La Gazzetta dello Sport

Primo allenament­o Rino Gattuso fa correre il suo Milan: domenica alle 12.30 il debutto in panchina a Benevento

Gattuso: «Il sogno continua Io e Montella idee diverse»

- BIANCHIN, GOZZINI, PASOTTO

Ild nuovo tecnico: «Questo è il paradiso, non mi sento un traghettat­ore. Voglio fatica, disciplina e Dna Milan»

Il momento più divertente è quando un giornalist­a cinese gli spiega che nel suo Paese sono molto incuriosit­i dal fatto che dopo un ex numero 10, Seedorf, e un ex numero 9, Inzaghi, ora il Milan sia nelle mani di un ex numero 8: «Speriamo di non fare la fine del 10 e del 9...», risponde lui. Risata, magari anche un po’ esorcizzan­te visto l’argomento. Comunque distensiva, dal momento che Rino Gattuso era al 41° minuto di una conferenza stampa che ne è durati 59. Un’ora per presentars­i al mondo rossonero e al mondo in generale nelle sue nuove vesti, che sono poi quelle coi colori vecchi tranne una piccola differenza: al posto della maglietta c’è la giacca. Rino in realtà parte con un certo vantaggio: non ha bisogno di conoscere nessuno, a parte i suoi nuovi giocatori ovviamente. Non ha bisogno di essere guidato per i corridoi del centro sportivo e, anzi, lungo alcuni di questi sono appese le sue foto. Eppure, nonostante sia uno dei pochi allenatori al mondo ad avere la fortuna di potersi insediare da padrone di casa, i primi minuti di chiacchier­e trascorron­o un po’ ingessati. Un po’ contratti. Come qualcuno che sta con le scarpe nel proprio salotto. Comprensib­ile: l’emozione c’è e, come dice lui, «il formicolio allo stomaco da allenatore è sempre stato lo stesso che avevo da giocatore. Figuriamoc­i qui al Milan». Per dirla col suo slogan più significat­ivo, «questo per me è un sogno che continua, questo è il paradiso».

PREVENZION­E

Dopo una decina di minuti, comunque, il padrone di casa si è già infilato le pantofole. Parla più o meno di tutto, alterna la battuta a discorsi decisament­e seri, soprattutt­o quando parla di se stesso. Perché vuole evidenteme­nte chiarire bene qualche concetto. Primo: «Non mi sento un traghettat­ore. Potrei pensarlo se mancassero quattro partite, ma ci sono in ballo ancora 72 punti. So di non piacere a tutti, ma io so quali doti ho e cosa posso dare. Penso di avere le caratteris­tiche giuste per fare questo mestiere». Secondo: «Sembra che in questi anni abbia allenato solo gli Esordienti, ma ho più di cento partite sulle spalle in campionati diversi». Terzo: «Trovo anche riduttivo parlare sempre del Gattuso calciatore grintoso e rabbioso. Certo, mi conoscete, se gioco a calcetto con mio figlio voglio vincere... Ma vorrei ricordare che sono stato a Coverciano, ho studiato parecchio e continuo a farlo, il patentino non me l’hanno regalato e le partite si preparano anche con la tecnica e la tattica, non solo con cuore, grinta e cattiveria». Quarto: «Se sento prevenzion­e nei miei confronti? Quando giocavo mi davano dello scarpone e dicevano che ero fortunato, ma la fortuna l’ho trovata grazie al lavoro duro, fermandomi a lavorare più tempo degli altri. Ho sempre saputo i miei limiti, e questo è sinonimo di intelligen­za».

ERRORI

Tutto molto chiaro. Lo scopo, comprensib­ile, è iniziare l’avventura con un ruolo e una presenza scenica ben definita, e non come quello promosso dal settore giovanile per mancanza di alternativ­e. E’ questo il concetto che rimarca per bene anche l’a.d. Fassone. E’ stato lui a introdurre Rino, dopo aver chiuso l’argomento Montella: «Non stavamo riuscendo a portare avanti il progetto come volevamo. Montella comunque va ringraziat­o perché ci ha riportato in Europa e non gli do colpe specifiche. Se ci sono stati degli errori, li abbiamo fatti tutti. Gattuso era la scelta giusta da fare ora, è la storia, conosce queste stanze, non è un tappabuchi né un paracadute. Ha accettato con umiltà senza pretendere nulla. E’ stata una scelta fortemente voluta, abbiamo la consapevol­ezza e la certezza che farà bene. Poi a fine stagione tireremo le somme. Vorrei anche precisare che Mirabelli ha la massima fiducia mia e della proprietà».

DISCIPLINA

Il d.s., che è anche responsabi­le dell’area tecnica, ringrazia e si accomoda accanto a Gattuso. «Rino lavora su concetti che mi piacciono molto. C’è chi dice che è inesperto: io penso possa darci qualcosa di importante. Purtroppo tutta la rosa ha reso al di sotto delle attese, nonostante siano state date 23 partite di tempo per vedere un’identità che non è arrivata. Di certo il mal di pancia non ci è venuto solo per il pareggio col Torino». Gattuso (che, fra

RINO UNA SCELTA FORTEMENTE VOLUTA. NOI CERTI CHE FARÀ BENE MARCO FASSONE A.D. MILAN

gli altri, ha ricevuto l’in bocca al lupo di Sacchi, Capello, Ancelotti, Lippi in partenza per la Cina, Terim, Pirlo e Cannavaro), dopo aver reso onore – sincero – a Montella, guarda avanti. E lancia avvisi chiari ai soldati: «Il gruppo non è solo la squadra, ma tutti coloro che le ruotano intorno. I giocatori comunque devono fare di più. Dobbiamo diventare squadra, saper soffrire. E aiutarsi, con spirito battaglier­o e compattezz­a, anche se fuori dal campo non si è amici. Esiste un Dna Milan, nel gruppo ci sono regole da rispettare, usanze, senso di appartenen­za e disciplina. Per giocare a calcio bisogna far fatica e quando si perde, a Milanello dev’essere come un funerale, deve bruciare il ... Ho anche premesso ai ragazzi che a volte gli potrà arrivare qualche parola fuori posto: non dovranno essere permalosi...». Quindi, qualche accenno sui singoli. Bonucci: «La fascia resta a lui». Silva: «Ha grandissim­e qualità, ma deve giocare di più per la squadra, fa cose belle solo a livello personale». Suso: «Mi incuriosis­ce se davvero può giocare solo largo, vedremo». Cutrone: «Parte sullo stesso piano di Kalinic e Silva, ha il veleno addosso, è un tarantolat­o, c’è bisogno di questo spirito». Poi spiega la sua idea tattica («Difesa a tre, mediana a quattro e davanti si vedrà di volta in volta. Ho concetti diversi da Montella, a lui piace il palleggio, e anche a me, ma negli ultimi 20 metri occorre verticaliz­zare ed essere pericolosi con le punte»), come vede il suo debutto domenica («Col Benevento è come la finale di un Mondiale»), racconta una parte della telefonata con Berlusconi («Mi ha parlato del Dna Milan, di come giocare e di come farlo con i due attaccanti») e spiega il motivo per cui Mr. Li lo sentirà nei prossimi giorni: «Il presidente non parla inglese, e nemmeno calabrese...». Bentornato Rino.

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