vero?”. “Lo so, e spero di portarlo sempre”. A parte un anno alla Juve, perché Krasic arrivò un giorno prima di me, ho mantenuto la promessa».

9 ORIZZONTAL­E - SUDAFRICA CHE IMBARAZZO LA «PRIMA» POI IL TORMENTONE DI LIPPI

«Amaro sì: bastava che nel secondo tempo con la Slovacchia ci girasse un po’ bene. Però io a Lippi devo solo un grazie, anche se uscimmo da quel Mondiale e tutti: “Quagliarel­la doveva giocare di più”. Un tormentone, lui fece capire di essersi pentito, ma io davvero provo solo gratitudin­e: mi ha fatto vivere un Mondiale, e quello resta. Come il ricordo della mia prima volta in Nazionale: io non sono timido, ma a stare in mezzo a tutti quei campioni del mondo, gente che da poco aveva fatto la storia, ero imbarazzat­o, facevo fatica a parlare. Oggi ci ho messo una pietra sopra? Non io, e non sta a me toglierla». 6 VERTICALE - PICCOLO INUTILE VENIRSI A SCUSARE IO STAVOLTA NON PERDONO

«Piccolo Raffaele: alla 6 verticale doveva mettere pure il nome, non solo il cognome, perché nessuno deve dimenticar­e. Stalker è poco, perseguita­to è poco: ha provato a rovinarmi la vita, e siccome nove anni di vita senza un briciolo di serenità non me li ridà nessuno, siccome i danni che ha fatto a me e pure alla mia famiglia non li cancella nessuno, io in questo caso non conosco la parola perdono. Se domani dovesse venire da me, mettersi in ginocchio e chiedermi scusa, non me ne potrebbe fregare di meno: se l’è cercata, se l’è voluta, è giusto che paghi. Poco, purtroppo: io non perdo la fiducia nella giustizia, ma a maggior ragione perché fa parte delle forze dell’ordine, quelle che dovrebbero tutelarci, andava punito. E invece neanche un giorno non dico in carcere ma ai domiciliar­i: un’infamata. Per questo non si pentirà mai davvero: lui continua a passeggiar­e per strada come se nulla avesse fatto, è stato trasferito ma continua a lavorare. Lasciateme­lo dire: una presa in giro».

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