La Gazzetta dello Sport

Tirabassi e la sfida al pizzo «In tv l’eroismo di Grassi»

●Stasera su Canale 5 interpreta l’imprendito­re che disse no alla mafia «Giusto far conoscere un uomo così: io non avrei avuto il suo coraggio»

- Pierluigi Spagnolo MILANO

«Il silenzio avvelena l’anima». Libero Grassi aveva sottolinea­to questa frase di Edgar Lee Masters, dall’Antologia di Spoon River. Amava riprendere il libro tra le mani e ripeterla, mentre il silenzio delle istituzion­i lo lasciava solo nella sfida alla mafia e al ricatto del pizzo, avvelenand­o la sua anima. Giorgio Tirabassi ripete la scena in «A testa alta», il film che ricorda Grassi, stasera su Canale 5. «Interpreto un uomo vero, da ammirare, un eroe. Io non avrei avuto il suo coraggio, mi sarei arreso al pizzo». Dopo aver vestito i panni di Paolo Borsellino, per Tirabassi ancora fiction d’impegno sociale. Stavolta è Grassi, l’imprendito­re siciliano che si ribellò al pizzo e al clan Madonìa, e venne ucciso a Palermo nell’estate del 1991. «A testa alta», con la regia di Graziano Diana, è il primo film della serie “Liberi sognatori”, nella quale la Taoduefilm racconterà altre storie italiane di quotidiano eroismo, da Mario Francese a Emanuela Loi, fino a Renata Fonte.

Dopo il magistrato Borsellino, stavolta Libero Grassi. «Quando ho interpreta­to Borsellino ero terrorizza­to, qui c’era più consapevol­ezza, anche più maturità. Quando si ha la fortuna di rappresent­are un personaggi­o così, un attore finisce per migliorare se stesso. Grassi non era un uomo delle istituzion­i. Era una persona colta e impegnata, un uomo comune che sfidò l’anti-Stato».

Il suo Grassi non ha paura? «Emerge un uomo deciso, anche se spaventato. Un uomo coraggioso e umano, anche ironico. Abbiamo scelto di rappresent­are il clima familiare della fabbrica, la serenità delle operaie sul lavoro. Per cercare di riuscire a trasmetter­e il suo coraggio, la sua dignità, ma anche la sua grande umanità».

Come ha studiato la figura dell’eroe anti-pizzo?

«Tutto il cast ha avuto la fortuna di lavorare con Pina, la vedova di Grassi (scomparsa nel 2016, ndr) e ai figli Alice e Davide, che ci hanno fatto conoscere Libero attraverso mille racconti. Abbiamo girato all’interno della loro casa, sfogliando i suoi libri, respirando quegli odori. La figlia Alice quando mi ha visto la prima volta mi ha detto: fisicament­e non assomigli per niente a papà! Ma questo non è stato un problema...».

Nel film c’è anche la ricostruzi­one della denuncia che Grassi fece in tv.

«La puntata in cui andò ospite da Santoro, a Samarcanda, la ricordavo bene. Ero davanti alla tv, come milioni di italiani. Ho studiato per riprodurre quello che disse in quella circostanz­a, le accuse che lanciò a chi lo lasciava solo. Mi piacerebbe avere il suo coraggio».

Con il cinema italiano che fa fatica con gli incassi nelle sale, perché questo tipo di film viene quasi sempre realizzato per la tv? «C’è sempre la necessità di raccontare e far conoscere figure straordina­rie come quella di Grassi, in tv come al cinema. È innegabile che la television­e sia il mezzo più facile per raggiunger­e un grande pubblico».

Ultimament­e si è discusso di fiction come Gomorra, se possano enfatizzar­e i metodi della malavita, si è discusso del rischio dell’emulazione. Accade davvero? «Mi sembra un falso problema. Il male, il cattivo, anche al cinema ha sempre esercitato un certo fascino. Ma non credo che si corra il rischio di esaltare la malavita, di promuoverl­a. E poi parliamo di prodotti televisivi di grandissim­a qualità».

NEI PANNI DI BORSELLINO ERO TERRORIZZA­TO, QUI PIÙ CONSAPEVOL­E

ABBIAMO LAVORATO CON LA FAMIGLIA: EMERGE LA SUA UMANITÀ

GIORGIO TIRABASSI ATTORE

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Giorgio Tirabassi, romano, 57 anni, stasera su Canale 5 interpreta Libero Grassi nel film «A testa alta»

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