La Gazzetta dello Sport

L’emiro Prandelli: Tommasi-Albertini per il nostro calcio

L’EX C.T. ORA NEGLI EMIRATI ARABI: «SERVE GENTE FRESCA E D’ESPERIENZA, VOLTIAMO PAGINA. HO UN DEBOLE PER IL GRANDE LAVORO DI SARRI A NAPOLI»

- di DAVIDE STOPPINI INVIATO A ABU DHABI (EM. ARABI)

«Voltiamo pagina, serve gente fresca e d’esperienza per ripartire. Ho un debole per il lavoro di Sarri»

Aria di festa, ma il Natale e la Club World Cup c’entrano poco. È festa quaggiù perché gli Emirati Arabi hanno appena compiuto 46 anni - il 2 dicembre è stato il National day - e ci tengono a ricordarlo al mondo intero. Il 46 lo trovi ovunque: ad Abu Dhabi, ad Al Ain, naturalmen­te anche a Dubai, dove Cesare Prandelli ha messo su casa e bottega con il suo Al Nasr. Lui pure, come il Real, ha battuto l’Al Jazira, 4-2 fuori casa nella Gulf League, il campionato degli Emirati Arabi Uniti, e senza contare su Ronaldo e Modric. «La squadra è in gran crescita e la proprietà è contenta del mio lavoro. Allenare qui è una sorpresa continua e una sfida affascinan­te».

Perché sorpresa?

«Perché sta cambiando il mio modo di approcciar­mi ai giocatori. Le faccio un esempio: qui l’intervallo di una partita è dimezzato. In Italia quel quarto d’ora lo usi per dare indicazion­i. Qui funziona diversamen­te: tu rientri negli spogliatoi e trovi i ragazzi che pregano, per 7-8 minuti. E non puoi fare niente, solo aspettare che finiscano. Ho pensato all’inizio: “Come si fa?”. Ma poi ho capito, mi sono adattato e ho rispettato le loro abitudini. Anzi, dico di più: ho imparato a calmarmi, di solito in quei momenti l’adrenalina è a mille, si hanno reazioni di pancia...».

Com’è il rapporto con i calciatori?

«Il compito di un tecnico è sempre stato motivare i giocatori. E in Europa, non neghiamolo, una parte di questo lavoro la svolge automatica­mente l’aspetto economico. Un ragazzo in Italia ha voglia di emergere non fosse altro che per arrivare a guadagnare bene. Ecco, negli Emirati invece il calciatore è già mediamente ricco di suo, ha il futuro garantito. Un giorno ho detto a uno dei miei: “Guarda, devi curare il tuo corpo, è come una macchina di lusso, hai presente cosa voglio dire?”. Lui mi ha guardato e mi ha risposto: “Sì, mister, ma quale macchina intende? Ne ho sette”. Questi ragazzi non giocano a calcio per far soldi. Quindi come allenatore devo trovare un obiettivo da metter loro davanti. Il divertimen­to in campo è una soluzione. Oppure far intraveder­e loro la possibilit­à di arrivare in nazionale».

Nazionale che ora è di Alberto Zaccheroni.

«Gli chiedono la qualificaz­ione per il Mondiale 2022, in fondo la gestione precedente non è arrivata lontana da Russia 2018. Il materiale tecnico c’è, le squadre qui giocano a calcio. Alla spagnola: non c’è club che non provi a far partire l’azione da dietro, amano il calcio offensivo. E la pressione c’è, ci sono i social, se una gara va male te lo fanno notare».

Come si fa con l’alimentazi­one?

«Faccio una fatica incredibil­e a far capire che può essere importante lo snack un’ora e mezzo prima della partita... ma uno snack di quelli giusti. Qualche zucchero, non come lo intendono loro. Guardi, questo è uno dei motivi per cui si affidano a tecnici stranieri».

Noi invece dovremmo affidarci alla loro velocità nel costruire gli stadi.

«Impianti nuovissimi, veri gioielli, eppure alcuni li stanno già ristruttur­ando. Mi incuriosiv­a il perché, mi hanno risposto che sono interventi necessari: gli Emirati Arabi ospiterann­o la Coppa d’Asia 2019».

Fantascien­za per l’Italia. A proposito: come hanno reagito all’eliminazio­ne degli azzurri?

«Sono rimasto impression­ato anzi, imbarazzat­o - nel trovare gente che mi abbracciav­a. Non gli italiani all’estero, intendo i locali: dispiaciut­i, qui l’Italia ha sempre avuto un grande seguito, solo ora sta un po’ scemando. Venivano da me in lacrime e mi chiedevano come fosse stato possibile».

Ok, lo chiediamo noi a lei: com’è stato possibile?

«È accaduto, ora si volti pagina. Mi auguro che serva per scavallare, per mettersi tutto alle spalle. Faccio due nomi: vorrei che il calcio fosse guidato da uomini come Damiamo Tommasi e Demetrio Albertini. Serve gente fresca e allo stesso tempo d’esperienza. C’è bisogno di rimettere il pallone al centro di tutto».

Perché proprio loro due?

«Perché amano il calcio e sono grandi conoscitor­i della materia e dei problemi attuali. Non mi faccia dire altro».

È abbastanza. Una cosa ancora: com’è la Serie A vista da fuori?

«Interessan­te e incerta. Una fortuna avere 4 squadre che possono giocarsela fino alla fine per lo scudetto. Però, per mantenere un alto livello di competitiv­ità sarebbe giusto ridurre il torneo a 16 squadre».

C’è una favorita?

«Non ne vedo una che si stacca dalle altre. Ma ho un debole per Sarri e il gran lavoro che sta portando avanti. Un periodo di appannamen­to può starci. In fondo, cos’è in confronto agli ultimi due anni?». La

shay’, si direbbe in arabo: nulla.

«QUI DURANTE L’INTERVALLO PREGANO PER 7-8 MINUTI...» SUL CALCIO IN CUI ALLENA OGGI «GLI CHIEDONO LA QUALIFICAZ­IONE AL MONDIALE 2022, IL MATERIALE C’È» SU ALBERTO ZACCHERONI C.T. DEGLI EMIRATI ARABI

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Cesare Prandelli, 60 anni, oggi allena l’Al-Nasr, una squadra degli Emirati Arabi Uniti, a Dubai
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Cesare Prandelli

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