La Gazzetta dello Sport

SPALLETTI CRESCE A MAX SERVE DYBALA

- di LUIGI GARLANDO email: lgarlando@rcs.it

L’Inter finisce in piedi all’Allianz Stadium e conserva la corona. Nel senso che rimane l’unica squadra imbattuta del campionato, si tiene dietro la Juve a -2 e si è addormenta­ta in testa alla classifica. Oggi il Napoli, battendo la Fiorentina, ha l’occasione di ripassare al comando, ma non sarà questo eventuale sorpasso a togliere il sorriso a Spalletti. Perché è vero che l’Inter ieri non ha mai tirato in porta e che, per una buona parte della ripresa, ha sofferto all’angolo con la faccia dietro ai guantoni, con la tenacia di Vito Antuofermo nel primo match contro Hagler, ma è anche vero che lo 0-0 di Torino non può essere ridotto a una resistenza passiva e fa bene il tecnico nerazzurro a considerar­lo una vittoria. Per una serie di ragioni.

Prima: Roma, Napoli, Juve. L’Inter ha scollinato i tre peggiori gran premi della montagna senza forare. Al ritorno le tre grandi saranno di passaggio a San Siro, magari intossicat­e dalle coppe, come all’Inter non accadrà. Seconda: Spalletti ha ricostruit­o una squadra depressa educandola prima di tutto a sopravvive­re. Fino allo scorso anno, l’Inter si squagliava alla prima sofferenza. Ieri ha dimostrato di poter sopravvive­re perfino a una Juve che da 44 partite consecutiv­e segnava almeno un gol. Record storico. Quasi una certificaz­ione antisismic­a: l’Inter resiste alle scosse più terribili. Impensabil­e fino a pochi mesi fa. Terza ragione: dopo averle insegnato a sopravvive­re nei primi mesi, ora Spalletti sta insegnando all’Inter a vivere. Ad agire, non soltanto a reagire. Nell’allegro 5-0 al Chievo ha dimostrato di essere a buon punto. Ma il primo tempo di ieri non è stato meno indicativo. Raramente la Juve ha concesso palla e campo nel suo salotto come ha fatto ieri a Borja e compagni. Raramente l’Inter ha palleggiat­o con tanta serenità e sicurezza sul campo dei campioni d’Italia. Se ha ottenuto poco dal possesso e non ha mai raggiunto Icardi è perché Candreva e Perisic hanno sincronizz­ato la notte peggiore della loro stagione. Nell'appuntamen­to più importante il punto di forza della squadra (gli esterni offensivi) è diventato il punto critico. Eppure, nonostante questo, senza avere la possibilit­à di pescare in panca Dybala o Douglas Costa, l’Inter ha chiuso in piedi. La tiratina d’orecchie di Spalletti a fine match («Ci siamo accontenta­ti») è una lezione in più ai suoi: vivere non sopravvive­re, appunto. L’Inter è ancora in formazione. Lo 0-0 dello Stadium le irrobustir­à le ossa.

Allegri ha cambiato abitudini ai fornelli. Prima usava abbrustoli­re gli avversari con una fiammata, ora si diverte a rosolarli. Concede il possesso agli avversari, controlla senza soffrire, poi aumenta la pressione contando su una fisicità e su una ricchezza di panca che nessuno può permetters­i. Gli era andata bene con il Napoli, sembrava che la rosolata stesse pagando anche ieri. Invece no. Ma c’è da chiedersi: una squadra che vanta una simile ricchezza tecnica, deve aspettare tanto per strozzare la partita? Perché non spendere prima la qualità di Dybala e Douglas Costa? La Juve, che da anni insegue la sua piena felicità in Europa dove pagano coraggio offensivo e qualità di gioco, fa bene a retroceder­e a un calcio di muscoli e attese? L’ottimo Allegri - l’abbiamo già detto - aziona la panchina come il domatore gli sgabelli per ottenere ciò che vuole dai suoi leoni. Ma il numero ha i suoi rischi. Oggi Dybala è un leone triste, l’ha dimostrato anche ieri entrando in modo dimesso. Per la Juve recuperare la sua Joya al più presto è di vitale importanza. Conta molto di più dei due punti persi. Pjanic è uscito con la faccia scura di un temporale. Allegri cambia spesso assetto e protagonis­ti per guadagnare imprevedib­ilità e dettare quegli stimoli feroci che, dopo 6 stagioni di successi, non sono più automatici. Da questi complicati equilibris­mi dipenderà la felicità dei campioni.

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