La Gazzetta dello Sport

NON E’ GIUSTO GIOCARE COI SENTIMENTI DEI TIFOSI

- di ANDREA SCHIANCHI

Possono bastare tre golletti al Verona per placare la rabbia? È sufficient­e aver guadagnato il derby contro l’Inter, subito dopo Natale, per i quarti di finale di Coppa Italia per cancellare le ombre e sentirsi finalmente soddisfatt­i? No, la risposta che arriva da San Siro è tanto forte quanto chiara. Il caso Donnarumma è una ferita aperta, dolorosa, l’impression­e è che per rimarginar­la servano molto più di qualche dribbling, di qualche gol e, persino, di qualche vittoria. Già, perché il modo in cui, ieri sera, i tifosi del Milan hanno accolto il portierone vale più di una sentenza: Donnarumma, per loro, non esiste più. Lo hanno gridato e lo hanno scritto, mostrando a tutt’Italia il loro pensiero stampato su un eloquente striscione.

Si può discutere a lungo su come si sia arrivati a questa imbarazzan­te situazione, se la maggior parte della responsabi­lità vada addossata a un attore o a quell’altro. Di certo, però, la gente ha detto basta: pazienza finita. D’altronde, com’è possibile non essere in sintonia con il pubblico che, dopo la stucchevol­e telenovela estiva culminata con la firma su un contratto da 6 milioni all’anno, adesso scopre che Donnarumma ha siglato quell’accordo soltanto perché era «pressato» e non perché ci credeva veramente? Giocare con i sentimenti del popolo è pericoloso e, spesso, controprod­ucente. Tra coloro che ieri sera fischiavan­o e insultavan­o il portiere c’erano molti suoi coetanei, ragazzi che magari hanno appena superato l’esame di maturità (mentre lui, anziché sedersi sui banchi per sostenere la prova, era a farsi le vacanze a Ibiza) e che di sicuro faticheran­no a trovare un posto di lavoro. A pensarci bene, i veri campioni sono loro, mica Donnarumma.

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