De Aliprandini c’è «E prima o poi li batterò tutti»
Incredibile Italia: si ritrova nella mitica Adelboden Luca 4°, Moelgg 7° e Tonetti 8°: «Il giorno della svolta»
Se qualcuno ieri avesse fotografato le facce di atleti, tecnici, tifosi e skiman nel momento in cui Marcel Hirscher tagliava il traguardo del gigante di Adelboden, avrebbe tra le mani un campionario di mimica facciale degno di Dario Fo. Mille variazioni su un unico tema: «Come è riuscito a vincere anche questa volta?». Perché sì, l’austriaco è arrivato a 51 vittorie in Coppa, una in più di Tomba, e quest’anno ha già esultato sei volte, tre in gigante e tre in slalom. Ma il «come» della vittoria di ieri va al di là dei numeri. Può essere paragonato al finale dello slalom di Madonna di Campiglio, a quella manciata di centesimi mantenuti nonostante un clamoroso errore nel finale. Ieri, però, gli errori gravi sono stati due, e sono arrivati nel tratto più difficile della pista più complessa, in mezzo alle buche, su una neve che si sfaldava, su un tracciato che gli addetti non potevano lisciare tra un passaggio all’altro, tanto era il timore che il fondo cedesse completamente, che non rimanesse abbastanza neve per lo slalom di oggi.
FACCE No, nessuno pensava che Hirscher ce l’avrebbe fatta. Delle 31 mila diverse espressioni che in quel momento si sono mescolate nel catino di Chuenisbaergli, quella di Luca De Aliprandini era forse la più complessa. Perché lui su un podio di Coppa del Mondo non ci è ancora salito. Perché Pinturault e Kristoffersen erano stati più veloci, ma Haugen gli era rimasto dietro e lui era ancora terzo, quando all’arrivo mancava solo l’austriaco. Perché Hirscher è Hirscher, ma se entri nel muro finale quasi da disteso e poi fai una curva in bilico su di uno sci, puoi chiamarti come vuoi, ma mezzo secondo di vantaggio non ti può bastare, anzi, è un miracolo se arrivi in fondo. E invece Marcel si sarebbe disteso sulla sacra e fragilissima neve di Adelboden, sfinito e vincente, e avrebbe cacciato l’azzurro al quarto posto, lasciandogli addosso rabbia, ma anche fiducia e orgoglio.
FIDUCIA In mezzo a mille emozioni contrastanti, De Aliprandini sorride. «Sul muro è facile sbagliare — racconta — soprattutto nella seconda manche, quando fa buio e non si vedono i segni. Hirscher però è un fenomeno, il più grande di tutti i tempi. Anche sbagliando, accelera. Avrei voluto fare il podio, ma sono sicuro che prima o poi riuscirò a battere quei tre. Dall’Alta Badia sento di aver fatto un passo in avanti, dentro di me c’è una sicurezza diversa. Sono felice del risultato di squadra, se lo meritano anche gli allenatori. Spero di ottenere il primo podio a Garmisch (il 28 gennaio) o chissà, magari all’Olimpiade». Con De Aliprandini prende fiato tutta la squadra azzurra di gigante, che nelle prime tre gare stagionali aveva raccolto solo l’ottavo posto del trentino in Alta Badia e che questa volta piazza tre uomini tra i primi dieci. Settimo è Manfred Moelgg, al miglior risultato nella specialità in quattro anni, sorridente già dopo la prima manche — più filante — nonostante un grosso errore sul muro. «Finalmente mi sto divertendo. Dopo l’Alta Badia ho cambiato tutto il materiale e ora mi sembra di sciare facile, rotondo. Io il gigante non lo mollo neanche a morire, voglio tornare al mio livello. Non è vero che posso andare forte solo in slalom». Riccardo Tonetti, ottavo, eguaglia il miglior risultato della specialità, ma soprattutto mette il suo piedone sull’aereo per PyeongChang. «Sarebbe la prima Olimpiade — gongola al condizionale —. Fino a ieri avevo un buon risultato in combinata, ma non bastava. Fare la discesa a Bormio mi è servito perché mi ha costretto a sciare bene nel finale, quando le gambe fanno male, e qui mi è venuto utile. Come squadra sapevamo di esserci. Avevamo soltanto bisogno di mettere insieme i pezzi, sbagliare».
VELOCE COMUNQUE Ma come ha fatto Hirscher a vincere nonostante gli errori, un Kristoffersen sempre più competitivo in gigante e un Pinturault tanto timido nella prima manche quanto solido nella seconda? Anche il norvegese e il francese a fine gara non sapevano che faccia fare. «Ma certo, sicuro, avevo previsto di fare degli errori sul muro per offrire al pubblico un finale spettacolare — sorride l’austriaco —. A parte gli scherzi, nemmeno io so come ne sono venuto fuori, ma sono riuscito a conservare la velocità e questo è sempre il mio obiettivo. Poco importa il come». «È stata una battaglia — sintetizza il norvegese —, lui è stato il migliore». Oggi cercherà la prima vittoria stagionale in uno slalom che dovrà dare risposte anche in chiave azzurra, e che in caso di mancata qualificazione potrebbe chiudere la carriera di Patrick Thaler.
Hirscher super: fa due errori clamorosi ma batte Kristoffersen e Pinturault