La Gazzetta dello Sport

«Non sono Lebron Ma faccio canestro a passo di danza»

●A Londra è il giorno della gara contro Philadelph­ia «Metto sempre il talento a disposizio­ne del gruppo»

- Davide Chinellato INVIATO A LONDRA

In campo incanta con i suoi balletti, quei dribbling irresistib­ili che conclude attaccando il ferro o con un tiro spesso letale. Fuori Kyrie Irving ammalia con le sue idee, il suo saper non essere banale. La 25enne star dei Boston Celtics, che alle 21 italiane sfideranno a Londra i Philadelph­ia 76ers nell’ormai tradiziona­le appuntamen­to con la regular season Nba alla corte di Sua Maestà, ripete spesso di essere alla ricerca di se stesso, nel mezzo di un processo di apprendime­nto in campo come nella vita. Il basket non lo definisce, è solo un potente mezzo che Irving usa per maturare, per capire. Come sta facendo quest’anno a Boston, la squadra di cui è diventato leader: non solo per i 24,1 punti a partita, ma per la sua maturità.

Kyrie, aveva messo in preventivo di lasciare Cleveland per trovare se stesso?

«No, l’ho realizzato dopo. Ho capito che dovevo prendere decisioni importanti per trovare la felicità, per realizzare i miei obiettivi. So che prendere il controllo della propria vita suona molto egoista, e non mi aspetto che la gente capisca».

A Boston cosa ha trovato?

«Una squadra con tanto talento, in cui ognuno si aspetta eccellenza dagli altri. Gioco per una franchigia storica come i Celtics e farne parte significa proprio questo: avere aspettativ­e alte e pretenderl­e anche da chi ti sta intorno».

Come le Finals?

«L’obiettivo non è solo quello di arrivarci, ma di esprimersi al massimo livello una volta lì. Sono consapevol­e però quanto sia dura arrivarci, quanti ostacoli ci siano da superare: preferisco pensare ad un passo alla volta».

Come il suo processo di maturazion­e?

«È stato lungo, pieno di fallimenti e di qualche successo. Ma so bene quello che ho dovuto fare per arrivare a questo livello. Sono arrivato in Nba a 19 anni, con opportunit­à che un tipico 19enne non ha. Io giocavo a basket: avevo l’affetto dei tifosi, la fama, ma ho capito che tutto questo lo avevo sempliceme­nte perché riuscivo a mettere una palla nel cesto. Voglio dire: tutto qui? Me lo chiedo spesso prima delle partite, e fa sembrare tutto più semplice. Il basket però mi ha permesso di capire tante cose della mia vita, come quello che voglio sia il mio lascito, sia quando avrò smesso di giocare sia quando lascerò per sempre questo mondo».

Intanto ha capito come essere un leader.

«Sì, perché sono stato paziente. Arrivato a Boston ho capito che non dovevo mettermi fretta: sono stato molto diretto su quello che voglio essere e ho cercato di capire come mettere il mio talento a disposizio­ne del gruppo. So che devo pretendere eccellenza da me stesso e farlo capire anche al gruppo».

Eccellenza vuol dire ventare mvp? di-

«Chiunque sogna di essere considerat­o il migliore. Se la tua squadra non vince, però, non hai speranza di essere mvp. Per questo ho messo i successi di squadra davanti a tutto. Non è stato sempre così per me, ma crescendo in Nba capisci che devi sempre capire qual è la cosa migliore per il gruppo: per poter essere un leader non devi essere egoista».

L’ha imparato da LeBron James, suo maestro per 3 anni?

«No, da lui ho imparato a gestire le aspettativ­e, sia quelle che ti crei che quelle della tua squadra. Non vieni considerat­o un giocatore franchigia dall’oggi al domani, solo perché dici di esserlo: è un continuo processo di apprendime­nto che devi fare tuo».

LeBron è il re di Cleveland: si sente il re di Boston ora?

«Non spetta a me darmi un titolo. Lui se l’è guadagnato, poi l’ha mantenuto riuscendo sem- pre ad essere all’altezza delle aspettativ­e. Lo ammiro per questo. Io non voglio essere chiamato in nessun modo, se non sempliceme­nte Kyrie».

Chi sono stati i suoi modelli?

«Mio padre, Kobe Bryant e… Nikola Tesla».

In campo sembra danzare e la musica la appassiona: che influenza ha sul suo gioco?

«La musica la senti, la percepisci, chiudi gli occhi e cominci a visualizza­re delle immagini, dei momenti che ti hanno segnato. Poi capisci che qualcuno l’ha creata, che è stato ispirato per farlo, che è stato guidato nella trasformaz­ione di un suono in una canzone. Penso ai musicisti e a tutto il loro impegno. E cerco di replicarlo nella mia vita, non solo sul parquet».

 ?? AFP ?? Kyrie Irving, 25 anni, play passato in estate dai Cavs ai Celtics, nato a Melbourne, in Australia
AFP Kyrie Irving, 25 anni, play passato in estate dai Cavs ai Celtics, nato a Melbourne, in Australia
 ??  ?? Nato a Melbourne da genitori americani, papà Dedrick giocò alla Boston University, allenato da Pitino. Kyrie ha disputato una sola stagione a Duke ed è stato chiamato con la 1a scelta assoluta dai Cavs nel 2011. Con Cleveland ha vinto l’anello 2016. È...
Nato a Melbourne da genitori americani, papà Dedrick giocò alla Boston University, allenato da Pitino. Kyrie ha disputato una sola stagione a Duke ed è stato chiamato con la 1a scelta assoluta dai Cavs nel 2011. Con Cleveland ha vinto l’anello 2016. È...

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