Un’altra partita senza mete Il Sudafrica ne fa 5 e domina
Gli Springboks si impongono 35-6: all’Italia non basta il possesso, la sterilità offensiva la condanna
Respinti, senza pietà. E ribaltati, senza scampo. L’Italia sbatte contro il muro Springboks e incassa la lezione del più forte chiudendo con 5 mete incassate a 0 in un match che ha raccontato in modo eclatante che sì, gli azzurri stanno crescendo, ma anche che no, non sono affatto in grado, adesso, di competere a livelli altissimi. Il 35-6 dell’Euganeo chiude il trittico di novembre con una vittoria e due sconfitte, ma soprattutto con una sola meta fatta in tre partite. Poco, troppo poco. Gli Springboks bissano il successo di sette giorni fa in Francia, cancellano l’onta di Firenze 2016 e, anche se non dovesse servire a salvare la panchina di Coetzee, ritrovano un po’ dell’autostima perduta negli ultimi 20 mesi. L’Italia incassa il decimo k.o. in 11 match del 2017, raccoglie lampi di speranza guardando i volti nuovi, ma anche tanta frustrazione.
IL MATCH Una partita con un canovaccio mai cambiato, sotto una fitta pioggerellina. L’Italia ci ha messo cuore, posizionandosi a lungo nei 22 metri avversari, cercando di passare in tutti i modi, mettendo in mostra un Castello, un Boni e un Bellini mai domi e un Licata fantastico al debutto da titolare, sempre lì, a scavare e lottare, a spingere e a sostenere. Ma non è bastato avere il 60% di possesso e il 63 di territorio: un Sudafrica ordinato, strabordante sul piano fisico, ha dominato nei punti di incontro, ha ferito mortalmente con maul avanzanti, ha contestato gli azzurri che tenacemente fino alla fine hanno cercato, soprattutto con un ispirato Castello, di trovare un varco. Niente da fare. Gli Springboks sono entrati come caterpillar nella difesa azzurra, aiutati anche da qualche errore di troppo in difesa. Nota a margine: il primo errore dalla piazzola di Canna dopo 23 calci consecutivi a segno tra Zebre e Italia.
SPUNTATI L’inizio del match sembrava dovesse regalare ben altro. Con gli azzurri che per 10’ si sono posizionati nei 22 avversari. Una fatica enorme per arrivare a una touche, conquistare una punizione e mettere in cassaforte i primi tre punti. Poi è stata solo sofferenza: un muro invalicabile, alzato da Etzebeth, de Jager, du Toit e Francois Louw, che sistematicamente respingevano i nostri, intestarditi a provare a passare senza aprire al largo. Un mare di placcaggi sudafricani: alla fine saranno 184, dei quali 167 a buon fine, contro i 95 (su 107) azzurri. Prova e riprova, spingi e spingi e alla fine arrivava il turnover. Il Sudafrica ha punito gli azzurri con cinismo. Nella prima meta, arrivata subito dopo il piazzato di Canna, è bastata una verticalizzazione di Pollard, fermato da Boni a terra, ma con Francois Louw arrivato come un treno per raccogliere e schiacciare. La punizione di Canna (conquistata in ruck) per il momentaneo 6-7 è stato un fuoco di paglia. Il Sudafrica si affidava a tutto il fisico e la qualità tecnica in bagaglio per entrare e far danni. La seconda meta, finalizzata da Mbonambi, è arrivata scolasticamente: touche, maul avanzante e oplà. Identica a quella che ha aperto la ripresa, chiusa col timbro di Kitshoff. In mezzo era arrivata, a fine primo tempo, la terza meta, regalata, con Hayward ed Esposito che pasticciavano nel raccogliere il cross verso sinistra di Pollard e consegnano a Venter la palla da schiacciare.
FURIA VANA Vedere l’Italia aggredire, provarci e riprovarci per 20’, con 12 sulla linea di 5 metri avversari, senza portare a casa niente, fa male pensando al presente. Fa sperare, guardando al futuro, la tenuta fisica eccellente. La meta di Mostert, dopo una serie di pick and go, è arrivata al fischio finale. L’Italia c’è su molti aspetti, ma ora urge trovare modo di finalizzare una mole di lavoro così dispendiosa. Forse si poteva provare a superare la linea coi calci o a giocare al largo. La verità è che ieri ha vinto il più forte.