LEGA, LA SOLUZIONE PARTE DAL MANAGER
La partita per il cambiamento del nostro calcio
Un manager capace per la svolta nella palude della Lega di Serie A. L’ultima settimana ci ha consegnato una sfilata di candidati importanti davanti alla commissione dei saggi. E tutti hanno dimostrato di avere dei numeri da giocarsi. Sami Kahale, in uscita da Procter & Gamble, piace per il robusto curriculum sul piano commerciale. Trova consensi anche il senso politico di Luigi De Siervo, ora a.d. Infront dopo la lunga esperienza in Rai. Ma chi ha dato i riscontri più interessanti è l’attuale presidente della Liga, Javier Tebas: il protagonista del boom spagnolo, con il balzo a 2,4 miliardi di fatturato negli ultimi quattro anni. Uno stakanovista che ha conquistato la fiducia dei litigiosi club spagnoli (tutto il mondo è paese), arginando le storiche divisioni. Quella lezione può tornare utile anche ai vertici del nostro calcio, alle prese con una crisi che appare ai più senza uscita.
Il problema è che sinora tutti si sono affannati a cercare un’intesa (impossibile) sui programmi, salvo scontrarsi con i veti incrociati fra riformisti e «lotitiani». E se invece si procedesse al contrario? Prima si potrebbe individuare l’amministratore in gamba e dopo risolvere il mosaico della governance, magari venendo incontro alle varie anime del calcio professionistico. Può essere un modo per uscire da una pericolosa impasse nel cuore del sistemacalcio italiano.
Tanto per dirne una, oggi c’è il timore che il bando sui diritti tv per il prossimo triennio non porti i risultati economici sperati. E in un momento in cui i candidati alla massima poltrona in federcalcio stentano a trovare la via migliore per calamitare i consensi necessari, si capisce bene come i problemi comincino a diventare troppi. È vero che un anno fa la conferma di Tavecchio in via Allegri avvenne con una Lega orfana di rappresentanti, ma stavolta il vuoto gestionale in cima alla piramide del calcio professionistico può portare danni significativi.
Se da una parte la Confindustria pallonara reclama una riforma del sistema elettivo per contare di più nei prossimi governi federali (e c’è addirittura chi pensa al commissario), è quasi beffardo che si profili un’elezione in Figc che non risponda alle logiche degli imprenditori che (di fatto) tengono su il baraccone. E tutto per l’immobilismo milanese di questi mesi. Verrebbe da dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso... Soprattutto se si considera che questa inerzia è l’effetto di una spaccatura determinatasi ormai da tempo. Un conto, però, sono gli aspetti programmatici, legati ad interessi contrapposti. È meno comprensibile, invece, che lo stallo sia frutto di veri e propri personalismi. Non a caso nella sua ultima intervista alla Gazzetta il pragmatico Tebas ha fatto un paragone importante, quasi un appello ai nostri presidenti: «Nella Liga i club hanno avuto la forza di fare un passo indietro, delegando le decisioni al management. Era l’unica via per azzerare le gelosie». Sia o no Tebas il prescelto, è bene che i prossimi giorni portino a dei concreti passi in avanti nel dialogo tra i protagonisti. Gli interessi in gioco sono rilevantissimi. L’esplosione dei prezzi nel calciomercato è l’effetto di una forsennata crescita dei fatturati nelle società di punta in Europa e le nostre corazzate non devono peccare di miopia. Il culto del particulare da sempre è la gabbia che imprigiona le ambizioni dei nostri potenti. Per pensare in grande, insomma, bisogna farsi un po’ più piccoli: per il bene comune.