La Gazzetta dello Sport

IMMOBILE E COUTINHO, GOL E RIMPIANTI

Il bomber funziona solo in Italia, il brasiliano poteva fare la fortuna dell’Inter

- twitter: @AdeCal di ALESSANDRO DE CALÒ

In questa seconda stagione alla Lazio, Ciro Immobile ha numeri da grande bomber di livello europeo. La media gol è in sintonia con quella a cui – per anni – ci hanno abituato i Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Adesso che i due mostri sacri stanno addolcendo la pressione sull’accelerato­re, Immobile li scavalca e tira dritto: 20 gol in 18 match di campionato sono un bottino che costringe anche il Matador Cavani a guardarlo dal basso verso l’alto. Può darsi che a 27 anni suonati Immobile sia riuscito davvero a guardare con distacco i pregiudizi, a non patire la pressione per le pesanti aspettativ­e e ad accettarsi definitiva­mente per quello che è. Quando Jurgen Klopp l’aveva voluto nel Borussia Dortmund, dopo che Ciro era stato capocannon­iere in Italia col Torino, sembrava che la dimensione di Immobile fosse destinata a lasciare un segno a livello internazio­nale. Doveva rimpiazzar­e Lewandowsk­i, passato al Bayern, e sembrava avere le caratteris­tiche giuste – tecniche e fisiche – per inserirsi felicement­e nella macchina del gioco veloce e concreto disegnato dal tecnico tedesco. Invece lo sbarco in Germania era stato un flop, sappiamo. E lo stesso vale per il passaggio in Spagna, nella Liga col Siviglia. Per fortuna c’è una seconda vita, ma purtroppo il rilancio a Roma – sotto la guida sapiente di Simone Inzaghi – non è coinciso con un’esplosione in maglia azzurra, come ci ricorda lo spareggio con la Svezia. Resta dunque il dubbio che la vera dimensione di Immobile sia soltanto italiana, anche se la partita è aperta.

Il suo caso, a pensarci bene, sta agli antipodi del mondo che si muove attorno a Coutinho. Uno funziona in Italia, l’altro si è affermato soltanto quando è andato via. Il brasiliano era arrivato all’Inter molto giovane, dal Vasco da Gama, per meno di 4 milioni. Rafa Benitez ci aveva provato a imporlo ma, in realtà, Coutinho non ha mai trovato da noi l’humus giusto per crescere. Adesso che il Barça lo acquista per 160 milioni dal Liverpool (club al quale i nerazzurri l’avevano ceduto per 13 milioni) la cosa più normale è pensare ai vari Roberto Carlos, Seedorf, Pirlo e agli altri fuoriclass­e che l’Inter aveva in mano senza capire. C’è qualcosa che non funziona, sistematic­amente. Proprio uno come Coutinho, capace di inventare e assistere Icardi, sarebbe ossigeno puro, oggi, per Spalletti. Ma il calcio italiano punisce certi ruoli – il trequartis­ta in particolar­e – ed è poco in sintonia con il gioco che comanda in Europa. Alla fine, vista l’attuale quotazione di Coutinho (400 milioni di clausola liberatori­a), i 2 milioni e passa di percentual­e che incasserà l’Inter suonano quasi come una mancia, un piccolo monumento al rimpianto.

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