VA MIGLIORATA NON FERMATA
Bene, ma non benissimo. Dopo 20 turni il giudizio sulla Var è questo. Ed è incoraggiante, perché stiamo parlando di un bambino che sta imparando a camminare.
Bene, ma non benissimo. Dopo 20 giornate di campionato il giudizio sulla Var è questo. Ed è incoraggiante, perché stiamo ancora parlando di un bambino che sta imparando a camminare. Una caduta ogni tanto è nella logica delle cose. Non si può pretendere che una novità così importante funzioni subito al 100%, bisogna piuttosto ricordare che accanto alla Var c’è anche la parola sperimentazione. Siamo ancora in laboratorio e, come in tutti i laboratori, si sperimenta per trovare le soluzioni migliori, per correggere gli errori, per evitarne di nuovi. D’altra parte se la Spagna e la Francia ci invidiano (e ci copieranno), la Germania ha già sostituito il suo responsabile e l’Inghilterra ha cominciato a usare la Var, un motivo ci sarà: siamo sulla buona strada per un calcio più giusto. Vogliamo parlare della Champions che la Var non ce l’ha? O del Mondiale che se non si deciderà a dire sì alla Var dovrà mettere in preventivo qualche errore umano...
La Var ce la teniamo stretta, anche se dobbiamo ancora capire fino in fondo il protocollo e soprattutto dovremo lavorare per ridurre ancora gli errori che l’occhio umano senza aiuto non riesce a distinguere. Ci siamo battuti per anni per portare la moviola in campo, per dare agli arbitri gli stessi mezzi per decidere che hanno i telespettatori davanti alla tv, adesso per qualche malfunzionamento non diteci che si stava meglio a monitor spenti. Neppure per sogno. Tutti gli sport che hanno chiesto aiuto alla tecnologia hanno avuto problemi all’inizio. Si tratta di abituare gli uomini, di capire fino a che punto gli aiuti possono arrivare. Ma nessuno è tornato indietro. Guardate rugby, tennis, basket, volley, football. Sono tutti contenti dei loro occhi tecnologici che aiutano a sbagliare di meno, ad avvicinarsi alle decisioni perfette.
In realtà più che sulla tecnologia dovremmo lavorare sugli uomini. Come Steve Jobs potrebbe ricordarci tutti i giorni, se fosse ancora qui, non è mai la macchina a sbagliare, ma piuttosto è l’uomo che ha introdotto i comandi sbagliati. Chiunque ha avuto modo di arrabbiarsi davanti a computer perché qualcosa non andava si sarà sentito dire dall’esperto di turno: spegni e riaccendi. Con la Var non dobbiamo neppure spegnere i monitor, ma soltanto insegnare (e imparare) a usarli. C’è ancora tra chi scende in campo qualcuno che non ha capito quando la Var può intervenire. E c’è purtroppo anche chi, con il fischietto tra le labbra, pensa di poterne fare a meno. È su questi che bisogna lavorare. Per battere la supponenza di certi arbitri e per far capire agli addetti ai lavori quando si può far ricorso all’aiuto. Il passaggio successivo sarà poi quello di rivedere (ma non stravolgere) il protocollo, di ampliare la possibilità di intervento degli aiuti tecnologici senza necessariamente annullare il fattore umano e la discrezionalità degli arbitri. Aiutarli di più, non sostituirli del tutto, come ad esempio vuole fare il tennis con i giudici di linea (quello se mai è il compito della gol-line technology). Pensare che la Var sia inutile o addirittura dannosa è come credere che l’automobile abbia portato soltanto aria più inquinata. E così come le automobili stanno diventando anno dopo anno sempre meno inquinanti, farà la Var. Accompagnata da un protocollo riveduto e corretto, aiuterà a sbagliare sempre meno. Come e quando intervenire (sempre sui falli di mano ad esempio), magari anche con il tempo effettivo (due frazioni da 30’) lo racconta Francesco Ceniti all’interno. Se poi continueranno a esserci arbitri allergici alla tecnologia, allora sarà meglio accompagnarli all’uscita. Non si può fermare il futuro.