La Gazzetta dello Sport

Silenzio, c’è Svindal Discesa spettacolo nella sua Val Gardena

Dai 14.000: «Ho male a un ginocchio, non mi alleno ma a 35 anni l’esperienza conta». L’Italia si riscatta

- Marisa Poli INVIATA IN VAL GARDENA (BZ)

La discesa perfetta è il minuto e 57 secondi netti con Aksel Svindal in pista all’ombra del Sasso Lungo. È il silenzio calato nel parterre quando il norvegese affronta l’ultimo salto e taglia il traguardo con 1”34 di vantaggio sul tedesco Dressen, fino a quel momento leader di una classifica strettissi­ma nei centesimi. È l’applauso al padrone della Saslong, all’uomo che torna sempre, dopo ogni infortunio, e sempre là davanti. Parola di Aamodt, uno dei capofamigl­ia della stirpe vincente norvegese: «Che brividi mentre scendeva».

SPETTACOLO Il sesto successo di Svindal in Val Gardena, il secondo in discesa, premia i 50 anni di una classiciss­ima della Coppa del Mondo e i 14 mila spettatori con una delle più belle gare degli ultimi anni. Emozionant­e, perché il compagno di squadra Kjetil Jansrud ci ha provato fino all’ultimo a rovinare la festa all’amico per la pelle. Perché gli innesti tra i migliori sono continuati ben oltre i campioni del primo gruppo, con gli acuti del giovane svizzero Gilles Roulin (segnatevi questo nome, ha numeri e testa da fenomeno). Perché l’Italia c’è, con la resurrezio­ne di Christof Innerhofer e Dominik Paris, irriconosc­ibili, in meglio, rispetto alla triste prova del superG di venerdì.

SVINDAL Dice Svindal di non essere stato perfetto, «il secondo dosso del Ciaslat non è andato come avevo pianificat­o». Di essere arrivato con qualche timore all’ultimo salto, quello sul traguardo: «Perché già in prova avevo evitato di farlo, per salvaguard­are il ginocchio, e anche in gara l’obiettivo era di stare il meno possibile in aria». Che i 44/100 accumulati su Jansrud dall’ultimo intermedio fino al traguardo (in poco più di 20”) sono merito del lavoro del suo skiman Stefan Berthold: «Mi ha fornito sci velocissim­i». Intanto la favola del campione che non si arrende continua. La sua 34° vittoria in coppa del Mondo, la seconda in questa stagione dopo Beaver Creek, è un regalo. «Non sono uscito bene dalla trasferta americana, mi sono dovuto fermare, il ginocchio faceva male e prima del superG ho preso un antidolori­fico, niente di pesante. L’ho fatto anche per la discesa, perché non mi va di andare al cancellett­o col dolore, pure se non è tremendo non ti lascia libero di attaccare fino in fondo». Non si può allenare come prima, «so di non essere un buon esempio per i giovani, ma devo fare i conti con le mie condizioni. E a 35 anni in discesa conta tanto l’esperienza». E Aamodt, ora commentato­re della tv norvegese, spera «che Jansrud e Svindal continuino almeno per un paio di stagioni, hanno 54 successi in due, sono sempre lì. Portano avanti la filosofia che abbiamo imparato da Furuseth: Quando ti svegli, sorridi e comincia a lavorare».

POTENZE Svindal dall’angolo del vincitore ha visto sfilare i migliori, fallire l’attacco di Jansrud, avvicendar­si sul terzo gradino del podio tanti nomi, da Paris fino all’austriaco Franz, l’unico a restare sotto il secondo (a 85/100). Il resto della gara ha confermato i progressi della Svizzera (3 nei 10, oltre al 23enne Roulin quarto, ci sono Feuz ottavo e Caviezel 10°), la stabilità dei tedeschi, con Schmid 16° alla prima gara di Coppa.

RIECCOLI Stavolta l’Italia c’è e su una pista così indigesta è un inno all’ottimismo. Al netto dell’ennesimo contrattem­po capitato a Peter Fill sulla pista dietro casa, la discesa rilancia Christof Innerhofer, a pezzi dopo il superG, quinto 24 ore dopo. Inner sarà mai uno scivolator­e (ha accumulato oltre mezzo secondo di ritardo nel primo quarto di gara), ma su una neve così ghiacciata da bruciare le solette, al Ciaslat è stato uno dei più veloci: «In superG ho pensato troppo alle linee. Ho cercato di sciare con scioltezza dove si doveva scorrere, con aggressivi­tà quando c’erano curve da collegare. Ora arriva Bormio, vado volentieri, lì è cominciato tutto: i primi punti, la prima top ten, la prima vittoria…». Anche Paris parte con altre sensazioni. Il sesto posto (a 1”16 da Svindal, a 3 decimi dal podio) è frutto di una gara d’attacco e di un Ciaslat affrontato con poche sicurezze dopo i problemi in prova. «Nella testa ricordi quali sono le sensazioni buone — sorride Domme — e quando non le trovi sei un po’ più teso. Adesso in discesa va sempre meglio. E i materiali non c’entrano, dipende da chi guida». Nei 30 c’è spazio anche per Heel, 23° con il 57, per i giovani si rimanda alle prossime gare.

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Christof Innerhofer, 32 anni

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