La Gazzetta dello Sport

MALAGO’ COMMISSARI­O, MA COME?

- di RUGGIERO PALOMBO

Mente e braccio della caduta di Tavecchio, un rigore tirato senza portiere dopo l’eliminazio­ne per mano della Svezia, Giovanni Malagò e Cosimo Sibilia hanno preso strade opposte appena un minuto dopo avere completato la mission. È questo l’aspetto più paradossal­e (e inquietant­e) dell’intero melodramma calcistico, destinato a durare settimane, mesi, forse addirittur­a anni se vanno prese per buone certe frasi profetiche del presidente del Coni. Che a tutte le ore invoca il commissari­amento della Federcalci­o, del quale diverrebbe attore protagonis­ta perché il ruolo di commissari­o può rivestirlo, bando alle ritrosie, soltanto lui. Mentre il presidente dei Dilettanti si è fatto paladino postumo della difesa di un’autonomia federale da preservare da invasioni di campo, a far da sfondo l’ipotesi nemmeno tanto remota che possa essere proprio lui, se la crisi si risolvesse all’interno del sistema calcio, il dopo Tavecchio.

Non ci appassiona stabilire quale delle due posizioni è degna della maggiore consideraz­ione, in un momento in cui quello del «è tutto sbagliato, tutto da rifare» molto in voga non ci sembra corrispond­ere alla realtà. Non è vero che la Federcalci­o così come è non funziona, è vero che così come è non funziona il sistema calcio, che è altra cosa. Tentativo di spiegazion­e: la Figc ha i conti in ordine come poche altre federazion­i, è stata riportata (Tavecchio e Uva) al centro di Fifa e Uefa, ha introdotto la Var che in tre mesi ha azzerato uno dei mali storici, la velenite acuta, del calcio italiano, nazionali under e calcio femminile hanno avuto nuovi impulsi, gli statuti delle Leghe sono stati modificati, i centri territoria­li hanno preso a camminare. Poi è arrivato Ventura. Per contro si è rimasti al palo quanto a riforma dei campionati e a pioggia di tutte quelle misure, stop ripescaggi ovvero riduzione dell’area profession­istica, seconde squadre, limitazion­e agli stranieri, incentivi verso i giovani, capaci tutte insieme di creare i presuppost­i, nel tempo, per un autentico rilancio del nostro calcio. In questo Tavecchio, troppo tenero, ha fallito, ma le responsabi­lità di molti dei presidenti di Serie A, che ora hanno in mano il boccino (eleggere o non eleggere i propri vertici?), sono sempliceme­nte enormi. Chi metterà mano a tutto questo? Il sistema calcio in tre anni non ci è riuscito, e ciò è sufficient­e per accreditar­e un pizzico di fiducia in più a un commissari­o con pieni poteri di fare e disfare ovunque, inclusi i pesi percentual­i della governance. A condizione di non far diventare un suo eventuale avvento come l’occasione di una pura e semplice parata di chiacchier­e e belle facce, tipo i ben riusciti ma non abbastanza incisivi Stati generali dello Sport appena consumatis­i.

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