Chinnici rivive in tv «Il suo sacrifico ha avuto un senso»
●Castellitto è il magistrato-eroe vittima della mafia La figlia del giudice: «Cambiò la cultura giudiziaria»
Un bacio lieve, quello che ogni mattina stampava ai suoi tre figli prima di uscire di casa e battersi contro la mafia. Rocco Chinnici è l’uomo che inventò il pool di Palermo, il primo che teorizzò la necessità per i magistrati di lavorare in gruppo, e non da soli, anche per non disperdere il loro contributo qualora fossero assassinati: è una fiction Rai a riscoprire la storia professionale, la carica umana e civile del giudice ucciso da Cosa Nostra nel luglio ’83. Del tv-movie È così lieve il tuo bacio sulla fronte in
LA LEZIONE PIÙ FORTE? ESSERE STATO ALLO STESSO TEMPO MAGISTRATO, PADRE, AMICO, UOMO... SERGIO CASTELLITTO ATTORE
onda martedì su Rai 1 colpiscono gli sguardi profondi e silenziosi di Sergio Castellitto, nei panni del magistrato che indirizzò l’attività di Falcone e Borsellino e che non indietreggiò, pur sapendo di essere già condannato a morte. I silenzi, ma anche le parole, quelle nette con cui smascherava collusioni tra criminalità e politica quando in pochi osavano parlare apertamente di “mafia”, e quelle con cui convinceva gli studenti a «non cedere alla paura e alla rassegnazione». «Era formidabile la sua apertura ai giovani, ma senza essere pedagogico o demagogico, bensì pragmatico — sottolinea Castellitto, di nuovo alle prese con una bioscritto grafia dopo Padre Pio, Coppi, Don Milani —. Si alzava alle 4, lavorava tutto il giorno e nonostante i suoi impegni gravosissimi era il rappresentante nel liceo dei figli e non ha mai perso un consiglio di classe. La condivisione tra i magistrati è stata la sua grande intuizione ma credo che la lezione più forte sia la capacità di tenere tutto insieme: essere allo stesso tempo magistrato, padre, amico, giardiniere. Un uomo, con le sue paure e le sue contraddizioni».
DUE ANIME L’idea è di Luca Barbareschi («Raccontiamo un’Italia che reagisce»), la regia di Michele Soavi, la linea narrativa è tratta dall’omonimo libro dalla figlia maggiore di Chinnici, Caterina, oggi magistrato ed europarlamentare (la fiction sarà proiettata a Bruxelles mercoledì sera). Si apre con la Fiat 127 imbottita di tritolo che esplode dinanzi alla palazzina di Chinnici, ammazzandolo con due agenti della scorta e il portiere di casa, quando era a capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, e senza retorica mostra la doppia anima pubblica e privata: il Chinnici coraggioso negli anni dell’escalation di sangue e della guerra tra Bontade e i corleonesi, e il padre apprensivo, il marito affettuoso, tutto raccontato attraverso gli occhi della figlia, interpretata da Cristiana Dell’Anna (Un posto al sole, Gomorra). Caterina Chinnici le stringe forte la mano quando ripensa a una scena particolarmente toccante. «Quella della telefonata che annunciava la morte del generale Dalla Chiesa — ricorda la Chinnici —. Mio padre capì che sarebbe stato il prossimo. In quel momento è scattato anche in me il coraggio di affrontare la mafia con la stessa fermezza. Con questo film ho realizzato un desiderio, e forse un bisogno: farlo rivivere ancora una volta. Il suo lavoro ha segnato una via di non ritorno, ha cambiato la cultura giudiziaria e dell’attività di indagine. Sì, il suo sacrificio ha avuto un senso».