AGNELLI SORRIDE PENA GIÀ SCONTATA CHIUSA LA CURVA
Caso biglietti: accolto il ricorso del presidente bianconero, pena ridotta da 12 a meno di 3 mesi. Pesanti multe. Il procuratore non si arrende
Sabato sera Andrea Agnelli potrà serenamente infilarsi nel tunnel dell’Allianz e entrare negli spogliatoi durante la sfida-scudetto con la Roma. In realtà, da ieri, può fare tante altre cose, tutte quelle regolate dall’articolo 19 del codice di giustizia sportiva: dal rappresentare la società in attività rilevanti per l’ordinamento sportivo nazionale e internazionale al partecipare a qualsiasi attività di organi federali. Da ieri, infatti, ha esaurito la pena: è finita la sua inibizione per l’ormai celebre caso biglietti per decisione della Corte federale d’appello. Il collegio presieduto da Sergio Santoro – dopo lunghe riflessioni, dicono laceranti – ha deciso di accogliere parzialmente il ricorso bianconero e ridurre sensibilmente la condanna al presidente. Dai dodici mesi della prima sentenza, caduta il 25 settembre, alla decisione di chiudere la partita nella data di ieri: di fatto, Agnelli ha scontato una punizione di 84 giorni, nemmeno tre mesi, e da ieri gliene sono stati restituiti circa nove di «onorabilità» sportiva. Il peso della condanna è diventato quasi interamente pecuniario: l’ammenda per il presidente, infatti, si quintuplica, da 20 a 100 mila euro.
IL CLUB Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva dello Stadium sono state appurate dall’inchiesta Alto Piemonte della Procura di Torino e anche l’ultima relazione della Commissione Antimafia ha messo un triste punto fermo su questa realtà. Ma, nella stessa misura, è sempre stata esclusa nettamente la consapevolezza dei vertici bianconeri (mai indagati in sede di giustizia penale) della «mafiosità» degli ultràbagarini. Uno, Rocco Dominello, è il personaggio simbolo dell’inchiesta e ha preso sette anni e nove mesi per mafia a Torino. Il processo sportivo nasce da quel filone penale e anche in questo secondo grado il teorema dell’accusa è franato clamorosamente nell’associazione tra la criminalità organizzata e la Juve: il procuratore federale Giuseppe Pecoraro aveva addirittura chiesto due anni e mezzo per Agnelli. Altro discorso sul club in generale: la vendita irregolare di biglietti, in un numero assai superiore al consentito, ha portato invece ad un raddoppiamento della pena pecuniaria alla Juve. La Corte ha rideterminato la sanzione da 300 a 600 mila euro, con un’aggiunta: la disputa della prima gara interna di campionato di Serie A dell’anno 2018 con la Sud vuota: niente ultrà in curva, quindi, il 22 gennaio contro il Genoa.
GLI ALTRI Alla sbarra c’erano altri tre dirigenti venuti a contatto con gli ultrà e due hanno motivi per sorridere: su Stefano Merulla, capo della biglietteria, e Alessandro D’Angelo, responsabile della security, il ricorso bianconero è stato accolto in toto. È stato dichiarato «il difetto di giurisdizione sportivo» e sono state annullate le sanzioni del tribunale (per Merulla un anno, per D’Angelo un anno e tre mesi). Nel dettaglio, l’impossibilità di essere giudicati nella cornice dei regolamenti Figc nasce dal fatto che i due non siano tecnicamente dei tesserati. Quindi, teoricamente sin dall’inizio fuori dalla partita. Tra le condanne del giudice di primo grado e i proscioglimenti dell’appello, però, ha pesato una diversa interpretazione dell’articolo 1bis comma 5 del codice sportivo, secondo il quale sono tenuti all’osservanza delle norme federali anche «coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società». Ricorso respinto invece per Francesco Calvo, ex capo del marketing passato poi al Barcellona: nel suo caso, l’iscrizione negli elenchi federali ha portato alla conferma della pesante condanna in primo grado (un anno di stop più 20 mila euro di ammenda, pena raddoppiata rispetto ai 6 mesi e 10 mila chiesti da Pecoraro). La pena di Calvo, di nove mesi circa superiore rispetto a quella di Agnelli, suo diretto superiore, potrebbe essere spiegata con l’accoglimento della linea difensiva Juve: il presidente avrebbe, infatti, dato ampie deleghe ai propri manager operativi anche nella gestione della biglietteria e dei rapporti con gli ultrà.
RICORSI? Il prossimo passaggio sarà la lettura delle motivazioni e solo allora la Juventus potrà valutare se tentare di cancellare ogni traccia di condanna davanti al Collegio di garanzia del Coni. Da parte sua, il procuratore Giuseppe Pecoraro, grande sconfitto della vicenda, ha già fatto trapelare che presenterà ricorso. Una mossa che creerà non pochi imbarazzi alla Figc. «Questa sentenza è un brutto precedente, si è voluto monetizzare la sanzione», ha commentato. Parole pesanti come pietre. Confermano l’esistenza di più di qualche incomprensione tra gli organi della giustizia sportiva italiana. Ormai una vicenda annosa.