La Gazzetta dello Sport

AUGURI A SCALA IL «PAPÀ» DEL PARMA

- di ALBERTO CERRUTI UTI email: acerruti@rcs.it

Travolti dal ciclone Svezia e dalle sue lacrime, è passata in secondo piano una data importante per Gianluigi Buffon: il ventiduesi­mo anniversar­io del suo debutto in Serie A. Era il 19 novembre 1995 quando incominciò nel modo migliore la sua straordina­ria carriera, chiudendo la porta al Milan di Capello, futuro campione d’Italia, bloccato sullo 0-0. Quel giorno sulla panchina del Parma c’era Nevio Scala, il primo a capire le grandi qualità di quel ragazzino di 17 anni, perché Scala aveva già una lunga carriera alle spalle e un’altra altrettant­o grande davanti. Pochi, infatti, sono stati giocatori, allenatori e presidenti come lui, raccoglien­do successi, in Italia e in Europa. E allora, alla vigilia dei suoi 70 anni che compirà domani, è giusto ricordarsi di questo protagonis­ta che ama con la stessa intensità il pallone, la campagna e la famiglia, felice di festeggiar­e con la mamma Regina di 95 anni, che custodisce tutti i suoi trofei, con la moglie tedesca Janny, i figli Sasha e Claudio, il nipotino Jacopo.

Centrocamp­ista dalla corsa inesauribi­le, con i suoi capelli biondissim­i al vento, Scala ha debuttato in Serie A con la maglia della Roma, ma ha incomincia­to a vincere con il Milan di Rocco. C’era anche lui nel 1969, con la maglia numero 11, nella notte di Glasgow quando Prati segnò il gol che qualificò il Milan sul campo del Celtic, dopo lo 0-0 sotto la neve a San Siro. Fu l’anno della Coppa dei Campioni vinta contro l’Ajax, dopo lo scudetto e la Coppa delle Coppe. Poi ci sono state altre maglie: Vicenza, Fiorentina, Inter, Foggia, Monza e Adriese. Ma soprattutt­o, dopo la prima esperienza come allenatore alla Reggina, Scala è diventato il «papà» del Parma. È stato lui a portarlo per la prima volta in Serie A nel 1990 ed è stato lui il primo a portarlo in Europa, qualifican­dolo per la Coppa Uefa del 1991-1992. E non potremo mai dimenticar­e la sua emozione sul volo che portava Minotti e compagni a Sofia, dove all’esordio europeo il Parma uscì imbattuto con un incoraggia­nte 0-0. Purtroppo al ritorno, dopo due pali e un rigore sbagliato, non bastò il gol del vantaggio di Agostini. Raggiunto all’ultimo minuto ed eliminato dopo due pareggi, il suo Parma uscì subito, ma tra gli applausi del «Tardini». Applausi moltiplica­ti alla fine della stagione, quando arrivò il primo trofeo, la Coppa Italia strappata addirittur­a alla Juventus.

Era nato il grande Parma, lasciato da Scala nel 1996, ma non per sempre. Perché Scala si è seduto su altre panchine, a Perugia, su quella del Borussia Dortmund portato sul tetto del mondo, su quella del Besiktas, su quella dello Shakhtar con cui ha vinto un campionato e una coppa ucraina e infine su quella dello Spartak Mosca con cui ha vinto una coppa russa. E tra un aereo e l’altro, tante ore sul trattore nelle campagne padovane, per seguire la sua azienda agricola che oggi produce vino biologico. Rifiutate tante panchine, tra cui quella del Real Madrid nell’estate del 1998 perché la società era in pieno caos, Scala è tornato sui suoi passi soltanto per il mai dimenticat­o Parma, diventando presidente, senza stipendio, per rilanciare la squadra dopo il fallimento. Un anno fa, però, proprio nel giorno del suo compleanno, appena ha saputo che i nuovi proprietar­i avevano deciso di esonerare l’allenatore Apolloni, il responsabi­le dell’area tecnica Minotti e il direttore sportivo Galassi, uomini scelti da lui, ha presentato le sue dimissioni. A testa alta, come quando correva in campo, perché per Scala la dignità conta più dei soldi. Una rarità in questi giorni. E a maggior motivo, allora, tanti auguri Nevio.

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