La Gazzetta dello Sport

Un nuovo assalto alla Dakar «Senza iella, sempre nei top»

Bresciano della Yamaha ci riprova: «Questa corsa ti entra proprio dentro Voglio essere costante, stare nei primi 7-10, per puntare alla fine al podio»

- Paolo Ianieri

Se è vero che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede invece benissimo, tra Alessandro Botturi e la Dakar è il primo a vantare un cospicuo credito. In sei partecipaz­ioni, infatti, il 42enne pilota di Lumezzane, ex rugbista ma soprattutt­o grande protagonis­ta dell’enduro (vittoria nelle 6 Giorni 2005 e 2007 e 3° nel Mondiale dal 2003 al 2005), ha visto il traguardo solo al debutto, 8° nel 2012, miglior esordiente al via. Da allora, più rabbia e dolori che gioie, come nel 2013, quando era 5° con vista podio, ma ruppe il motore dell’Husqvarna alla penultima tappa. O, ancora, nel 2016, quando nella 2ª tappa si ruppe il polso destro ma continuò stoicament­e fino alla 10ª, prima di gettare la spugna.

NON MOLLO Adesso il pilota bresciano ci riprova («quest’anno bisogna arrivare»), sempre in sella alla Yamaha, ma non quella del team ufficiale con cui ha corso le ultime tre edizioni, bensì con il supporto tecnico di Yamaha Europa e quello finanziari­o della sede italiana. «La moto però è uguale a quella degli ufficiali, ho partecipat­o allo sviluppo e, anzi, spesso ho provato nuovi particolar­i. Al via ci saranno 4 piloti ufficiali oltre a me».

Come mai questa svolta?

«È stata anche una decisione mia, restando nel team ufficiale avrei rischiato di dover correre da portatore d’acqua (gregario;

mentre così sarò liberissim­o di fare la mia gara».

Sensazioni?

«Correre con il mio team mi tranquilli­zza molto, mi sento più a casa. Al mio fianco come capomeccan­ico ci sarà sempre Mauro Sant, che ha una grandissim­a esperienza, ha lavorato in passato con Orioli e Barreda, tanto per fare due nomi, ed è una certezza. Rispetto al team interno userò anche sospension­i diverse, le WP, con le quali mi sono sempre trovato meglio rispetto alla Kayaba».

Il suo rapporto con la Dakar è più di odio che di amore visti i precedenti.

«Non è così. Anche se non ho raccolto quanto avrei potuto, continuo ad amare questa gara. Quando la corri, soffri, però è una corsa che ti entra dentro, è così complicata che alla fine finisce per mancarti».

Però gli anni passano, nel 2018 arriverà a quota 43. Questa sarà l’ultima?

«Non ci penso. Mi sono detto che finché sarò competitiv­o tengo duro, poi al momento di dire basta te ne accorgi. Quando dieci anni fa nell’enduro ho visto che non avevo più il passo dei migliori ho deciso di cambiare. Ma per ora i risultati dicono che, se le cose vanno bene, sono sempre fra i migliori».

Ogni anno tutte le Case partono per vincere la Dakar, ma alla fine trionfa sempre la Ktm. Al traguardo di Cordoba ci saranno sorprese?

«La Yamaha è competitiv­a, la Ktm ha una moto nuova che ha dimostrato di essere subito vincente, e la Honda è veloce. Le moto secondo me si equivalgon­o, a fare la differenza in una gara così è la logistica e la Ktm da anni sta dimostrand­o di non sbagliare un colpo anche a livello tattico».

In Honda, invece, dopo il grave errore di strategia che gli è costato la vittoria, Barreda ha portato a termine una semi rivoluzion­e con Martino Bianchi sostituito come team manager da Raul Castells.

«Avendo base a Barcellona il team sta diventando sempre più spagnolo ed è anche logico che sia così. Di sicuro Barreda si è imposto, ma non so se i giapponesi avranno imparato la Alessandro Botturi impegnato in un tratto sabbioso dell’ultimo Panáfrica Rally (foto sopra) e, sotto, in una pausa della corsa disputata dal 23 al 30 settembre scorso, a cui ha partecipat­o per prepararsi in vista della 40ª edizione della Dakar, al via fra due giorni lezione. La squadra sulla carta è forte, ma anche ora team manager e meccanici non hanno grande esperienza».

Che Dakar sarà?

«Con tanta sabbia, visto che sette tappe su 14 si svolgerann­o tra le dune e la navigazion­e farà la differenza. A me la sabbia piace, avevo iniziato questa nuova carriera convinto di andare forte sui sassi, però alla fine le gare più belle le ho fatte nel deserto. Già in Perù la gara si farà tosta, la seconda e terza tappa potrebbero regalare già sorprese, ma fino all’arrivo al giorno riposo di La Paz, in Bolivia, credo che saremo tutti lì. Poi, in Argentina, le tappe di Belén e Fiambala saranno probabilme­nte fondamenta­li. Sarà il terzo anno sotto la regia di Marc Coma, già lo scorso anno ci regalò un percorso che quasi ogni giorno vedeva dei ribaltamen­ti della classifica. La corsa ne ha guadagnato in fascino».

I suoi favoriti?

«Gli altri lo hanno notato poco, ma io punto su Walkner (l’austriaco della Ktm; ma anche il mio compagno Van Beveren potrà stupire. E occhio a Laia Sanz, potrà entrare ancora nei 10».

E Botturi che gara può fare?

«Non ho un obiettivo vero, ma dopo tanti anni sfortunati voglio una bella Dakar. Bisognerà partire subito a un buon ritmo: con tanti piloti forti appena cali è un attimo trovarsi fuori dai 20. La costanza sarà fondamenta­le, essere sempre nei 7-10 e poi nel finale provare ad attaccare per salire sul podio».

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