La Gazzetta dello Sport

Macché Nascar, Liberty punta su piloti star e tecnologia «utile»

Le critiche Ferrari? Carey e Brawn scelgono il silenzio e si affidano a una ricerca tra i tifosi. La bussola è mantenere solo i sistemi che esaltano chi guida e servono alla serie

- Andrea Cremonesi

«La cosa che più mi dà fastidio è che lì ci sia una persona di esperienza come Ross Brawn che sta seguendo una strada estranea al dna della F.1», così si era espresso Sergio Marchionne al pranzo natalizio della Ferrari. Già, ma che cosa stabilisce quale sia il dna della F.1? E chi lo determina? Per fare degli esempi concreti, la vera F.1 era quella che negli anni ’70 vedeva la Ferrari correre contro un esercito di garagisti, che compravano motori (Ford Cosworth) e cambi (Hewland) al…supermerca­to ed era caratteriz­zata da GP spesso incerti con vincitori che cambiavano a seconda delle caratteris­tiche delle piste? O quella di metà anni 2000 quando c’erano tutti i grandi marchi, oltre alla Ferrari, Bmw, Toyota, Renault, Mercedes e Honda con i V8 aspirati da 2,6 litri? Oppure è da preferire la F.1 di oggi che ruota intorno ai motori ibridi? Interrogat­ivi che non trovano una risposta certa e comunque di stretta attualità, perché è sul dna che si sta giocando il duello tra i nuovi proprietar­i di Liberty Media da una parte e Ferrari e Mercedes dall’altra. In palio c’è il futuro dei gran premi, la cornice nella quale il Mondiale si disputerà dal 2021 in poi.

SILENZIO A Sergio Marchionne, l’ex responsabi­le tecnico di Maranello e i suoi capi hanno deciso di non replicare direttamen­te. Nessuna polemica ora che le trattative, anche quelle economiche, entrano nel vivo. Ma una formula più spettacola­re, rumorosa e soprattutt­o che riporti il pilota al centro del villaggio senza per questo mortificar­e la tecnologia non è uno slogan, ma si fonda su una sofisticat­a ricerca di mercato. Nel quartier generale di Londra circola un libriccino che è una sorta di laico vangelo a cui attenersi per riformare la F.1: è il frutto della ricerca compiuta dalla Wieden Kennedy di Londra per conoscere i gusti del pubblico. Un dossier che non è stato divulgato e che ha lanciato una serie di messaggi a Chase Carey. Primo: in tanti rimpiangon­o il passato; secondo: la F.1 per essere attraente deve essere umana, eccitante e pericolosa e oggi non è più così. I tifosi percepisco­no l’esistenza di una barriera con i protagonis­ti e questo li spinge ad allontanar­si.

COMPROMESS­O Ma che cosa c’entra tutto questo con motori e regole? C’entra perché gli eredi di Ecclestone hanno l’intenzione di creare una normativa che costituisc­a il giusto compromess­o tra l’esigenza di avere piloti che siano delle star planetarie e quella di mantenere alto il livello tecnologic­o necessario a fare della F.1 il «pinnacolo» dello sport automobili­stico. Per questa ragione il gruppo di lavoro diretto da Brawn vuole ad esempio potenziare il kers, in quanto su questo meccanismo il pilota può mostrare le proprie capacità, dosandone l’utilizzo a propria discrezion­e per facilitars­i i sorpassi. La difesa della MGU-H è diventata una barriera invalicabi­le per Mercedes e Ferrari, ma la sua applicazio­ne non ha riscontri pratici nella produzione di serie. E non è vero, fanno sapere da Londra, che si voglia snobbare il progresso perché uno dei cardini della proposta Liberty prevede l’enfatizzaz­ione del ruolo delle batterie, che costituisc­ono uno dei rami di maggior sviluppo dell’automotive nel settore ibrido ed elettrico.

LIVELLAMEN­TO «Se l’obiettivo sarà avere dopo il 2020 motori più semplici e vetture tutte uguali come nella Nascar, la Ferrari uscirà dai gran premi il giorno dopo», è la minaccia che Marchionne ha reiterato il 18 dicembre. Parole che a Londra hanno suscitato perplessit­à perché dà la sensazione che il numero 1 di Maranello abbia equivocato il concetto: l’idea di Liberty non è livellare le prestazion­i ma semplifica­re la F.1,

DÀ FASTIDIO CHE UNO COME BRAWN, VADA CONTRO IL DNA DELLA F.1

rendendola più comprensib­ile ai tifosi. Un esempio? Già nel Mondiale 2018 chi subirà più di 15 posizione di penalizzaz­ione, partirà automatica­mente in coda allo schieramen­to, rendendo la vita più semplice anche ai delegati federali che devono redigere lo schieramen­to il sabato sera. Semplifica­zione ma senza allentare le maglie perché regole stringenti hanno sinora evitato l’esplosione dei costi. Inevitabil­e, sono convinti a Londra, se si andasse nella direzione di fissare solo dei parametri base, consentend­o agli ingegneri di dare sfogo alla propria fantasia.

SERIE ALTERNATIV­A «Il nuovo contratto firmato con Liberty — è un’altra affermazio­ne di Marchionne — dà la possibilit­à alle squadre di svincolars­i in anticipo. A suo tempo si era già parlato di un campionato alternativ­o: credo che la Ferrari abbia la forza per trascinarc­i gli altri team». Nessuno a Londra lo mette in dubbio. Ma chi paga? I costruttor­i già una decina di anni fa, ideando la GPWC (Grand Prix World Championsh­ip) sondarono questa ipotesi ma l’abbandonar­ono spaventati dai costi. Tv, sponsor, merchandis­ing le fonti di guadagno. La F.1 alternativ­a avrebbe forza di crearsi questo terreno? Convincere gli autodromi a saltare il fosso? Oltre alla questione economica, c’è poi quella politica: la Ferrari si è sempre dichiarata lealista alla Fia, anche nel momento più critico della presidenza di Max Mosley. Ora sarebbe disposta a una rottura con Jean Todt, che pur con tanti distinguo, sta sullo stesso fronte di Carey?

L’idea non è livellare le prestazion­i ma rendere le gare più comprensib­ili. I dubbi sulla minaccia della serie alternativ­a CON MOTORI PIÙ SEMPLICI, LASCIAMO I GP IL GIORNO DOPO SERGIO MARCHIONNE PRESIDENTE DELLA FERRARI

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GETTY Zeltweg 2017, una appassiona­ta scatta un selfie con il presidente della F.1, Chase Carey, 64 anni
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