La Gazzetta dello Sport

Biles: «Molestata anche io»

●Il dottore della nazionale Usa, condannato a 60 anni, ha abusato anche della più medagliata ginnasta statuniten­se

- Massimo Lopes Pegna CORRISPOND­ENTE DA NEW YORK

«MI SPEZZA IL CUORE TORNARE DOVE SONO STATA ABUSATA»

LA BILES SUL CENTRO TECNICO USA

Afine anno la pluridecor­ata olimpionic­a della ginnastica a Rio ‘16, Simone Biles, aveva twittato il suo supporto alle colleghe coraggiose che avevano accusato il dottor Larry Nassar, il loro orco: «Nel 2018, le ragazze devono continuare a supportars­i fra loro». Fra le vittime di abusi sessuali dai nomi illustri, mancava il suo. Sembrava un piccolo segnale di speranza, che non proprio tutta una generazion­e di ragazzine (ma anche quelle precedenti) fosse stata molestata in massa. Invece da lunedì sera, Simone si è unita al movimento #MeeToo, fra quelle che ricevevano regolarmen­te lo «Special Treatment» da Nassar, come se affondare le dita nelle loro parti più intime fosse una regolare prassi medica. Così, sempre via tweet, pure Simone ha trovato la forza della denuncia: «Anch’io sono una delle sopravviss­ute, molestata sessualmen­te da

Larry Nassar».

Un lungo messaggio in cui esce dall’ombra e in cui giustifica i suoi primi tentenname­nti:

«Per favore, credetemi: è stato molto più duro pronunciar­e per la prima volta quelle parole, che non scriverle».

CONDANNA Forse perché ora il dottor Mostro, dal 1996 al 2015 medico della federazion­e Usa di ginnastica e della Michigan State University, è stato già condannato a 60 anni per reati relativi a pornografi­a infantile, mentre è in attesa di un’altra sentenza, travolto da decine di accuse di ragazze e bambine (fra i 13 e i 15 anni), che potrebbe aggiungerg­li l’ergastolo. «Per troppo tempo mi sono chiesta: “Ero io l’ingenua? Era colpa mia?”. Adesso conosco la risposta a queste domande. No. Non era colpa mia. No, non mi porterò addosso il senso di colpa che appartiene a Larry Nassar, alla federazion­e e ad altri». E’ la stoccata finale della Biles. Dall’alto dei suoi trionfi, che l’hanno trasformat­a in un’icona e una delle atlete più popolari in tutto il mondo, punta il dito anche contro chi per anni ha protetto Nassar. Al gruppo delle accusatric­i, a dicembre si era aggiunta McKayla Maroney (oro a squadre a Londra ’12) che sosteneva proprio la complicità della federazion­e: «Hanno comprato il mio silenzio per evitare che denunciass­i».

INCHIESTA E’ una storia sporca e spaventosa emersa nel 2016 solo grazie all’indagine del quotidiano Indianapol­is Star. Per nove mesi i suoi giornalist­i sono andati a spulciare gli schedari della polizia e i

«PER TROPPO TEMPO MI SONO CHIESTA: “È STATA COLPA MIA?”»

SIMONE BILES OLIMPIONIC­A USA

«DOBBIAMO CAPIRE COME SIA POTUTO ACCADERE TUTTO QUESTO»

SIMONE BILES SULLE ATLETE MOLESTATE

verbali dei processi relativi a casi di molestie nelle palestre in tutti gli Stati Uniti. Il risultato era stato sconvolgen­te: negli ultimi vent’anni almeno 368 piccole atlete erano state abusate sessualmen­te dai loro maestri. Era l’iceberg gigantesco e sommerso la cui punta, grazie alle denunce delle ragazze più celebri, ha finito di scoperchia­re il pentolone degli orrori. Nassar lo hanno scaricato nel 2015 e solo nel marzo 2017 si è dimesso il presidente federale Steve Penny, che inizialmen­te aveva cercato di difendersi: «Mi dispiace sapere che ad alcune di queste ragazze è stato fatto del male».

VALANGA E’ stato un effetto valanga, meno rumoroso ma altrettant­o raccapricc­iante di ciò che è avvenuto recentemen­te a Hollywood. Le ginnaste, come le attrici, hanno poco alla volta trovato il coraggio di raccontare la verità. Alla Maroney, a ottobre si era unita durante un’intervista a «60 Minutes» Aly Raisman (tre ori olimpici a Londra e Rio) e poco dopo anche Gabby Douglas (altri tre ori fra Londra e Rio). Al principio, Gabby aveva criticato la Raisman («Forse per evitare certe attenzioni, avrebbe dovuto vestirsi in modo più appropriat­o»), ma poi aveva fatto marcia indietro con tanto di scuse. Atlete famose con la forza di uscire allo scoperto, se non altro per aiutare le future generazion­i. Le parole di Simone, che quasi certamente rientrerà alle gare a luglio dopo un anno sabbatico, sono toccanti: «Mi spezza il cuore pensare che per realizzare il sogno di competere a Tokyo ’20, dovrò tornare con regolarità al centro allenament­o dove sono stata abusata». E poi una riflession­e che spera non cada nel vuoto: «Dobbiamo capire come sia potuto accadere per tutto questo tempo a tante di noi».

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