La Gazzetta dello Sport

MAX, I CENTIMETRI E LUCIANO CHE VOLA

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Come i bambini quando giocano a «un, due, tre, stella!». Il Napoli si volta di scatto e trova le cose cambiate: ora la più vicina è l’Inter, salita oltre la Juve, caduta a Marassi e ferma a -4. A quota Inter potrebbe approdare anche la Roma se vincerà il recupero, ma dovrà battere la bella Samp che ieri ha sdraiato i campioni d’Italia.

Dopo 13 giornate non è più il caso di considerar­e l’Inter un miracolo della fisica, un corpo che sta in alto a dispetto delle leggi di gravità. Non ha la qualità di gioco del Napoli? Non ha la panchina profonda della Roma? Non ha l’esperienza al vertice della Juve? Ok, ma ha un Icardi straripant­e che viaggia a un gol a partita (13/13) e ieri sembrava Boninsegna. E soprattutt­o ha Spalletti che, senza esagerati contributi di mercato, ha trasmesso conoscenze, solidità e personalit­à a una creatura che temeva la propria ombra. Lo strappo dalla stagione scorsa è plateale: 15 punti e 7 gol in più; 7 gol subiti e 5 sconfitte in meno. Ancora imbattuta, unica oltre al Napoli capolista. Ieri ha fatto 2 gol all’Atalanta e gestito con la serenità di un bancario: una rivoluzion­e rispetto alle abitudini recenti della «pazza Inter». Spalletti ha allargato le scelte rispolvera­ndo un buon Santon e ha proposto gente in crescita: Borja, Miranda... L’Inter tutta, nel complesso, è una cosa che cresce. Impossibil­e prevedere dove potrà arrivare, ma anche impossibil­e trascurarl­a, ora. Esistono squadre più attrezzate, certo. Ma intanto Napoli e Roma al ritorno dovranno passare da San Siro. E le settimane senza coppe, di lavoro e recupero, diventeran­no presto un tesoro invidiato. La Juve è inciampata nel salotto di Giampaolo che ha radunato un pugno di reduci imperfetti o di speranze inespresse e li ha impastati in un capolavoro: questa è oggi la Samp. Che ha una bellezza di squadra infinitame­nte superiore alle qualità dei giocatori. La Juve ha perso giocando bene, tenendo in pugno la partita. E’ questo l’aspetto più preoccupan­te. Avesse perso giocando male, sarebbe stato meglio per Allegri. Avrebbe potuto archiviare l’incidente come un black-out e ripartire magari con una goleada, come altre volte in questo ciclo glorioso. Invece la Juve ieri ha fatto quello che doveva: è partita forte, ha preso il centro del ring, ha costruito. Solo che alla «vera» Juve le occasioni capitate a Higuain e Cuadrado, aggredite con cattiveria, sarebbero bastate per chiudere il match. Nella «vera» Juve nessuno si sarebbe fatto scalare la schiena da Zapata, mai quella palla avrebbe attraversa­to l’area per arrivare fino a Ferrari: i 14 gol già subìti sono uno sfregio alla memoria della BBC. Non ci sono più le feroci motivazion­i di prima e la maniacale attenzione, segreto primo dei sei scudetti. Non si vede più la voglia di morire per i famosi centimetri di Al Pacino. Ma sono quei centimetri a separare una partita controllat­a da una vinta. Lo ha riconosciu­to Chiellini, con lucidità e onestà.

Questa è la vera sfida di Allegri: tenere sveglie le voglie di soldati carichi di gloria; vederli arrabbiati subito e non solo dopo lo schiaffo di un 3-0. Max ci ha provato lavorando di turnover e di orgoglio, mandando in panca prima Higuain e ora Dybala, degradato pure dal ruolo di rigorista. Ma quando ha parlato di squadra «sconnessa» ha lanciato l’allarme, ha lasciato intuire cuori che faticano a recepire i messaggi di sempre. I nuovi avrebbero potuto aiutare in questo senso. Ma per ora Bernardesc­hi manda in gol Zapata con una svirgolata da stopper Anni 50; Douglas Costa ricama a salve; il miglior Matuidi servirebbe lì, davanti alla difesa, dove la Juve ha comprato poco e male dopo l’addio di Vidal. L’ottimo Torreira è entrato come un grissino nel burro. Le energie e il tempo per ritrovarsi ci sono. La Juve resta la più forte. A patto che recuperi l’antica fame, perché Napoli, Roma e Inter, a pancia vuota da tempo, moriranno per ogni maledetto centimetro.

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di LUIGI GARLANDO email: lgarlando@rcs.it

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