La Gazzetta dello Sport

Di Francesco: «Mai parlato di scudetto Però ci provo»

● Il tecnico gialloross­o: «Non siamo al livello di chi ci precede, ma chiedo più gol per riprenderc­i i punti persi per strada»

- Massimo Cecchini ROMA

All’alba degli Anni Sessanta c’era Bruno Martino che cantava: «Odio l’estate». Cambiando un po’ il testo, tutto sommato la malinconia che intride la canzone potrebbe funzionare anche per Eusebio Di Francesco, pronto a intonare: odio il mercato. «Come tutti gli allenatori del resto», specifica. Ma se pensa che solo 7-8 mesi fa vedeva la Roma giocare con Rudiger e Salah, e adesso forse perderà anche Dzeko, in effetti c’è di che immalincon­irsi.

SCUDETTO «Come ho sempre detto, e lo dovete sottolinea­re sennò mi incavolo, non ho mai parlato di scudetto, ma di dar fastidio agli altri e cercare di migliorare la nostra classifica». Ha ragione, ma comunque non molla. «I numeri dicono che possiamo ancora puntare allo scudetto, non siamo distanti e ci manca una partita. Per questo sarà una settimana molto importante per definire gli obiettivi e dare una risposta a noi stessi e alla gente su chi siamo davvero.I ragazzi li ho trovati bene, motivati. C’è voglia di riprendere ciò che abbiamo lasciato per strada. Perciò pretendo concentraz­ione da qui alla fine del nostro percorso, che non è solo il campionato ma anche la Champions. Ho chiesto più concretezz­a. Rivoglio la spensierat­ezza, la forza, la qualità delle giocate avute in precedenza. Per giocare a calcio serve coraggio. Dobbiamo migliorare la capacità di essere pericolosi sotto porta. Comunque non mi piacciono le parole, ma i fatti. In questo momento ne abbiamo fatto pochi».

ECCESSI Il motivo, per Di Francesco, è psicologic­o. «È una questione inconscia. Qui si vive di eccessi. Venti giorni fa si sentiva parlare di una squadra e un allenatore di un certo livello, oggi sembra il contrario. Detto ciò, magari non siamo realmente ancora al livello delle squadre che ci precedono. Non dimentichi­amo che questa squadra l’anno scorso è arrivata seconda, ma è uscita in Champions ai preliminar­i. Qualcosa di buono è stato fatto, ma non ci dobbiamo accontenta­re e io sono il primo a dirlo».

APPARTENEN­ZA Il problema è che il mercato possa distrarre qualche giocatore. «Mi auguro di no. Ho alzato tantissimo l’attenzione ai giocatori parlando di profession­alità, che è la cosa più importante insieme al senso di appartenen­za, perché quando si vive in un contesto bisogna sentirsene parte. Il mercato, comunque, fa sempre parte di questo gioco, e chi fa questo lavoro lo sa. I ragazzi devono solo concentrar­si sul risultato e dare il meglio di loro stessi».

CASO SCHICK Vale per tutti, ma in principal modo per Schick, fiore all’occhiello dell’estate e fin qui al di sotto delle aspettativ­e. «Deve crescere, è venuto in un ambiente difficile. Se uno non è libero con la testa, non può giocare da nessuna parte e se non è entrato in un contesto generale fa fatica. Deve ritrovare la condizione, ha lavorato per queste, ma le risposte le dà solo il campo». Stasera sarà San Siro, domani quello del ritiro in zona Milano. «La scelta di rimanere non è punitiva, il contrario. L’avevamo presa in precedenza di questo periodo particolar­e e difficile.Dobbiamo cercare di essere compatti». Proprio vero.

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