«Pianigiani anchorman fissato col pick’n’ roll»
Marco Sodini è anche un allenatore di basket. Ma molto, molto di più. Alla vigilia del suo primo derby da capo allenatore, regala la perla settimanale. Stavolta tocca all’Inferno di Dante. Tradotto in verbo cestistico, «la partita che voglio giocare a Milano. Strada facendo, tra mille difficoltà, ci siamo conosciuti. Ora dobbiamo domandarci se vogliamo accontentarci di quello che ci rimane – il mondo senza gente descritto da Dante – oppure provare a combattere per noi stessi, per essere meglio di quello che siamo».
Coach Sodini, Dante Alighieri, perché?
«Ogni settimana c’è un tema diverso: abbiamo spaziato dalla meccanica quantistica alla psicologia analitica, Freud contro Jung, dalla chimica all’algebra, c’è sempre l’abitudine all’uso delle metafore».
Da dove nasce?
«Usare il pensiero trasversale serve a far ricordare qualcosa in più. Quando allenavo i bimbi piccoli invece di dirgli di stendere il polso gli dicevo di fare l’anatra. Ridevano, ma poi si ricordavano».
Che studi ha fatto?
«Mi mancano pochi esami per la laurea in ingegneria informatica ma sono un polifunzionale, mi piace imparare ogni forma di cultura».
Cosa legge?
«Il mio autore preferito era Umberto Eco, ma spazio anche su romanzi leggeri, sono un giallista, Ellery Queen, Agatha Christie, tutto quello che ha una logica. A volte mi intrattengo anche su Borges e libri di filosofia e psicologia».
L’amore per il basket?
«Arrivo da una famiglia di cestisti, mio padre nel 1971 a Viareggio giocava nella seconda lega nazionale, credo abbia ancora i ritagli della Gazzetta perché per tutto il girone d’andata fu capocannoniere».
Quale aspetto piace di più? dell’allenare le
«Amo risolvere i problemi, sono un creativo analitico, all’interno del campo ho sempre visto il basket come una forma di Sei stagioni da vice allenatore tra Virtus Bologna, Kiev, Milano e Cantù dove, quest’anno, subentra a Bolshakov come head coach