La Gazzetta dello Sport

Rich: «Io il braccio Leunen la mente» E Avellino sogna

Jason, top scorer della A, ha portato la Sidigas nel trio di vetta: «Il merito dei miei punti va ai compagni»

- Massimo Oriani

In vetta, anche se in compagnia. Avellino si gode un primato in coabitazio­ne con Brescia e Milano, facendo l’occhiolino al titolo di campione d’inverno, molto difficile ma non impossibil­e. Stasera ospita Bologna, match non semplice, penultimo tassello per la corsa alla testa di serie numero uno di Coppa Italia. Se è lì, la Scandone lo deve principalm­ente a Jason Rich, già visto in Italia con Cantù e Cremona, ma ora diventato giocatore di altra categoria.

Jason, ci racconti i suoi inizi.

«Sono nato a Pensacola, in Florida, e il basket ha subito fatto parte della mia vita. Sono il più piccolo di 9 figli, ho 4 fratelli e 4 sorelle. Avevamo un canestro in giardino e giocavamo spesso. Inoltre, i miei fratelli mi portavano con loro al playground, avevo 14-15 anni, e mi trovavo ad affrontare gente più grande di me, uomini fatti. Questo mi ha aiutato molto».

Poi il liceo, dove il suo allenatore, Anthony Long, l’ha definita «il miglior giocatore che abbia mai avuto», e il college.

«High school a Orlando, e poi Florida State. All’epoca il programma cestistico dei Seminoles non era ancora ad alto livello, ma con coach Leonard Hamilton ho fatto parte del processo di costruzion­e delle fondamenta di quello che è poi diventato. Ne sono orgoglioso. Coach Hamilton ha avuto una grande influenza sulla mia crescita, i suoi insegnamen­ti me li sono portati appresso per tutta la carriera».

Quanto conta giocare a livello Ncaa?

«E’ importante ma vale di più quello che impari a casa, dai tuoi genitori. Né papà, né mamma hanno mai giocato a basket, ma mi hanno sempre assecondat­o nella mia passione, a patto che non perdessi di vista le altre priorità. Mi hanno insegnato ad essere un adulto responsabi­le, disciplina­to, a rispettare il prossimo».

Poi il salto in Europa.

«Non sono stato scelto al draft, ho fatto dei provini con squadre Nba, poi per motivi personali sono stato costretto a saltare la Summer League. Quando è arrivata l’offerta di Cantù l’ho colta al volo. Allora ero contento di poter guadagnare qualcosa, ma non mi rendevo conto dell’impatto con una nuova cultura e un modo diverso di giocare a basket. Ripensando­ci non fu una scelta facile, ma sono felice d’averla fatta».

Avellino in vetta con Brescia e Milano. Qual è la ricetta per il successo?

«L’abilità di stare insieme e non disunirci anche nei momenti difficili. Avremmo potuto accampare mille scuse tra infortuni e gente che è arrivata tardi avendo avuto gli impegni con le nazionali. Quella di Sassari è stata la prima partita giocata col roster al completo. Ci sono anche andati bene alcuni finali di partita...».

Ci parli di Leunen.

«Mi fa piacere che venga menzionato perché non tutti colgono quello che porta alla squadra. Il suo apporto viene dato per scontato, invece ha un’intelligen­za sopraffina, è altruista, ha vinto ovunque è stato, non ci sono parole per descrivere che giocatore e che persona è. Interagisc­e allo stesso modo con tutti, se uno non lo sa fatica a capire se è italiano o americano. Con lui accanto sono migliorato. Ci conosciamo dai tempi del liceo, ma è la prima volta che siamo compagni. E solo giocandoci accanto mi sono reso conto di quanto sia fondamenta­le».

Lei è l’unico giocatore sopra i 20 punti di media in Serie A.

«Sarebbe facile prendermi il merito. Ma anche sbagliato. In realtà va a compagni e allenatore che hanno fiducia in me. Sanno cosa posso dare e mi mettono nelle condizioni migliori per farlo. Ma la priorità resta vincere. Se per farlo serve che io segni tanti punti, ben vengano. Ma qualora fosse necessario fare dell’altro, non avrei problemi ad adeguarmi».

E per farlo c’è Milano da battere, la grande favorita. Sarete voi l’avversaria numero uno?

«Troppo presto per dire se c’è qualcuno in grado di esserlo. Oggi loro non sono certamente la squadra che saranno a maggio. Ma nemmeno noi siamo un prodotto finito. E poi ci sono tante squadre da cui guardarsi, outsider che magari entrano in forma nel momento giusto. Ad esempio, guardate cosa sta facendo Cremona ultimament­e».

L’obiettivo numero uno sua carriera? della

«Vincere. A qualsiasi livello. Non mi ritengo mai soddisfatt­o, ho sempre voglia di migliorarm­i, soprattutt­o se guardo gli altri fare passi avanti, mi serve come motivazion­e».

Cosa le piace fare nel tempo libero?

«Stare con mia moglie il più possibile. Andiamo a spasso: Salerno, Napoli, posti vicini che abbiamo l’opportunit­à di visitare. Ma il tempo libero è davvero poco. Poi mi piace cucinare, me lo ha insegnato mia mamma, e giocare a biliardo. Mi rilassa pur lasciando spazio allo spirito competitiv­o».

La sua specialità ai fornelli?

«Se chiedete ai miei compagni che sono venuti a cena per Natale, Mac and Cheese (maccheroni al formaggio, tipici degli Usa, ndr.). Ma mi piace sperimenta­re, cibi italiani o americani, non importa, non ho preferenze. E se qualcosa mi esce male, vuol dire che la volta successiva lo farò meglio».

MILANO OGGI NON È LA SQUADRA CHE SARÀ A MAGGIO, MA NEMMENO NOI JASON RICH SULLA CORSA AL TRICOLORE

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CIAM Jason Rich, 20.3 punti di media con il 56% da 2 e il 37% da 3
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