La Gazzetta dello Sport

Gattuso ci cova «Un Milan diverso» Kalinic c’è, Biglia no

Gattuso esordisce a Benevento: «Ho metodi e idee di calcio differenti da lui. Ho trovato poca intensità, dobbiamo giocare come se ci fosse la Champions a bordocampo»

- Marco Pasotto INVIATO A MILANELLO (VA)

Lo sforzo di fantasia è notevole: in meno di una settimana si è passati dalla richiesta di immaginare la finale del Mondiale a quella di Champions. Il problema magari è riuscire a collocare idealmente la coppa a bordocampo sul prato del Vigorito, come ha chiesto ieri Gattuso ai suoi giocatori. Ovviamente è il concetto che conta, e siccome il miglior pregio di un maestro che entra in una nuova classe è farsi capire nel modo più chiaro e veloce, non bisogna stare troppo sul letterale: prima i giocatori entreranno nel mondo di Rino, prima la squadra assumerà la fisionomia che vuole il neo allenatore. Molto semplice, sulla carta. Un po’ più complesso da mettere in pratica e infatti Gattuso, offrendo un tratto di sé molto umano e schietto, ieri ha ammesso: «Mi sento a mio agio, dal primo momento in cui ho preso in mano questo gruppo non ho avuto alcuna difficoltà. Non ho timore di esordire in A, né di farlo guidando una squadra come il Milan. La mia unica paura riguarda la gestione del gruppo. Più passano i giorni e più mi rendo conto che la cosa più difficile è far capire che c’è bisogno di tutti. Qui ci sono calciatori importanti e vogliono giocare tutti. Ecco la mia più grande preoccupaz­ione: riuscire a coinvolger­e tutti gli elementi del gruppo».

OBIETTIVI Un concetto che si rifà perfettame­nte a quelli espressi il giorno della presentazi­one: formare un blocco unico, compreso chi gravita intorno alla squadra. Tutte persone con cui Gattuso ha parlato in settimana, perché è lavoro anche quello. Per il resto, è sempre il solito Rino. Tolti i primi dieci minuti un po’ impacciati di martedì scorso, è difficile cogliere qualche segnale di tensione particolar­e. Chi gli è stato accanto in questi giorni a Milanello racconta ciò che ci si aspettava già: una persona adrenalini­ca, con una soglia dell’attenzione altissima, che non vede l’ora di arrivare al giorno della partita. E in fondo è stato tutto normale anche alla partenza della squadra ieri pomeriggio a Malpensa, dove è stato lui il più acclamato. Ma sarebbe stata una notizia se fosse successo il contrario. Nonostante molti tifosi lo considerin­o un contrattis­ta a termine, la sua figura accende riconoscen­za, entusiasmo e speranza, e probabilme­nte viene percepita in modo rassicuran­te in un Milan stravolto nella storia dal cambio di proprietà e dal mercato estivo. Lui, peraltro, ha ripetuto di non avere alcuna intenzione di fare la comparsa: «Se ho scelto di fare questo mestiere, è per puntare in alto. E ammetto che il mio obiettivo, quando ho iniziato, era questa panchina. Ecco, magari non pensavo di arrivarci in quattro anni. Spero di fare un buon lavoro, che arrivino i risultati, e spero di durare a lungo...».

DIVERSI Per farlo si affiderà ovviamente alla propria idea di pallone, chiarita con più vigore rispetto a martedì: «La mia metodologi­a è del tutto diversa da quella di Montella». Gattuso non intende fare polemica, perché quando racconta che il rapporto con Vincenzo era ottimale dice la verità. Ma adesso vuole, comprensib­ilmente, che il Milan sia riconosciu­to e riconoscib­ile come suo. «Sono diverso da Montella nei concetti di gioco. Va benissimo avviare l’azione dal basso e usare il palleggio, ma ovvio che poi occorre fare qualcosa di diverso. Verticaliz­zare di più. E sono diverso da lui anche come intensità. In questi primi giorni un po’ di difficoltà in effetti l’ho toccata, ma non perché prima lavorasser­o poco: sempliceme­nte, ripeto, io ho un altro metodo. Comunque come intensità devono migliorare». Va detto che il calendario dà una grossa mano ai primi passi di Rino (confortato anche dagli esordi dei neo tecnici rossoneri, da Ancelotti in poi: solo vittorie per Carletto, Leonardo, Allegri, Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi e Montella). Esistono debutti peggiori rispetto alle ultime in classifica in campionato e in Europa, ma ovvia- mente quando cambia il timoniere esistono diverse incognite. «Sarà una battaglia. Loro con De Zerbi, col quale mi ero già chiarito e rappacific­ato tempo fa, sono una squadra viva e pericolosa. Ho addosso tensione perché siamo noi quelli che hanno tutto da perdere. Dobbiamo chiudere gli occhi e pensare che a bordocampo c’è la Champions League, non possiamo permetterc­i di sbagliare. Quello che sto dicendo a voi è esattament­e ciò che ho detto alla squadra». Nessun dubbio.

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