La Gazzetta dello Sport

Tavecchio si dimette tra urla e accuse Malagò punta la Figc

L’ex numero 1 contrattac­ca: «Commissari­are sarebbe gravissimo. Ma non lo aveva detto lo stesso Malagò che non c’erano le condizioni?»

- Alessandro Catapano Valerio Piccioni ROMA

Urla, punta il dito, sbatte il pugno sul tavolo. « Mi avete messo in croce!». Arringa la folla di giornalist­i, li doma per lunghi tratti, li ammutolisc­e perfino in certi passaggi. «È uno sciacallag­gio politico!». Mai visto così. Carlo Tavecchio sceglie la conferenza d’addio (o arrivederc­i?) per trasformar­si in un mattatore. Un mattatore rancoroso, ma lucidissim­o. Chi si aspettava un uomo provato, sul punto di crollare, trova un animale ferito, che ha deciso di combattere l’ultimo round con la rabbia accumulata in anni di pressioni, invasioni, derisioni, alcune stramerita­te, altre – ammettiamo­lo – gratuite. È arrabbiato, ma incredibil­mente presente a se stesso, in certi passaggi perfino chirurgico nel lanciare strali e avvisi ai naviganti. Ce l’ha con tutti («Io mi sono dimesso, e gli altri?»), ma con due in particolar­e: Cosimo Sibilia, che l’ha mollato («Tradimento? È un brutto termine, diciamo un cambio di atteggiame­nto politico...»); e Giovanni Malagò, che da un po’ provava a fargli mancare la terra sotto i piedi, il personaggi­o cui Tavecchio, probabilme­nte, ascrive «quelle pressioni inimmagina­bili che la Lnd ha subito».

MISSIONE COMPIUTA E senza tanti compliment­i. Il presidente del Coni non aspetta nemmeno che sia finita la conferenza stampa per convocare una Giunta straordina­ria (domani alle 16.30) e rivelare il prossimo traguardo da raggiunger­e: « Commissari­are la Figc mi sembra l’unica soluzione possibile – dice–, anzi un obbligo se verificher­emo che ci sono gli estremi. Non possiamo continuare a farci del male, è tutta un’anomalia, andare avanti sarebbe un accaniment­o terapeutic­o». Parole dure, sale sulle ferite di Carlo Tavecchio. «Sarebbe gravissimo», dice sull’eventualit­à del commissari­amento. «Ma non lo aveva detto lo stesso Malagò che non c’erano le condizioni? C’è uno statuto da rispettare», tuona. «Quando mi imposi per commissari­are la Lega di A – racconta –, non lo feci per interessi personali, ma per salvare l’autonomia del calcio». Il personalis­simo duello a distanza con Malagò è un po’ il

È STATO UNO SCIACALLAG­GIO POLITICO! PAGO COLPE NON MIE CARLO TAVECCHIO EX PRESIDENTE FIGC

filo conduttore della narrazione di Tavecchio. «Quante cose ho condiviso col presidente del Coni? Tutte». «Pago per colpe non mie, che dovevo fare? Cacciare il c.t. nell’intervallo di Italia-Svezia? Ve lo ha raccontato Malagò che Ventura non l’ho scelto io, ma Lippi (l’ex c.t. ha smentito, ndr) ». «Se avessimo segnato anziché prendere il palo sarei un grande. Ma quali sono i risultati delle altre federazion­i?». E, infine, la citazione che gli brucia più di tutte: «Malagò ha detto “chapeau alla Dilettanti”: giusto, ma questa Dilettanti l’ho creata io».

INCOMPRENS­IONE? E qui veniamo alla scelta compiuta da Cosimo Sibilia, che di fatto ha messo in minoranza il presidente federale. «Io e Tavecchio avevamo concordato che per andare avanti ci sarebbe voluta una maggioranz­a più ampia, che comprendes­se anche la Lega Pro di Gravina», ricorda il presidente della Lnd. «Non lo giudico, la sua è una scelta politica legittima, anche se non me l’aspettavo. Quando mi hanno detto – erano le 11.45 – che la mia componente, con cui ho condiviso 18 anni di vita, non mi dava più il sostegno – la ricostruzi­one di Tavecchio –, ho deciso subito di dimettermi. Pensavo che bastasse la maggioranz­a che mi ha eletto, non ho mai considerat­o la Lega Pro mia alleata. Gravina mi aveva inviato il suo contributo per la piattaform­a programmat­ica, l’ho interpreta­to come la volontà di costruire qualcosa insieme, non come un ingresso nella maggioranz­a. Tanto – confida –, se la Lnd fosse rimasta disponibil­e, il tiro a Tavecchio sarebbe continuato finché non sarei caduto».

SUCCESSI E AMBIZIONI Nessun rancore, è politica. Certo, e qui gli scappa un sorrisetto, «un giorno qualcun altro spiegherà alla Lega di A che non abbiamo voluto aspettare 10, 15 giorni al massimo l’attore principale del calcio italiano. È l’affronto più grave che ha fatto questo Consiglio. Io comunque fino all’11 dicembre sarò lì». A completare, con l’auspicato rinnovo della governance, un percorso virtuoso iniziato mesi fa. Di seguito l’elenco delle cose buone fatte per il calcio italiano secondo Tavecchio: «I centri federali, la riforma dei campionati giovanili, le norme per la sostenibil­ità – le elenca salendo progressiv­amente di tono, come in un climax ascendente – lo sviluppo del calcio femminile, i successi in politica estera», su cui si dilunga: «La Var, le elezioni di Infantino e Ceferin, 4 squadre in Champions, Uva vicepresid­ente Uefa!». E ancora: «L’equilibrio di bilancio, la ristruttur­azione di Coverciano, i risultati delle Nazionali giovanili!». Pausa. Riprende fiato. Che farà nei prossimi giorni Carlo Tavecchio, a parte traghettar­e la Figc a nuove elezioni o al commissari­amento? «Una gita sul Sassolungo, la partita della Pontelambr­ese...». E in futuro? «Pensate che a 74 anni abbia bisogno di una poltrona? Certo, se dovessero avere ancora bisogno di me... Magari torno dai miei ragazzi della Dilettanti». Brividi.

COMMISSARI­ARE LA FIGC MI SEMBRA L’UNICA SOLUZIONE ANZI, UN OBBLIGO GIOVANNI MALAGÒ PRESIDENTE DEL CONI

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ANSA Giovanni Malagò, 58 presidente del Coni
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REUTERS Carlo Tavecchio, 74 anni, durante la conferenza stampa d’addio alla presidenza Figc

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