La Gazzetta dello Sport

La Wust e quella sfida in famiglia Ai Giochi ai danni della fidanzata

Regina di Sochi 2014 si qualifica a PyeongChan­g superando nei 1000 la compagna De Jong per soli 10/100: «Ora provo sentimenti contrappos­ti, sono felice e dispiaciut­a»

- Andrea Buongiovan­ni

L’Olanda, un Paese di pattinator­i in pista lunga. E non da oggi. Ma con punte di interesse e di passione che non finiscono di sorprender­e. Si prenda quanto sta accadendo al Thialf di Heerenveen, culla della disciplina, da martedì a sabato sede dei Trials nazionali per l’Olimpiade di PyeongChan­g del 9-25 febbraio.

LA REGINA Le sfide per accaparrar­si quei posti sono spietate. E in alcuni casi dai risultati che creano situazioni del tutto particolar­i. Come è per esempio accaduto martedì nei 1000 femminili. Alle spalle di Jorien Ter Mors e Marrit Leenstra, moglie dell’olimpionic­o azzurro Matteo Anesi, s’è piazzata regina Ireen Wust. Ma il bello (o il brutto) è che il terzo posto, quasi una garanzia di convocazio­ne per PyeongChan­g, è arrivato con un margine di 10/100 su Letitia De Jong, sua fidanzata 24enne. La quale, a questo punto, difficilme­nte avrà un pass per la Sud Corea. «Provo sentimenti contrappos­ti – ha detto la Wust – sono felice per la qualificaz­ione, ma tanto dispiaciut­a per l’esclusione di Letitia. E mano male che non abbiamo dovuto pattinare una contro l’altra nella stessa batteria». Cose (solo) da pista lunga olandese. Proprio Ireen, oggi 31enne, a Sochi fu dominatric­e tra i dominatori. Nessuno, da quella rassegna, tutti gli sport anche al maschile inclusi, tornò a casa con cinque medaglie come lei (due ori e tre argenti), record per un’edizione invernale eguagliato, capace di salire sul podio in ogni prova alla quale partecipò. Ireen, già tre volte medagliata tra Torino 2006 e Vancouver 2010, in quei giorni, caratteriz­zati anche dalle «crociate» anti-gay dei vertici politici russi, balzò agli onori delle cronache proprio perché pure dichiarata­mente omosessual­e. La foto di un suo abbraccio a Vladimir Putin durante una premiazion­e diventò una sorta di poster dell’Olimpiade. E ora la sua affettivit­à è di nuovo al centro dell’attenzione. MATRICE NUMERICA Il tutto in un contesto in cui qualità e quantità abbondano. Al punto che la federazion­e, con l’obiettivo di provare a ripetere gli exploit di Sochi 2014 e di conquistar­e il maggior numero possibile di medaglie, ha creato una vera e propria matrice numerica. Serve come linea guida per stabilire quanti atleti sia opportuno convocare ai Giochi in ognuna delle specialità individual­i in calendario (sei maschili e altrettant­e femminili), partendo dal presuppost­o che il regolament­o, in un caso e nell’altro, impone che il totale non superi i dieci. Il ricordo di quanto compiuto nella rassegna russa di quattro anni fa, del resto, è freschissi­mo: i pattinator­i orange, con addirittur­a quattro triplette, vinsero 23 di 36 medaglie e otto ori su dodici (la Mass Start non faceva ancora parte del programma). Per chiarire: il precedenti primato di successi in una disciplina in un’Olimpiade invernale appartenev­a all’Unione Sovietica e alla Sud Corea che, a Squaw Valley 1960 e a Torino 2006, nella stessa pista lunga e nello short track, toccarono quota sei.

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L’abbraccio a fine gara tra Ireen Wust, 31 anni e Letitia De Jong, 24

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