Sarri l’idealista in tuta, Allegri il pratico in cravatta che lo punge «A lui non sto più dietro, mi crea caos» E’ il testa a testa degli opposti
Un idealista in tuta, un pratico in cravatta Anime allo specchio con l’obbligo del titolo
Napoli-Juve è partita matrioska, contiene dentro di sé la sfida delle panchine, Maurizio Sarri contro Massimiliano Allegri, faccia a faccia tra due allenatori diversi, divisi dalla stessa toscanità che dovrebbe accomunarli. Sarri è toscano di terra, della campagna tra Firenze e Arezzo, sebbene sia nato a Napoli perché il padre lavorava all’Italsider di Bagnoli. Allegri è toscano di mare, viene dagli scogli di Livorno. Di seguito, altre differenze.
CALCIATORI Sarri è stato calciatore dilettante, i provini giovanili per Torino e Fiorentina come unici momenti di gloria, poi anni di gregariato nella Figlinese. Era un difensore duro, lo chiamavano il Secco per via della magrezza. Col calcio arrotondava lo stipendio da consulente finanziario della galassia Montepaschi di Siena. Carriera agonistica spezzata da grave infortunio, un classico. Allegri è stato un grande numero dieci di provincia, tra Pescara, Cagliari e Perugia, e se non avesse sfondato come allenatore, oggi sarebbe celebrato con nostalgia in qualche libro o «articolessa» sullo spreco di talento. Quel che poteva essere e che non fu, si potrebbe dire di lui giocatore. Nel Napoli della grande depressione, alla fine dei Novanta, le uniche apparizioni in un grosso club. Lo avevano soprannominato Acciughina, in quanto magro. Il Secco e l’Acciuga: Sarri e Allegri uniti dai nomignoli.
GIOCO E GIOCATORI Sarri allenatore è venuto fuori dal mondo di sotto e con la sola forza della propria idea forte di calcio. Ci ha messo anni a costruire il suo gioco, ad affinarlo e imporlo. Stagioni di pane duro in Serie C, non esenti da esoneri. Sarri era considerato pazzo, visionario e velleitario, ma ha insistito e all’alba dei 55 anni, più o meno, ha salito l’ultimo gradino della scala di valori di Arbasino, è passato dallo status di «solito str…» a quello di «venerato maestro». Il suo bellissimo calcio è frutto di un’ossessione, quella dell’organizzazione curata al millimetro e di movimenti ripetuti all’infinito. Gli ossessionati stravolgono le regole e cambiano il campo in cui giocano, succede ovunque: in letteratura, in musica, nella pittura. Non ci può essere genio senza fissazione e tormento. Allegri, geniale da calciatore, come allenatore ha compiuto un percorso diverso. La sua gavetta è durata tanto di meno, è arrivato in Serie A a 41 anni, al Cagliari, ma di frodo, all’Udinese, aveva già assaggiato la A due stagioni prima, neppure quarantenne. Allegri non aveva ossessioni e ha sempre messo sullo stesso piano gioco e giocatori, organizzazione e tecnica. È stato (è) più duttile, più fluido, meno integralista.
MAESTRI Sarri e Sacchi: anche i cognomi suonano simili, bisillabi e con poche consonanti di differenza. «Per me il paragone con Sacchi è un insulto ad Arrigo — ha detto l’allenatore del Napoli — Lui ha vinto tanto, io niente. La sua è stata un’innovazione totale, la mia parziale». Rispetto, deferenza ai confini dell’imbarazzo. Sacchi, nei suoi editoriali sulla Gazzetta, non perde occasione per elogiare Sarri. Si avverte la stima profonda del maestro verso il migliore degli allievi. Tutto giusto e ragionevole, il sarrismo rappresenta l’evoluzione del sacchismo, che a sua volta discendeva dal calcio totale dell’Olanda e dell’Ajax. Filiera chiara, riconoscibile. Allegri ha avuto come maestro Giovanni Galeone, che è stato un Sacchi scapestrato, anarco-individualista, refrattario a qualunque dogma. Il calcio di Galeone, per quanto
organizzato, lasciava margini all’iniziativa individuale e non si curava troppo della linea difensiva. Allegri, col suo maxismo, movimento politico-calcistico da contrapporre al sarrismo, ha preso il meglio di Galeone, l’ha riadattato alle esigenze di oggi, gli ha dato struttura, e ha tenuto dritta la barra della tecnica, dei piedi che devono essere buoni.
COMUNICAZIONE Quella di Sarri è ruvida, farcita di parolacce in omaggio al suo scrittore preferito, il «maledetto» Charles Bukowski. Sui social le conferenze stampa sarriane esaltano le masse, convinte che il parlare chiaro e sboccato sia sinonimo di sincerità e genuinità, e pazienza se a volte si ha l’impressione che certe domande siano state concordate con l’interlocutore di turno, per dare modo a Sarri di colpire. La comunicazione di Allegri è ammiccante, meno diretta, procede per battute o allusioni. Ieri Allegri è entrato in polemica a modo suo, con disincanto: «A Sarri non sto più dietro: una volta è il campo, un’altra la settimana di riposo in meno (il riferimento è alle tipiche lamentele del tecnico del Napoli, ndr). Credo che la sua sia una strategia per crearmi confusione». Sfumare, togliere importanza. Sarri attacca per vie frontali, Allegri sfugge sulle fasce laterali. l’uomo in tuta: «Se andassi in campo con giacca e cravatta, mi sentirei fuori luogo». La tuta e poi il pacchetto di sigarette, appoggiato sul tetto della panchina o in qualche anfratto. Allegri veste alla moda, con abiti di gran taglio. Mai un colore fuori posto o un abbinamento sbagliato. Tende però a maltrattare i cappotti. Se le cose non vanno, se li sfila, li appallottola e li scaglia. Sarri rispetta la tuta.
DONNE Della moglie di Sarri si sa poco. Si chiama Marina, è imprenditrice nel ramo abbigliamento a Empoli. Un’unione vecchio stampo, di quelle che durano tutta la vita. Nella narrazione sarriana non esiste il capitolo donne, come se l’allenatore del Napoli non pensasse altro che al calcio: il lider
maximo di una rivoluzione non può essere distratto da questioni di cuore. Da cose di cameriere, direbbe l’Avvocato Agnelli. Allegri all’opposto ha un curriculum sentimentale denso. Da giovane ha fatto quel che molti, in preda al panico prenuziale, non osano fare, anche se lo vorrebbero: ha mandato a monte il matrimonio un giorno prima della cerimonia. Ha poi avuto due figli da signore diverse, è stato (è) sensibile al fascino delle donne di spettacolo: la storia con un’ex modella di Playboy, l’attuale relazione con Ambra Angiolini, attrice. Sarri il fedele, Allegri l’inquieto.
BERLUSCONI Inverno 2015, Sarri con l’Empoli impartisce una lezione di gioco al Milan di Pippo Inzaghi. Molti rievocano il lontano MilanParma di Coppa Italia che fece scattare la scintilla di Berlusconi per Sacchi e fanno bene, perché Galliani e Sarri si parlano. C’è chi favoleggia di un incontro con Berlusconi e delle sue perplessità. Perché viene bocciato Sarri? Non si sa di preciso. Qualcuno la butta in politica e spiega che Berlusconi lo ha scomunicato perché «comunista». L’affare non si fa. Il mancato feeling con Berlusconi è il vero punto di contatto tra gli allenatori di Napoli e Juve. All’Allegri milanista non è bastato vincere lo scudetto: «No el
capisse un c...», sentenziò un giorno il Cavaliere, in slang lombardo-veneto.
MASSIMILIANO ALLEGRI SU MAURIZIO SARRI A Sarri non sto più dietro: una volta il campo, un’altra la settimana di riposo in meno... Credo che la sua sia una strategia per crearmi confusione Sarri ha avuto Sacchi come punto di riferimento, Allegri è cresciuto alla bottega artigiana di Galeone
1Dalla comunicazione alle donne, dalla filosofia di gioco al passato da giocatori, i tecnici di Napoli e Juve agli antipodi Hanno una cosa in comune, pare: non piacciono a Berlusconi