Froome spacca Bugno: «È giusto che possa correre»
●Il presidente dei corridori: «È un suo diritto». Saronni: «No, per una questione etica va fermato»
«PERCHÉ L’UCI NON L’HA SEGNALATO ALLA COMMISSIONE LICENZE?»
BRENT COPELAND TEAM MANAGER BAHRAIN
Salvare il ciclismo da un catastrofico danno d’immagine. La stagione è cominciata nella notte italiana in Australia, con il Tour Down Under, prima prova del calendario World Tour, ma la soluzione del caso Froome è ben lontana dall’essere persino ipotizzata. Dopo oltre quattro mesi dal risultato anomalo al test antidoping effettuato il 7 settembre alla Vuelta (valore troppo elevato di salbutamolo), e a oltre un mese dalla divulgazione della notizia da parte di fonti giornalistiche (non dall’Uci, che solo successivamente ha confermato) nulla si è mosso. Evitare il caos di un nuovo caso Contador, vincitore del Tour 2010 dopo una positività al clenbuterolo, poi sospeso, riammesso sub judice, vincitore del Giro 2011, infine squalificato con cancellazione dei risultati: l’obiettivo, anzi l’imperativo, di tutte le parti in causa dovrebbe essere questo. Ma le posizioni sono differenti. I corridori intanto si dividono. Gli organizzatori invocano, qualunque sia, una veloce risoluzione del caso. Le squadre pure, anche se si evidenzia un fastidio abbastanza accentuato.
IL REGOLAMENTO Fino a una decina d’anni fa, esisteva il Codice Etico, proposto dall’Uci e accettato da tutti i team di prima fascia. Per la stessa sostanza, Alessandro Petacchi, per esempio, nel 2007 venne fermato dalla Milram, prima di essere assolto in Italia e squalificato dal Tas. Diego Ulissi (anche se di tessera svizzera) si autosospese. Ora, per il regolamento internazionale, Froome può correre perché il salbutamolo viene considerato dai regolamenti Wada «sostanza non specifica», può cioè venire assunto per altri usi (curativi, ricreativi...). Infatti si parla di risultato anomalo del test antidoping. Viceversa, cioè con una «sostanza specifica» (Epo, Gh...) si parla di positività al doping e in questo caso scatta in automatico la sospensione. L’UCI E IL TEAM L’Uci sul tema non parla. Il presidente David Lappartient ha imposto il veto assoluto. Anche a Sky bocche cucite, sebbene dal ritiro di Maiorca trapeli una serenità persino eccessiva. I britannici, che non hanno nessuna premura, sono però fortemente convinti di una risoluzione favorevole del caso. Il loro più grande pensiero — diritto sacrosanto — è quello di trovare una dimostrazione scientifica inattaccabile (l’onere della prova nello sport è a carico dell’accusato) che scagioni Chris.
I CORRIDORI Gianni Bugno, presidente del Cpa, il sindacato mondiale dei corridori, difende Froome: «Sto con lui a tutto spiano. È innocente fino a prova contraria, quindi è giusto che corra. Se nelle sedi opportune non saprà dimostrare la totale estraneità al fatto, ne pagherà le conseguenze. Questo vale per tutti, non solo per lui. L’unica cosa è che la giustizia sportiva deve essere spiccia, veloce». Parole opposte a quelle del francese Romain Bardet: «Mi spiace che i regolamenti non prevedano una sospensione in attesa del giudizio. Posso anche credere alla buona fede di Froome, ma ha superato dei limiti che prevedono una sanzione. Non possiamo più essere permissivi. Ne va della credibilità del nostro sport».
GLI ORGANIZZATORI Christian Prudhomme, direttore del Tour, gli fa eco: «Capisco le dichiarazioni di Bardet. Sono convinto che l’Uci e il suo presidente faranno di tutto per farlo accadere». Lo spagnolo Javier Guillen, direttore della Vuelta, rincara la dose: «Grave che non si sappia ancora in modo definitivo chi ha vinto le corse del 2017. Ma ancora peggio che non si sappia chi può correre in questa stagione e quali saranno i risultati in caso di vittoria». Mauro Vegni, direttore del Giro, è sulla stessa linea. «Saremmo veramente felici se Froome potesse essere al via della nostra corsa. Dalla Vuelta
2017 al Giro 2018 ci sono 8 mesi. Credo sia un tempo sufficiente per prendere una decisione, altrimenti dovremmo dubitare della capacità di gestire il nostro sport. Non possiamo accettare una situazione di compromesso come quella di Contador 2011». LE SQUADRE Beppe Saronni, general manager della UaeEmirates, è chiaro: «Per il bene del ciclismo, mi auguro che Froome chiarisca tutto. Detto questo, mi risulta che tutte le squadre abbiano un codice interno. Ma Codice o no, qui entrano in gioco i principi che il team si dà. Ci sono dei valori etici di riferimento che non avrebbero neanche bisogno di discussione». Brent Copeland, team manager della BahrainMerida è tagliente: «Al pubblico serve chiarezza, invece così la situazione è incomprensibile. Codice di condotta interno o meno, dico che il regolamento dovrebbe prevedere una sospensione cautelare. Poi faccio una domanda: “Come mai l’Uci, che già sapeva del caso, non ha fatto nessuna segnalazione alla Commissione licenze? Perché Sky non è stata chiamata?”».