La Gazzetta dello Sport

Wengen si esalta per Feuz, paura per Innerhofer

●Lo svizzero vince in casa davanti a Svindal e a 35.000 tifosi. Paris 8°, Fill 10° Christof s’infortuna: oggi risonanza

- Simone Battaggia INVIATO A WENGEN (SVIZZERA)

Primo Beat Feuz, iridato in carica. Secondo Aksel Lund Svindal, due ori iridati, un oro olimpico e due coppe di specialità, oltre a tanto altro. Terzo Matthias Mayer, olimpionic­o a Sochi. La discesa del Lauberhorn si concede ai migliori, a chi non ha paura di saltare sull’Hundschopf, a chi pennella i curvoni della Kernen-S e sotto ha ancora fiato per spingere ancora, fino a quel salto dell’arrivo che vorrebbe tanto sbatterti fuori, sulla destra, e che invece devi governare verso sinistra con le ultime stille di energia rimaste. In una giornata memorabile per la Svizzera, sotto un cielo blu e con 35.000 persone lungo i 4,2 km della pista, l’Italia resta delusa. Perché Dominik Paris ancora una volta si fa tradire dall’entrata dell’Hundschopf e alla fine è ottavo; perché Peter Fill, 10°, combina un pasticcio al via che gli rovina la gara e perché Christof Innerhofer al traguardo non ci arriva nemmeno, furente per una brutta caduta alla Kernen-S che lo costringer­à ad approfondi­re quella che, al momento, sembra essere solo una contusione alla gamba destra. Sorride invece il 23enne Emanuele Buzzi, 23°.

IL CASCO DI SVINDAL Dopo 2’26”50 a perdifiato, Feuz non ha nemmeno la forza per alzare un braccio e salutare il pubblico che lo acclama. È sceso con il pettorale 1 e resterà davanti a tutti pur senza aver siglato il miglior parziale in nessuno dei diversi settori della pista. «Segno che è andato veloce ovunque» commenta il tecnico dei velocisti Ghidoni. Solo Aksel Lund Svindal riuscirà a farlo tremare: gli intermedi del norvegese danzeranno vicini a quelli dello svizzero, ma pagherà 18/100 di ritardo. All’arrivo mostrerà i segni blu sul casco, «di plastica bruciata», fatti strisciand­o con la testa su un telone alla Kernen-S. «È una di quelle curve vecchia scuola dove è impossibil­e uscire con la stessa velocità di entrata» spiegherà il norvegese. Lui, come Feuz, aveva passato il venerdì in albergo. Il solo reduce della combinata ieri sul podio è stato Matthias Mayer, terzo a 67/100.

ERRORI E CADUTA «Sentivo le gambe stanche dal giorno prima» dice Peter Fill. La sua gara però è stata viziata dall’errore in uscita dal cancellett­o: dopo aver atteso qualche minuto per la caduta di Innerhofer, l’azzurro è inciampato perdendo decimi preziosi. «Mi si sono incrociate le code», spiega. Il ritardo da Feuz si spiega però anche con l’uso di uno sci molto veloce, che sulla neve aggressiva si è bruciato tra soletta e lamina. E se Paris spiega di aver perso l’appoggio sulla curva che porta all’Hundschopf, Innerhofer se ne va abbacchiat­o e con una gamba dolorante. «Le radiografi­e alla caviglia e al ginocchio destri hanno escluso fratture importanti» spiega il responsabi­le medico della Fisi, Andrea Panzeri. «Tra oggi e domani farà una risonanza a Brunico». C’è il timore che si ripeta la situazione di un anno fa dopo l’infortunio sottovalut­ato al ginocchio sinistro di S. Caterina: allora Christof continuò a sciare, fu anche 2° in superG sulla Streif, ma poi saltò i Mondiali per il perone sinistro rotto. «Potrebbe trattarsi un forte edema osseo — dice Inner —, ma vista l’esperienza dell’anno scorso voglio approfondi­re».

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Beat Feuz, 30 anni, a Wengen aveva già vinto nel 2012 AP

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