La Gazzetta dello Sport

Due città allo specchio

Napoli e Torino tra genio e bellezza

- di FILIPPO CONTICELLO E GIANLUCA MONTI

Napoli è un arabesco, una linea curva che sfugge alla geometria: Sarri prova a ingabbiarl­a dentro a delle rette, a schemi mandati a memoria. Ma poi lo scugnizzo Lorenzo inventa una curva e la città esplode di vita. Torino è come la Juve, la squadra che proietta la sua immagine nel mondo, che fa proseliti in ogni borgo di questo paese: la città dei bianconeri è un punto fermo. Rigorosa e lucida: la vittoria è un obbligo e Allegri lo sa, punto e basta. Belle entrambe, belle di una bellezza diversa che risalta quando le metti allo specchio: ovunque trovi perle inattese. Nella cultura, nei simboli e perfino nel dialetto denso di saggezza. Per non parlare dei piedi: per ogni destro di Mertens, ecco un sinistro di Dybala.

BASTA PREGIUDIZI Troppo facile accostare la guglia affusolata della mole Antonellia­na alla possenza del Maschio Angioino, dominatore del Golfo di Napoli. E all’ora di pranzo, poi, è sempre un trionfo: pizze fumanti e friarielli in padella da un lato; dall’altro funghi, carciofi e cacciagion­i. Si può pranzare con il vitello tonnato caro al Piemonte, poi il sapore salato si scioglie nel dolce di una sfogliatel­la campana. Ma meglio essere preparati a certe sorprese a tavola: non esiste caffè all’infuori di Napoli, ma il primo espresso è pur sempre sabaudo. E se il Piemonte professa il culto della nocciola, neanche quelle campane sono poi così male. Hanno farcito il primo, storico wafer austriaco: sì, l’algida Vienna è incredibil­mente vicina al calore del Vesuvio. Incroci impossibil­i solo per chi vive di pregiudizi: uno slovacco di poche parole, ad esempio, può trovare il proprio posto nel mondo nel frastuono di Napoli.

CACCIA AL MISTERO Le due città si giocano lo scudetto, ma negli anni hanno gareggiato per molto altro: ad esempio, chi è arrivato prima al progresso, il regno dello Due Sicilie o quello dei Savoia? Ha cambiato più la storia del costume italiano il volto scavato del principe De Curtis o il sorrisone scanzonato di Erminio Macario? Di certo, i turisti non fanno tanta differenza, popolano i vicoli di Napoli e i portici di Torino: prenotano le visite per il museo della Sindone e perdono il fiato di fronte al Cristo Velato. I più coraggiosi cercherann­o anche qualcosa di più, i simboli esoterici di due popoli misteriosi. Mutevoli. E in continua evoluzione: un tempo per i piemontesi il meridional­e si chiamava solo «Napuli» e aveva un che di razzista. Adesso, al netto di qualche idiota allo stadio, le città allo specchio ci ridono su.

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