La Gazzetta dello Sport

Basket: il tecnico di Brescia DIANA IN PANCHINA CON IL CARAVAGGIO

«CANESTRI E CARAVAGGIO COSI’ VOLO CON BRESCIA»

- FOTO BOZZANI L’INTERVISTA di ANDREA TOSI

«LUCA VITALI È IL MIO CARAVAGGIO: TALENTO FUORI DAGLI SCHEMI» ANDREA DIANA SUL PLAY «IL PRIMO INCONTRO CON VALENTINA? AGLI UFFIZI DI FIRENZE» ANDREA DIANA TRA AMORE E ARTE IL TECNICO IN TESTA AL CAMPIONATO ALLA MOSTRA DEL SUO PITTORE PREFERITO: «UNA VERA PASSIONE, CONTAGIATO DA MIA MOGLIE»

A rte e basket formano un binomio che talvolta si sposa nel gioco dei canestri ma che nel caso di Andrea Diana, coach della Germani Brescia, la Leonessa capolista solitaria ed imbattuta (8 vittorie su 8) del campionato di Serie A, diventa un felicissim­o connubio famigliare. Diana, 42 anni, livornese, è un appassiona­to di pittura e non ha potuto mancare alla mostra «Dentro Caravaggio» che in questi giorni sta richiamand­o migliaia di visitatori al Palazzo Reale di Milano, un evento unico curato da Rossella Vodret con la coproduzio­ne di Comune di Milano-MondoMostr­e Skira e Gruppo Bracco. Con lui la moglie Valentina, 33 anni, laureata in storia dell’arte all’Università di Ferrara, la sua città, e dottoranda all’Università di Chieti. E’ lei a guidarci nella lettura e visione delle 20 opere di Michelange­lo Merisi da Caravaggio, l’artista che ha segnato il barocco del ‘600, il preferito di Diana. Il coach si mangia con gli occhi quei quadri che trasmetton­o mille emozioni e di cui conosce ogni sfumatura. «Sono sempre stato amante dell’arte — dice –— che nel tempo è diventata una vera passione per il contagio di mia moglie».

Quanto c’è di Caravaggio nel suo rapporto con Valentina?

«Tanto. Si figuri che il nostro primo appuntamen­to, 10 anni fa, lo abbiamo fissato agli Uffizi di Firenze per visitare le sue opere e anche quelle del Botticelli. Ci siamo conosciuti sui campi, io allenatore della selezione Toscana al torneo delle Regioni, lei ufficiale di campo. Quando ho saputo che era studentess­a di storia dell’arte è scattato il pretesto per invitarla alla galleria fiorentina. Da quel giorno abbiamo visitato decine e decine di mostre, musei e chiese. L’estate scorsa siamo stati in vacanza a Londra dove abbiamo fatto una full immersion alla National Gallery e al British Museum e quando andiamo a Roma, una tappa obbligata è la visita al capolavoro assoluto di Caravaggio, ovvero le Storie di Matteo, un trittico che si può ammirare nella Cappella Contarelli della Chiesa di San Luigi dei Francesi».

Qui a Palazzo Reale quali opere la colpiscono?

«Sono tutte notevoli, ma tre spiccano sulle altre: “Giuditta che taglia la testa ad Oloferne”, “La flagellazi­one di Cristo” e la “Buona Ventura”. Sono opere diverse nel significat­o ma esprimono la stessa potenza di luce dei suoi protagonis­ti esaltata dalla penombra dello sfondo. In queste opere si riconosce la mano di Caravaggio nella cura dei dettagli, nelle espression­i dei volti e nella forza simbolica dei suoi personaggi».

C’è un filo conduttore che lega Caravaggio al basket?

«No, nessuno e non voglio cercarlo. Per me l’arte è un momento di distacco dal mio lavoro che mi assorbe molto. Voglio goderla per quella che è senza interazion­i».

Esiste un Caravaggio nella sua Germani?

«Luca Vitali ha il talento e l’atipicità dell’artista che sa uscire dagli schemi, dal tempo e dal ruolo. Un giocatore unico nel suo genere come lo è stato Caravaggio nella storia dell’arte».

Il capolavoro caravagges­co di coach Diana in queste otto vittorie iniziali è la zona 3-2 match up che ha sbancato Bologna?

«In effetti è venuta bene. Vincere su un campo mitico e storico come il PalaDozza ha innalzato la nostra autostima. E’ stato il successo più sofferto, bello e significat­ivo di questo inizio di stagione».

Col primato avete già in tasca le F8 di coppa Italia. Altri obiettivi?

«Ci tenevo a ritornare alle finali di coppa. L’anno passato l’abbiamo raggiunta con una grande rincorsa, pagata cara nella semifinale. Stavolta vorremmo arrivarci più pronti e rodati e magari meno affaticati. Poi i playoff che spero di centrare per la prima volta in carriera».

Il segreto di Brescia?

«Altruismo e organizzaz­ione. Giocatori e società hanno una grande potenziali­tà per fare bene oggi e in futuro. Ho la fortuna di allenare una squadra che ha il piacere di passarsi la palla. E due scommesse che stanno pagando bene: Michele Vitali e Lee Moore».

Rinforzi in arrivo?

«Abbiamo scelto il format 4 Usa+6 italiani per tenerci l’ultimo visto in corso d’opera. I tempi non sono ancora maturi ma potremmo già spenderlo per la coppa Italia. Il ruolo? Un esterno o un centro, di sicuro dovrà essere un giocatore duttile, certamente di qualità ma non invasivo che ci aiuti a mantenere i nostri equilibri».

Caravaggio è stato un genio incompreso e un po’ maledetto. Invece Diana che soggetto è?

«Una persona introversa e tranquilla. A Livorno sono cresciuto da giocatore nelle giovanili della Libertas toccando la vecchia B2 a Piombino e poi da allenatore alla Don Bosco. Ho avuto come mentori Gianfranco Benvenuti e Mario De Sisti. Mi sono modellato nel tempo facendo molta gavetta. Considero la stabilità un valore importante della mia profession­e. Questa è la settima stagione a Brescia, la quarta da capo allenatore, la seconda in serie A. Il mio contratto va in scadenza nel 2019. Mi considero un giovane allenatore che vuole crescere ancora con questa Leonessa».

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LA MOSTRA Andrea Diana, 42 anni, con la moglie Valentina, 33 anni, laureata in storia dell’arte, all’ingresso della mostra «Dentro Caravaggio» che si tiene presso il Palazzo Reale di Milano fino al 28 gennaio 2018. Finora la mostra, sempre...
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