SAMBA CLERICI IN RIVA AL LAGO: «GOL, DIALETTO E LA PRIMA NEVE»
LE 6 STAGIONI DEL GRINGO A LECCO: «ARRIVAI IN INVERNO, CHE FREDDO. POI TANTE BATTAGLIE E UN PATRON-PAPÀ»
«Arrivai a Lecco in inverno: faceva un freddo... A San Paolo, dove vivevo e giocavo, temperature simili era sconosciute, per non parlare della neve: la vidi per la prima volta in Italia. Trovai una città ideale per un ragazzo che voleva fare il calciatore: piccola, carina e coi tifosi pieni di calore. E niente distrazioni, per fortuna». Sergio Clerici, el Gringo, sbarca in riva al lago dopo 36 ore di aereo: il Lecco per la prima volta disputa la massima serie e non può sapere di aver ingaggiato l’attaccante che sarà nel febbraio 1978 (Lazio-Inter 1-0) l’ultimo straniero a fare gol in A dopo la chiusura delle frontiere decisa nel 1966 a causa del tonfo italiano al Mondiale (la Corea...). Ma prima di tutto questo ci sono 6 campionati in maglia bluceleste: 201 partite e 59 reti.
RICORDI Clerici è ritornato in Brasile, ma dell’Italia e di Lecco ha ricordi felici: «Il presidente Ceppi era come un padre, mi aiutò tantissimo. Fino al 1964 abitavo da solo, poi arrivò la mia futura moglie. A Lecco è nato il mio primo figlio, è italiano. Come la mia mamma, per questa ragione accettai di venire da voi: era una bella vetrina e si guadagnava bene. La lingua? Beh, ho imparato anche un po’ di dialetto, non facile eh. Il primo anno ci siamo salvati agli spareggi e segnai all’Udinese dopo i 2 gol del campionato a Lazio e Bologna, contro cui avevo esordito in A: un segno del destino perché alla fine Ceppi mi cedette proprio ai rossoblù dopo la retrocessione del 1966. Ma già un paio di campionati prima mi volevano club importanti, ero stato il capocannoniere della B. Tutto deciso, poi Ceppi strappò il contratto: “Non posso farlo, ci tengo troppo a te. Sei ancora giovane...”. Ho imparato tantissimo a Lecco, avevo compagni davvero speciali. E poi la gente in Italia è brava, mi manca tanto. Ho giocato con Bologna, Atalanta, Verona, Fiorentina, Napoli e Lazio. Città splendide e tifoserie calde. Dico la verità: si vive meglio da voi, in Brasile troppi pericoli». El Gringo non si capacita per la caduta del Lecco: «Ogni tanto torno a trovare i vecchi amici, fino a qualche anno fa c’era un club a mio nome. Mi piacerebbe contribuire alla risalita della società, visto quello che ha fatto per me. Se il nuovo patron vuole, posso far arrivare in Italia qualche ragazzo comunitario di belle speranze: di calcio qualcosa capisco. Al Milan avevo segnalato un certo Ronaldo, il Fenomeno, quando era sedicenne, ma Braida tentennò e il Psv glielo soffiò. Magari a Lecco arriva il nuovo Sergio Clerici».
PASINATO Se Clerici ha lasciato un segno indelebile a Lecco, altrettanto si può dire di Antonio Pasinato: 218 gare e 4 reti. Settepolmoni capace di fermare gli avversari più forti grazie al fisico possente: «Altafini è stato quello che mi ha fatto soffrire di più, aveva uno scatto fulmineo. Mi sono tolte delle belle soddisfazioni col Lecco, eravamo piccoli e tosti. Quando gli squadroni non passavano iniziavano a buttare palloni in area e io di testa spadroneggiavo. E poi più che una squadra, sembravamo una famiglia. Col presidentissimo Ceppi papà di tutti. Se devo scegliere un paio di immagini della mia carriera, dico l’esordio contro la Spal e poi il mio unico gol in A al Torino. Era un calcio diverso, si lasciavano più spazi e non c’era la velocità di adesso. Però tecnicamente tutti sapevano stoppare un pallone, oggi non è sempre così. Il Lecco in D? Il nuovo proprietario deve avere pazienza, evitando proclami. Ha già fatto tanto salvando il club: la città ha fame di calcio, ma il futuro si costruisce su basi solide. La fretta non aiuta».