Contador «Ho chiuso come sognavo Il Giro resta la corsa più bella»
Il ciclista spagnolo, che si è ritirato dopo l’ultima Vuelta, premiato per la carriera sempre all’attacco: «Non conta solo vincere, ma anche come lo si fa»
Da ieri sera Alberto Contador è anche formalmente una leggenda, titolo che il popolo del ciclismo gli aveva conferito idealmente da tempo e di cui la Gazzetta lo ha insignito nel Gala degli Sports Awards. Una vita tutta all’attacco quella dello spagnolo, sempre sui pedali, alla ricerca non solo di traguardi e record, ma anche di spettacolo, che nel ciclismo moderno pochi sanno regalare. «Ringrazio la Gazzetta per questo premio che mi onora — il commento del campione madrileno — perché viene da un giornale che ha raccontato le mie vittorie, le mie sconfitte, e ha permesso agli appassionati di seguirmi ed emozionarsi per tanti anni».
CAMPEON Due Giri d’Italia, due Tour de France, tre Vuelta a España ne fanno il più forte corridore da gare a tappe della sua generazione, tra i più grandi di sempre. La sua ultima vittoria, il 9 settembre sull’Alto de l’Angliru, è stata una sorta di testamento per Alberto, che per tre settimane aveva cercato un modo di congedarsi degno della sua statura, senza tuttavia trovare il guizzo vincente. Fino a quel pomeriggio di tre mesi fa, sulle rampe micidiali della più dura salita di Spagna, dove El Pistolero ha sparato l’ultimo colpo e centrato l’ultimo bersaglio rimasto alla maniera dei grandi, in un giorno senza domani. Gli occhi tornano lucidi anche oggi quando ripensa a quella tappa. «Un giorno indimenticabile. Scesi dal bus e mi dissi che era la mia ultima possibilità: dovevo vincere. Esserci riuscito è incredibile. Una vittoria che vale più di altre mie più celebrate perché mi è riuscito di chiudere come volevo. E perché credo che, oltre ai successi, conti anche come si ottengono».
NUOVO CICLISMO «Lascio un ciclismo troppo tecnologico» ha detto più volte dopo il ritiro. «Io vieterei l’uso dei misuratori di potenza in gara, strumento utile per allenarsi, ma che in corsa può condizionare i corridori, inducendoli a non superare certe soglie» spiega. Non è favorevole alla probabile messa al bando delle comunicazioni radio in corsa: «Le radio — dice — sono fondamentali per la sicurezza. Piuttosto introdurrei un tetto salariale per le squadre, per impedire a delle vere e proprie corazzate di addormentare il Giro o il Tour» replica il fuoriclasse di Pinto.
AMATO GIRO A lui, nel 2008, riuscì la doppietta Giro-Vuelta, mentre Froome nel 2018 andrà alla caccia dell’accoppiata più nobile GiroTour. «Penso che Chris ce la possa fare, il percorso del Giro gli si addice. A parte lo Zoncolan, sono tutte salite adatte a lui e con l’aiuto di una squadra forte potrà evitare di spremersi, conservando energie per il Tour. Quale corsa mi sarebbe piaciuto disputare? Il Giro che parte da Israele e ha 9 arrivi in salita. E poi ho sempre detto e lo ripeto: per me il Giro è la corsa più bella che c’è». Il ciclismo non gli manca. «Ho sempre continuato ad allenarmi» racconta Alberto, che oggi segue con Ivan Basso la sua squadra di giovani PolartecKometa e si occupa della fondazione che porta il suo nome. «Non è salutare smettere del tutto, anche se negli ultimi giorni con l’operazione alla mano (per una lesione che aveva da un anno al tendine del polso destro, ndr) e i molti viaggi non mi è stato possibile farlo. Ma di sicuro c’è una cosa che non mi manca, ovvero allenarmi anche con il freddo e la pioggia che avrei trovato in questi giorni». Sul palco ha speso infine qualche parola per Michele Scarponi: «Una persona speciale, non è un caso che tutti lo ricordino e ne parlino con affetto».