Arzuffi, quando casa è... la Herentals di Van Looy
Vive in Belgio per diventare una stella: «Due panetterie, bar, edicola e basta. Ma non sono qui per la mondanità»
Se il Belgio è l’università del ciclismo, Alice Maria Arzuffi è l’Erasmus del pedale: una studentessa fuorisede. A 23 anni ha salutato mamma Annalisa, papà Gianluca e la sorella Allegra (pure lei ciclista nella ValcarPbm), ha lasciato Seregno, in Brianza, e si è iscritta alla facoltà del ciclocross di Herentals, nelle Fiandre: la mecca delle due ruote. Basti pensare che questa cittadina in provincia di Anversa è il regno di Rik Van Looy, «l’imperatore di Herentals», due volte iridato su strada (nel 1960 e ’61) e unico con Merckx e De Vlaeminck ad aver vinto tutte e cinque le Classiche Monumento. Fatte le debite proporzioni, è come se un talento straniero prendesse casa a Sedrina per imparare il ciclismo respirando l’aria di Felice Gimondi. «Sono un’innamorata del ciclocross, sin da piccola sognavo questo sport. Trasferirmi in Belgio era l’unica possibilità» confida Alice, che in questi giorni è tornata in Italia con un obiettivo: trionfare ai campionati italiani di Roma di sabato. Lei, che è stata quattro volte regina under 23 (dal 2013 al 2016), l’anno scorso tra le élite ha ceduto solo all’eterna Eva Lechner. Quest’anno il duello è già prenotato: «In novembre ho avuto risultati discreti con il terzo posto agli Europei. In dicembre è arrivata la prima vittoria, nel Brico Cross a Bredene. Sento di avere la condizione giusta: sarà una grande sfida. E poi penserò al Mondiale…».
SECONDA PATRIA Non è la prima volta che un italiano approda in Belgio, o che in Belgio trova la seconda patria (Bettini o Bartoli sono ancora oggetto di venerazione). Ma è la prima volta che la migliore promessa azzurra del ciclismo sui prati compie una scelta così radicale: «In agosto c’è stata la rescissione del contratto con il Team Selle Italia Guerciotti, in seguito alla mia scelta di entrare a far parte delle Fiamme Oro — spiega Alice —. Nel frattempo è arrivata l’offerta dalla Steylaerts-BetFirst, la squadra di Bart Wellens: un idolo. Non potevo rifiutare. Da settembre vivo in una casetta messa a disposizione dalla squadra in una frazione di Herentals. Non c’è nulla: due panetterie, un bar, un giornalaio. A volte allungo le uscite in bici per occupare di più la giornata. Il rischio di annoiarsi è concreto, ma sono qua per inseguire il mio sogno, non per fare vita mondana. Mi sto anche ambientando: ascolto musica belga e voglio imparare il fiammingo».
RELIGIONE In pochi mesi, la brianzola ha già superato i primi esami: «Mi alleno su percorsi molto duri, ho migliorato la tecnica sulla sabbia e imparato a guidare la bici gonfiando le gomme con le “vere” pressioni, che sono più basse rispetto a quanto siamo abituati in Italia. In Belgio il ciclocross è una religione: le radio trasmettono i risultati, la mia vittoria è finita sui telegiornali. Come il nuoto da noi, se non addirittura il calcio. È l’ambiente ideale per crescere». Dalle Fiandre, Alice spedisce un monito: «Fatta eccezione per pochissime squadre, in Italia non c’è la cultura del cross: viene percepito come una distrazione. Abbiamo grandi talenti, come Chiara Teocchi e Francesca Baroni, ma servono investimenti, continuità, gare internazionali. Anch’io farò la stagione su strada (con la basca Bizkaia Durango, dopo la chiusura della LensworldKuota, ndr), però solo in funzione del fuoristrada». L’allieva Alice è una studentessa da 110 e lode.