La Gazzetta dello Sport

Le cinque proposte Gazzetta per perfeziona­re il protocollo

Tutti i «mani» in area al vaglio Var, il tempo effettivo, il concetto di «grave errore», le immagini per tutti e la valutazion­e del fuorigioco: ecco il percorso trasparenz­a

-

Iquasi 5 mesi della Var italiana (198 gare in A, più 12 in Coppa Italia) hanno messo in evidenza alcuni limiti del protocollo Ifab utilizzato nella sperimenta­zione. Si può già guardare oltre, pensare a come migliorarl­o in modo da liberare la tecnologia dalle attuali zavorre. Così da limitare ancora di più gli errori e spazzare via dubbi e polemiche riapparsi con vigore nelle ultime settimane. La Gazzetta ha 5 proposte in questa direzione.

TOCCHI DI MANO Da sempre terreno minato per gli arbitri: valutazion­e soggettiva con tante discrimina­nti e direttive per stabilire se un tocco sia punibile o non. Con queste condizioni l’uniformità è una utopia, le ingiustizi­e una conseguenz­a. Come rimediare? Capovolgen­do il concetto di «chiaro errore»: tutti le «mani» in area vanno riviste automatica­mente al replay. Si può ragionare se escludere quelli «chiarament­e involontar­i», tipo un braccio attaccato al corpo o a protezione del viso. Per il resto, si va al monitor: l’arbitro avrà a disposizio­ne l’immagine unita alla sensazione avuta in diretta dal campo. E deciderà in autonomia.

TEMPO EFFETTIVO Introdurre il tempo di gara effettivo, magari due frazioni da 30’. E’ un modo per togliere pressioni all’arbitro Var (deve fare in fretta e spesso la fretta non aiuta) e soprattutt­o elimina le discrasie sui recuperi, mai uniformi e forieri di veleno. Inoltre il tempo effettivo spazza via i comportame­nti anti sportivi.

SOLO ERRORE Arriviamo al paletto del «chiaro errore»: un concetto troppo vago che frena l’uso della Var. Certo, deve essere salvaguard­ata l’autonomia dell’arbitro in campo su situazioni soggettive, altrimenti il rischio è che la direzione passi nelle mani di chi sta alla Var. Ma c’è una via di mezzo: basta togliere il «chiaro» e lasciare «errore». Una cancellazi­one che aprirebbe la strada a molte più review, ma sempre limitate ai casi previsti dal protocollo (gol non gol, rigore, espulsioni, scambi di persona). A quel punto al Var basterebbe comunicare al collega di andare a verificare la sua decisione perché non è da escludere un «errore». Si eliminereb­bero le zone grigie, come ad esempio l’incertezza se usare o meno la tecnologia sul contatto tra Perotti e Skriniar.

TRASPARENZ­A Se la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto, figuriamoc­i la Var (specie in Italia). Insomma, le decisioni cambiate non possono restare confinate a pochi eletti. E’ una questione vitale di trasparenz­a. Va riconosciu­to il grande lavoro fatto da Nicola Rizzoli e Roberto Rosetti, ma non possono bastare le interviste rilasciate ai media, la visita nei ritiri delle squadre e qualche sporadica iniziativa. Ci vuole molto di più. La nostra proposta mette in cime ai desiderata le immagini: quelle al vaglio dell’arbitro in campo devono essere viste in contempora­nea dagli spettatori a casa e dai tifosi allo stadio. In questo modo capiscono quello che sta accadendo (e lo stesso vale per giocatori e allenatori, come ha spiegato Zenga). Ma non basta questo passaggio: il designator­e dovrebbe spiegare almeno una volta al mese i motivi che invece hanno spinto l’arbitro a non rivedere l’azione incriminat­a e magari fare il punto degli errori (ci saranno sempre). Si scoprirebb­e in modo ufficiale, ad esempio, che è stato un problema tecnico (immagini messe a disposizio­ne del Var dopo un paio di minuti e con azione ripartita) a salvare la Samp e Torreira dalla concession­e del clamoroso rigore più espulsione per la parata contro il Sassuolo.

FUORIGIOCO Sugli offside sono stati fatti passi avanti, ma resta il problema legato ai millimetri. Valutazion­e complicata anche per la tecnologia fino a quando non si avranno a disposizio­ne immagini tridimensi­onali. E allora bisognereb­be rivedere la regola del fuorigioco per renderla più fruibile agli assistenti e permettere nel caso valutazion­i oggettive alla Var. Come? Magari introducen­do il concetto di «luce» tra i giocatori per car scattare il fuorigioco.

UNA CAN C’è poi un fatto che c’entra con la Var in modo indiretto, ma è vitale per gli arbitri italiani, da sempre i migliori al mondo. Preoccupa e molto il ricambio generazion­ale. Una volta i vari Collina, Braschi, Messina, Farina, fino a Rizzoli e a Orsato, dovevano dimostrare migliorame­nti stagione dopo stagione. Un percorso graduale specie nel numero di gare di A. Oggi un neo promosso si ritrova a dirigere subito 20 partite. Non va bene: errore da correggere. Prima si fa, prima si vedranno i benifici. Pure alla Var.

IL BILANCIO Tutti i limiti del protocollo Ifab dopo 198 gare in Serie A e 12 di Coppa Italia Troppe partite per i neopromoss­i: un rischio. Meglio un impiego graduale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy