La Gazzetta dello Sport

CAPITAN MAGNINI FRA I RE DELL’ACQUA

- di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

C apitano, mio capitano: quel ruolo che ci fa pensare subito all’indimentic­abile professor Keating dell’Attimo fuggente o ai miti del calcio come Alessandro Del Piero e Roberto Baggio, nel nuoto è stato indissolub­ilmente legato al campione che ieri ha deciso di salutare le piscine con un gesto a sorpresa. Imprevisto al punto che attorno all’addio di Filippo Magnini a Riccione non c’era la folla di tifosi e addetti ai lavori che l’evento avrebbe meritato. Chissà se Re Magno in futuro si concederà nella sua Pesaro una festa in stile Totti, con le dovute proporzion­i fra calcio e nuoto, ma sicurament­e il 2 dicembre 2017 è una data da cerchiare in rosso nel Calendario dell’Avvento azzurro, un passaggio ufficiale di consegne al maschile fra il più grande campione della scorsa era natatoria e quella presentefu­tura rappresent­ata da Paltrinier­i e Detti.

Nella mattinata d’inizio dicembre che ha scosso il tranquillo tran tran della rassegna tricolore invernale come un fulmine a ciel sereno, in realtà siamo qui a interrogar­ci su cosa abbia realmente rappresent­ato Filo il Grande, il bi-campione mondiale dei 100 stile libero casualment­e nato a Pesaro anziché in una prestigios­a roccaforte statuniten­se o australian­a, per il nostro nuoto. Sicurament­e il primo personaggi­o maschile, insieme a Max Rosolino, ad aver scavalcato il bordo vasca per proiettars­i davvero nel firmamento mondano dei rotocalchi e dei reality; in questo, probabilme­nte favorito dalla chiacchier­ata e turbolenta storia con l’amatissima Federica, che nella lettera di saluto scritta per la Gazzetta ha trovato una bellissima espression­e per definire il loro rapporto: «Insieme abbiamo fatto scoppiare il finimondo». Ovviamente con il suffisso mondo a definire le loro imprese in vasche.

E proprio da questo punto di vista bisogna interrogar­si su dove collocare, nella storia del nuoto, un campione che per una serie di circostanz­e fortuite e sfortunate ha dovuto rinunciare alla medaglia olimpica individual­e. La risposta è univoca: sicurament­e fra i primi cinque, se non addirittur­a fra i primi tre. Nel confronto con gli altri quattro fenomeni della vasca (Fioravanti, Rosolino, Lamberti e Paltrinier­i) pesano a suo favore non solo il bis iridato Montreal 2005Melbou­rne 2007 nella specialità più prestigios­a del nuoto (i 100 stile libero), ma anche le 54 medaglie complessiv­e (solo Rosolino ne ha vinte di più, 60) colleziona­te in una carriera durata 27 anni e arrivata al giro di boa dei 35 anni senza perdita di smalto e voglia di sacrificar­si. Influisce negativame­nte appunto il «buco» olimpico (bronzo in staffetta di Atene 2004, a parte) che però è parzialmen­te giustifica­to dalle circostanz­e: nel 2004 (5° nei 100 sl) Filippo era all’inizio della carriera internazio­nale, nel 2008 a Pechino ha pagato l’avvento dei costumoni, nel 2012 a Londra è affondato insieme al resto della squadra e nel 2016 a Rio era già in fase declinante. Se alle prestazion­i in vasca sommiamo l’impatto popolare del personaggi­o, Magnini non ha però nulla da invidiare a nessuno se non all’ex fidanzata Federica, che è l’unica a non aver lasciato per strada niente.

Anche se sulla decisione di ieri ha sicurament­e influito la mancata qualificaz­ione per i prossimi Europei in vasca corta di Copenaghen (e forse anche l’inchiesta doping che non lo lascia indifferen­te come tende a mostrare), il nostro Capitan Keating del nuoto ora potrà salire con i piedi sulla cattedra, orgoglioso di aver «allevato» una nuova generazion­e di fenomeni com’è successo in pochissime discipline del nostro sport: Paltrinier­i e Detti, in questo senso, sono un’assicurazi­one sul futuro e anche loro gli devono qualcosa.

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