NIENTE STIPENDI VICENZA, E’ LA FINE?
Dunque anche il Vicenza, come il Modena a dicembre, rischia di finire anzitempo la sua stagione con l’esclusione dal campionato e il fallimento. Le cronache di queste ore (ne parliamo all’interno del giornale) raccontano di tentativi per salvare in extremis un club travolto dai debiti e reduce da un passaggio di proprietà molto discutibile. La vergogna però resta. Eccome.
Com’è possibile che, malgrado regole severissime per le iscrizioni ai campionati, succedano ancora queste cose? Carlo Tavecchio giurò: «Mai più un caso Parma». Le norme in effetti da allora sono state riviste e corrette, sono anche state rese più rigide, poi dalle maglie di chi deve controllare sono sfuggite situazioni roboanti come queste due. La Figc sapeva? Parliamo di Modena e Vicenza, piazze storiche, i cui guai non sono di certo iniziati ad agosto e che adesso rischiano di far terminare il girone B della Serie C senza retrocessioni. Pazzesco.
La mancata qualificazione dell’Italia al Mondiale ha fatto saltare la Figc, ma anche questi crac in corsa sono sconfitte apocalittiche. E non parliamo delle assurde norme per i ripescaggi, che hanno lasciato la Serie C monca e, dopo un’estate di ricorsi e tribunali, con gli organici definiti soltanto a settembre. Insomma, sono state cercate regole certe e invece ci si è complicati la vita, con un grave danno d’immagine davanti agli sportivi e con la regolarità dei campionati messa in forte discussione.
Basta, la nuova Figc dovrà avere più coraggio e non iscrivere società così. Modena e Vicenza sono la punta dell’iceberg, altri club non pagano stipendi e contributi, altri sono a rischio fallimento (e non solo in C). Non è serio fare campionati in queste condizioni. Sì, ci vuole coraggio, perché a certe piazze è doloroso rinunciare - e i loro stessi tifosi devono capire che rinascere si può, vedi proprio il Parma - ma in primis va garantita la regolarità delle competizioni.
Si cominciò a fare pulizia nel 1993, da allora ogni estate si sono viste parecchie esclusioni: dal Catania al Messina, dalla Triestina al Pisa, dalla Ternana al Perugia, dalla Salernitana al Venezia, dalla Spal al Como al Varese e ad altre grandi piazze, tutte (più o meno) risorte dai dilettanti. Bisogna tornare a fare così, per il bene del calcio. Bisogna pretendere garanzie più sostanziose per i casi più gravi, garanzie da poter escutere in fretta. Bisogna fare una riforma per avere meno club, ma più solidi. Bisogna dimostrare di essere più forti e coraggiosi. Proprio come quello che non è riuscito all’Italia di Ventura.