Palacio «CHE BELLO IL SAN PAOLO. E HO SEGNATO UN SOLO GOL...»
«STADIO CALDISSIMO, MA DA GIOVANE GIOCAVO ALLA BOMBONERA. E POI IN TRASFERTA STIAMO ANDANDO BENE: HO FIDUCIA IN QUESTO BOLOGNA»
CON L’INTER I MIEI GOL PIÙ BELLI NEL DERBY E ALLA JUVE ALLO STADIUM
L’ARGENTINO SUL PERIODO NERAZZURRO VERDI HA FATTO LA SUA SCELTA ED È FELICE. AVRÀ ALTRE OCCASIONI
SE AVESSI SAPUTO CHE A BOLOGNA SI STAVA COSÌ BENE SAREI VENUTO PRIMA
L’EX INTERISTA SUL COMPAGNO E LA CITTÀ
MENTRE GIOCHI UNA FINALE MONDIALE NON DEVI PENSARE
L’ATTACCANTE SULLE PARTITE IN NAZIONALE
Bologna è un buon posto per godersi il tramonto. Roberto Baggio, Beppe Signori e Marco Di Vaio vennero qui per aggiungere qualche altro colore al dipinto della loro carriera, adesso Rodrigo Palacio si sta divertendo ad allungare la sua storia: «A Bologna si sta benissimo, il pubblico ha il gusto per la giocata. Non sapevo fosse così bello. Se l’avessi immaginato sarei venuto un anno prima».
Rodrigo, lei è nato a Bahia Blanca, capitale della pallacanestro argentina. Ha sbagliato palla?
«In realtà volevo giocare a basket e fino ai 17 anni ho fatto entrambi gli sport. Poi però mio padre mi chiese di scegliere, a calcio ero più forte e allora...».
Divenne in fretta La Joya, anni prima di Dybala.
«Sì, all’Huracan de Tres Arroyos. Fu il mio primo soprannome, non ricordo perché iniziarono a chiamarmi così».
Poi è diventato il Trenza.
«Avevo i capelli lunghi, nel 2002 li accorciai facendo però anche la treccia. Non la taglio solo perché ormai in tutto il mondo mi conoscono così, ma il giorno che smetto... zac».
Il primo contatto col calcio italiano fu la finale del Mondiale per club 2007 a Yokohama: un gol di Palacio, ma 4-2 per il Milan contro il Boca.
«Era un Milan fortissimo. Kakà giocava a livelli incredibili, Inzaghi fece una doppietta, il Boca restò a lungo in partita. Io segnai di testa. Fu una grande sfida, peccato per il risultato».
Lei ha giocato anche la finale del Mondiale 2014 Germania-Argentina. Cosa le resta dentro?
«Al di là del dispiacere per la sconfitta, ti rendi conto che sono le partite più importanti che puoi affrontare. Per fortuna in campo non ci pensi, altrimenti diventeresti matto».
Tutti i suoi successi sono legati al Boca. In che cosa consiste la magia della Bombonera?
«Io provo a spiegarglielo, ma lei ci vada perché a parole è difficile far capire l’atmosfera. Lì si vive il calcio in un’altra maniera, i tifosi sono malati, non ce n’è uno che non canti. Si dice che quello stadio tremi: è vero».
In quegli anni il Boca era in Sudamerica quello che il Milan era in Europa: perché allora lei dal Boca passò al Genoa?
«Io stavo benissimo al Boca, rifiutai offerte di grandi club europei. Poi nel 2008 mi venne la pubalgia, giocai dolorante tutto l’anno e non andai bene. Mi chiamò Fabrizio Preziosi, figlio di Enrico, che era tifoso del Boca e mi propose di andare al Genoa. Solo dopo scoprii il legame tra il Boca e i genoani».
Cosa si prova a giocare mentre in tribuna Maradona tifa per te?
«È speciale. In quel periodo Diego veniva quasi sempre alla Bombonera. La sua presenza dava motivazioni incredibili».
In Italia lei non ha vinto nulla ma ha quasi sempre mostrato grandi cose. Qual è stato il Palacio migliore?
«Al Boca ero più giovane e veloce, con meno esperienza, forse avrei potuto fare di più. In Italia sono cresciuto tanto a livello tattico, nel Genoa e nei primi due anni all’Inter ho giocato bene. Ma sa qual è la verità? Io non sono un campione, non sono un giocatore fortissimo. Però sono contento di quello che ho fatto. Mi dispiace non aver vinto nulla in Europa, ma vincere non è per tutti».
In realtà Donadoni assicura che lei sia un campione.
«Lui è stato un campione, non io. E mi motiva moltissimo essere allenato da lui. Mi avevano
Jolly d’attacco, Palacio sta vivendo a Bologna la sua terza vita italiana dopo Genoa e Inter. Nazionale argentino dal 2005, Palacio ha partecipato con l’Albiceleste al Mondiale 2006 giocando soltanto una partita contro la Costa d’Avorio, e al Mondiale 2014 totalizzando sei presenze. Prima di arrivare in Italia aveva giocato con Huracan, parlato tutti bene di Donadoni ed erano giudizi giustissimi».
Donadoni ricorda anche la sua professionalità. Chi le ha insegnato a comportarsi così bene?
«Mamma e papà. E io comunque sono fatto così: quando mi alleno mi piace farlo bene. Voglio essere al massimo per me e per la squadra».
I compagni le chiedono consigli?
«Mi piace dialogare con i ragazzi e dire quello che penso. Non sono mai stato uno che parla davanti al gruppo, ma faccia a faccia volentieri».
A Napoli Verdi troverà un’accoglienza particolare.
«Succede... Loro sono arrabbiati perché Simone ha deciso di restare qui, ma ha fatto la sua scelta ed è felice. A fine campionato avrà altre occasioni».
Il Bologna alterna grandi partite e grandi batoste. Come mai?
«Credo sia normale. Solo il Napoli gioca quasi sempre bene. Banfield e Boca Juniors. Nel suo palmares ci sono parecchi titoli, tutti vinti con il Boca Juniors dal 2005 al 2008: tre campionati argentini, una coppa sudamericana, una Libertadores (conquistata nel 2007) e tre edizioni della Recopa Sudamericana. In questa stagione con il Bologna ha giocato 16 gare segnando 2 gol Però stiamo facendo un’ottima stagione, abbiamo sbagliato solo la gara col Torino. Ho fiducia per la trasferta di Napoli: in trasferta stiamo facendo bene e anche all’andata potevamo perfino passare in vantaggio, poi prendemmo tre gol alla fine. Sarebbe bello vincere al San Paolo, uno stadio caldo. Ho segnato una volta sola lì».
Capitolo Inter: il ricordo più bello?
«Il gol decisivo nel derby. Poi il gol allo Stadium quando finì 3-1 per noi: fummo i primi a vincere lì. Roba per pochi».
Boca-River è più Milan-Inter, in quanto derby, o più Juve-Inter, in quanto rivalità accesa?
«I tifosi dell’Inter vogliono soprattutto battere la Juve. Ma Boca-River è un’altra cosa: venti giorni prima i tifosi cominciano a parlare solo di quello. Quando vai in pullman allo stadio la pressione è pazzesca».
L’Inter andrà in Champions?
«Lotterà fino alla fine. Ha i mezzi per qualificarsi».
All’Inter una sera fece il portiere in Coppa Italia nei minuti finali contro il Verona. Le è ricapitato in allenamento?
«No no... E non avrei voluto nemmeno quella volta. Dopo l’infortunio di Castellazzi, Chivu aveva deciso di andare in porta, ma Stramaccioni gli disse che toccava a me o ad Alvarez. Ricky non se la sentiva e io accettai per fare un favore a lui. Per fortuna andò tutto bene».
Perché l’Argentina di Messi non ha ancora vinto niente?
«E’ sempre mancato qualcosa. Speriamo in Russia...».
Perché l’Argentina ha un vivaio infinito e l’Italia no?
«La differenza è che in Italia i giovani non giocano. In Argentina sì, perché così i club possono venderli in Europa. Pensate a Bentancur: il Boca l’ha fatto giocare giovanissimo, in Italia cosa sarebbe accaduto?».
Rodrigo, lei non è più un bimbo. Fino a quando giocherà?
«Non lo so. Un giorno mi dico che smetto, quello dopo che vado avanti ancora. In fondo sono più giovane di Buffon...».