Cavs, quanti guai Squadra vecchia e troppi doppioni
●Il k.o. coi Warriors (8° in 10 gare) conferma la profonda crisi. Seconda peggior difesa della lega
Una doccia fredda. Poveri Warriors. Ma non hanno vinto? Certo, parliamo del post partita, quando sono stati costretti a lavarsi con acqua ghiacciata nello spogliatoio della Q Arena di Cleveland. «Qualcuno faccia qualcosa! Chiamate LeBron!» urlava Kevin Durant mentre si infilava due maglioni per scaldarsi e affrontare il -5 esterno coi brividi che gli facevano accapponare la pelle. Beati loro, avrà pensato il Prescelto. Lui la doccia l’ha fatta bollente, ma a scottarlo è stata Golden State. Dominante, ancora una volta. Capace di battere i Cavs 118-108 pur giocando con la pipa in bocca, senza sforzarsi più di tanto. I campioni, da quando hanno piegato i rivali a Natale, hanno vinto 10 delle successive 12 partite (complessivamente sono arrivati al 13° successo consecutivo in trasferta). LeBron e soci ne hanno invece perse 8 su 10. Eppure stavolta King James si è detto soddisfatto: «Nel finale il canestro si è fatto piccolo – ha detto il 23 – Ma stiamo andando nella direzione giusta, se continuiamo così». Non a perdere, ovviamente. Ma è pur vero che stavolta i Cavs ci hanno almeno provato, cosa che non era accaduta nel -28 di Minneapolis o nel -34 di Toronto. Fatto sta che il divario tra le due eterne finaliste, destinate sulla carta (con la scritta che però sta sbiadendo col passare dei match) a trovarsi di fronte per la quarta volta di fila a giugno, rimane ampio.
THOMAS A parziale difesa degli accusati, l’inserimento di Isaiah Thomas, non ancora avvenuto, come normale che sia dopo il lungo stop per l’infortunio a un’anca. Ci vorrà almeno un mese prima di vederlo al top. Anche se, difensivamente, per quanto sia scarso Irving (ma coi Celtics sembra nettamente migliorato, questione di chi lo allena probabilmente...), al confronto di IT è un fenomeno. Quindi per una squadra con problemi di quel genere, non sarà ovviamente un passo in avanti. Ma stavolta i guai sembrano essere di non facile risoluzione. Coach Tyronne Lue ha definito i problemi come « i Cavs che fanno i Cavs», ovvero faticano a trovare motivazioni e navigano quasi con fastidio e noia la stagione regolare, salvo girare l’interruttore nei playoff. Forse. O forse no. Perché questo gruppo rischia di avere delle crepe che invece si dilateranno. Un roster per nulla giovane, giocatori che non hanno nemmeno idea di come si difenda, troppi doppioni in alcuni ruoli: voci di preoccupazione manifestate da alcuni componenti dei Cavs a Espn, a patto di non venir citati. Guardandoli giocare viene naturale essere d’accordo. I Cavs sono 1-6 contro le prime 5 squadre della lega (Warriors, Celtics, Rockets, Raptors e Wolves), sono al 29° posto per efficienza difensiva (punti concessi per 100 possessi), con 109.3 di media. Nelle ultime 20 stagioni, mai un team che ha terminato la stagione agli ultimi due posti in questa categoria statistica, ha centrato i playoff. Non accadrà a Cleveland, ma da lì a rivederla finalista, ce ne passa.
FUTURO Una soluzione può essere quella di cedere la prima scelta ricevuta da Boston nello scambio per Irving, che è poi quella dei Nets, e pure la sua n.1 nel draft ‘18, per rinforzare il roster con un giocatore di livello. Ma, col dubbio che in estate LeBron decida di andarsene, la proprietà non sembra intenzionata a privarsene, contando sull’innesto di giovani talenti per ricostruire la squadra dovesse veramente James lasciarli un’altra volta. Insomma, un bel dilemma. I problemi interni erano già venuti alla luce nei giorni scorsi, quando Lue aveva parlato di giocatori che hanno dei «tornaconti personali», quindi pensano alle proprie cifre più che al bene della squadra. Capolinea quindi? Calma, se trovano unità d’intenti, con un rinforzo restano la squadra da battere a Est. E poi? Non scherziamo. Solo la malasorte può fermare i Warriors. Non certo i Cavs.