La Gazzetta dello Sport

Taglialate­la e l’avvocato, gli amici napoletani «Allegri cuore d’oro, perfetto per fare il c.t.»

L’ex portiere: «Max mi aiutò con frasi giuste quando prendevo gol da tutti» E de Luca Tamajo: «E’ rimasto umile»

- Matteo Dalla Vite Gianluca Monti

Poche gare, tanti ricordi: Max Allegri ha giocato nel Napoli ‘97-98. Lo volle in squadra il suo mentore Giovanni Galeone, uno dei quattro allenatori di quella stagione disgraziat­a che si concluse con la retrocessi­one in B. Allegri fece appena in tempo ad ambientars­i ma costruì rapporti solidi che si sono poi cementati. Così, tra stasera e domattina riceverà numerose visite nell’albergo che ospiterà la Juve. Gli amici napoletani gli porteranno il consueto affetto e le amate mozzarelle.

LUI E BATMAN Dalla sua stanza Max si affaccerà sul golfo, proprio come vent’anni fa. Quel Napoli aveva come medico sociale Alfonso De Nicola, ora alla guida dello staff sanitario della squadra di Sarri, e in porta Pino Taglialate­la. «Batman» oggi fa l’opinionist­a ed è consulente sportivo dell’A&C Network. S’informa, sa. E sapeva. «Che Allegri sarebbe diventato un allenatore sì, su questo non avevo dubbi – dice Pino -. Come Mancini, capiva al volo le cose in campo o le anticipava. Ebbene, in quell’annata io, da napoletano, passai delle giornate pessime: prendevo gol in ogni modo e da tutti, un disastro dopo l’altro». Allegri giocò sette partite, Pino di più. «Max è un ragazzo splendido – continua Taglialate­la -, un leader con la capacità di sdrammatiz­zare nei momenti opportuni come gli vedo fare oggi. In quei mesi difficili mi sentivo addosso il peso di tutto. Soffrivo, lo vivevo come un dramma personale. Un po’ somatizzav­o. Ebbene, Max vedeva questa cosa e mi dava serenità: non una ma più volte. Lo faceva a modo suo, anche sorridendo e ricordando­mi che i drammi della vita erano altri. Insomma, mi stette vicino alleggeren­domi una situazione comunque non bella. Io e lui ci sentiamo ancora, e che sia diventato quel che è, beh, non avevo mezzo dubbio».

L’AMICO AVVOCATO Qualche dubbio in più lo aveva, invece, l’avvocato Marcello de Luca Tamajo, allora team manager azzurro e ormai da anni al seguito della Nazionale, che di Allegri è diventato nel tempo un grandissim­o amico: «Non pensavo sarebbe diventato un allenatore di grido, me lo disse Galeone e debbo ammettere che aveva ragione. Con Max legammo molto perché diverso dal 99% dei calciatori, un uomo colto con il quale parlare di tutto e non solo di calcio. Soprattutt­o, una persona dotata di profonda umanità». Il rapporto si è ormai cementato: «Max è rimasto umile, il classico toscano allegro e amante del mare. Andiamo spesso insieme in barca, gli piacciono molto Capri e Positano ma purtroppo ci vediamo più a Milano o a Torino che da queste parti». Cena insieme, magari con il comune amico Mario Orfeo (il direttore generale della Rai è un altro napoletano legatissim­o ad Allegri) ma niente pizza come ai tempi del Sarago a piazza Sannazzaro. L’avvocato de Luca Tamajo ha però il cuore azzurro: «Tifo per il Napoli, ci mancherebb­e. Piuttosto, mi piacerebbe vedere Max alla guida dell’Italia: sarebbe un ottimo ct».

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CUOMO Massimilia­no Allegri ai tempi del Napoli, stagione 1997-98

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