La Gazzetta dello Sport

Un tedoforo in rosa

Correre in Corea per la pace dei Giochi

- Massimo Arcidiacon­o INVIATO A YONGIN (SUD COREA)

Domani lo storico incontro Sud-Nord: che emozione per la Gazzetta portare la torcia di PyeongChan­g!

Non so dire se l’emozione più grande sia stata quando il tedoforo precedente, accennando un passo di danza, mi ha raggiunto trasferend­o la fiamma alla mia torcia olimpica o nei tre minuti successivi. Mentre un po’ frastornat­o, percorrevo i miei 200 metri seguito dalla carovana dell’organizzaz­ione, preceduto dal media-van, attorniato da una folla variegata che qualcosa urlava, e penso di bello. Di sicuro è che ho cominciato a salutare la moglie, il figlio, l’Italia, la Corea, La Gazzetta dello Sport «the best newspaper in the world», la pace nel mondo e poi, a un certo punto, ho gridato «Do what you can’t», fai l’impossibil­e. Cioè uno degli slogan di questa Olimpiade invernale in Sud Corea che si avvicina un po’ in sordina, tormentata dalle tensioni politiche, dall’esclusione della Russia per la questione doping, dal timore del flop-biglietti (se è vero che a fine novembre era stata venduta metà dei tagliandi previsti). Fai l’impossibil­e, ho pensato, perché no? Metti che questo breve tragitto aggiunga anche un solo grano di terra alla montagna della pace, della fratellanz­a attraverso lo sport, che per ragioni logistiche stavolta è posizionat­a dalla parte di PyeongChan­g 2018: anche se la cittadina incastonat­a nella catena dei Taebaek si trova a 700 metri d’altezza (in collina, insomma) e a soli 80 chilometri da un confine pericoloso.

ESPERIENZA Insieme a me, per vivere l’esperienza della torcia, altri 18 italiani selezionat­i da Samsung, il colosso sponsor dei Giochi e della torch relay. Diciannove storie molto diverse, un concentrat­o di sogni coltivati nella quotidiani­tà aggiunti alle biografie di atleti a loro modo eccezional­i, mescolati e agitati dall’ormai imprescind­ibile attenzione ai social media. Dall’emozione sincera della campioness­a paralimpic­a Giusy Versace («E’ un privilegio, sono qui per tutti coloro che non hanno più le gambe») a Matteo Dotti che un bel giorno ha cominciato ad andare per il mondo e adesso starà un anno in Asia; dalla forza della natura Frank Chamizo, bronzo olimpico di lotta a Rio e presto «ballerino» in un talentshow, al tedoforo di Puglia, Vittorio Brandi; da Giorgio Scuri che scala le Orobiche dopo aver sconfitto una malattia rara e tremenda a Danilo Callegari, uno che fa cose tipo nuotare tra gli squali o attraversa­re lo stretto di Magellano in kayak. Tutti simili ora, però, bardati nella divisa da tedoforo un po’ omino Michelin, sottoposti ai minuziosi e compunti briefing dove ti spiegano persino che se metti le mani sulla fiamma ti bruci…

SLOGAN L’organizzaz­ione è impeccabil­e e i tedofori sono accompagna­ti da gruppi di incitatori che ripetono slogan e danno la carica, subito esorcizzat­i dall’italica voglia di non prendersi mai sul serio. Avete presente quel programma tv, «Mai dire banzai»? Ecco qualcosa di simile, solo che qui non si tratta di buttarsi nel fango o affrontare ostacoli improbabil­i, ma solo di scendere per le strade occupate da famigliole in gita di Suwon e Yongin, città a un’oretta di traffico da Seul. La vita socio-economica della Sud Corea è caratteriz­zata dalle chaebol, conglomera­ti industrial­i che possiedono e producono di tutto, come piccoli stati nello stato e tra esse Samsung fa la parte del leone: a Suwon ha la sua digital city da un milione e mezzo di mq e 35.000 dipendenti; a Yongin alberghi, un museo, un parco giochi sterminato e anche una pista automobili­stica.

VENTI AL GIORNO L’Olimpiade invernale si avvicina, mentre i 7500 tedofori colmano — al ritmo di 20 al giorno — i 2018 chilometri che porteranno il 9 febbraio a PyeongChan­g. Bandabi e Soohorang, l’orso e la tigre mascotte dei Giochi, sono ovunque a Seul: sulle fiancate dei bus, addobbano enormi centri commercial­i come Lotte o Starfield Coex, prendono le sembianze di gonfiabili giganti, come quello piazzato all’uscita del metro di Euljiro. Ma né i Giochi, né le tensioni tra Kim e Trump, sembrano scuotere la frenesia della megalopoli, né svuotare i disco-bar di Itaewon. Sono le distanze, le convivenze forzate, spesso, a spiegare le cose: il confine col Nord dista 80 chilometri, Pyongyang 250. Un nulla. I sudcoreani sono abituati da 70 anni di tensioni ed equamente diffidenti dai passati dominatori Cina e Stati Uniti. Poi magari, dopo l’incontro di domani fra le diplomazie di Sud e Nord Corea, sarà proprio l’Olimpiade a segnare lo storico riavvicina­mento. Io, intanto, concludo i miei 200 metri inebriato da emozioni: sono l’ultimo tedoforo della giornata, avvicino la fiaccola a una sorta di tabernacol­o e la fiammella olimpica riappare al suo interno. In attesa di ricomincia­re il suo viaggio.

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 ??  ?? A sinistra la foto di gruppo dei tedofori della Samsung fra cui si riconoscon­o in prima fila la paralimpic­a Giusy Versace e il nostro inviato Massimo Arcidiacon­o, che a destra è immortalat­o con la fiaccola
A sinistra la foto di gruppo dei tedofori della Samsung fra cui si riconoscon­o in prima fila la paralimpic­a Giusy Versace e il nostro inviato Massimo Arcidiacon­o, che a destra è immortalat­o con la fiaccola

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